La Fiat e Mussolini
Signor Direttore, le chiedo di poter intervenire con alcune brevi riflessioni in merito a quanto sta succedendo alla Fiat. O meglio su quanto Marchionne con il tacito consenso di tutti i partiti, centrodestra e centrosinistra. Che ormai sono quasi un'anima sola, sempre più al servizio dei poteri forti e non di chi lavora, ha causato a buona parte dei propri dipendenti situazioni inaccettabili. Marchionne vende tecnologie italiane al mondo, dimenticando che la Fiat si è sempre mantenuta con finanziamenti pretesi dallo Stato italiano. Su tutto questo non solo i partiti ma anche i sindacati hanno taciuto. E i partiti come i sindacati intervengono solo adesso che i giochi ormai sono fatti dimostrando ancora una volta solo per loro interesse. Tutto questo mi porta ad una riflessione sul contenuto di una lettera inviata al Prefetto di Torino nel 1937 dal Presidente del Consiglio di allora, il cavalier Benito Mussolini che dice testualmente: «Comunichi al Senatore Agnelli che nei nuovi stabilimenti Fiat devono esserci comodi e decorosi refettori degli operai. Gli dica che il lavoratore che mangia in fretta e furia vicino alla macchina non è di questo tempo Fascista. Aggiunga che l'uomo non è una macchina adibita ad un'altra macchina.»