MANTOVA. Scricchiola, cigola, ondeggia, sussulta. Si porta dietro il grappolo di edifici che in ottocento anni l'hanno incapsulata, e produce crepe e una infinita paura. Così che i condomini di Palazzo Bonacolsi lunedì hanno scritto al sindaco Nicola Sodano e al prefetto Mario Rosario Ruffo per avvertire che la Torre della Gabbia potrebbe cascare da un momento all'altro. La scia di scosse l'ha riportata alla ribalta come un eterno, magro e incombente shangai piantato fra i palazzi del centro storico. L'avvocato Mario Nuvolari per conto dei condomini si rivolge al proprietario dell'edificio duecentesco che è il Comune di Mantova, e all'autorità superiore che garantisce la sicurezza che è il prefetto. E non va per il sottile: la Torre è pericolante e gli abitanti rischiano lo sgombero.
Il passaggio fondamentale della lettera a sindaco e prefetto è questo: "Vista la pericolosità - messa ben in evidenza dal sisma attuale e le conseguenze catastrofiche che avrebbe il cedimento della struttura: evento che non può più essere scongiurato solo affidandosi alla sorte fortunata - si rende non più rinviabile un intervento serio e approfondito di recupero e manutenzione della Torre della Gabbia a tutela della sicurezza pubblica".
I residenti dei palazzi bonacolsiani che si affacciano su piazza Sordello (Voltone di San Pietro) e su via Cavour, attraverso l'avvocato che abita nello stesso complesso, fanno sapere al sindaco e al prefetto che in assenza di un intervento immediato "il condominio sarà subito costretto a rivolgersi al giudice con la specifica azione di danno temuto, all'esito della quale il consulente nominato dal giudice dichiarerà certamente la Torre della Gabbia non sicura, obbligando lo sgombero delle abitazioni circostanti". Come dire un intero quartiere svuotato.
La botta della mattina di domenica e lo sciame seguente hanno squassato la Torre più alta di Mantova, sessanta metri di statura, punta di compasso infilata in una massa labirintica di costruzioni, aggiunte in un cava-e-metti secolare.Crepe ovunque negli appartamenti, lesioni nei muri abbracciati alla base della Gabbia, cadute di intonaci e infine il segnale più inquietante. Alle 4.04 di domenica una pioggia di detriti, frammenti di mattoni marciti e pezzi di malta ha picchiato sui tetti, i lucernari e gli abbaini delle costruzioni sottostanti, le quali, una volta, costituivano Palazzo Cadenazzi, e oggi, più filologicamente, Palazzo Bonacolsi. Morale fatale: la Torre della Gabbia in cima si sgretola. È cariata.
L'apprensione aumenta quando si spalanca la porta dell'avantorre, sulla straordinaria-sepolta viva Cappella Bonacolsi con le sue tracce d'affreschi del Trecento collegabili dall'esperienza di Giotto nella padovana Cappella degli Scrovegni. Un colpo di tosse per la polvere. Un colpo al cuore. Lassù, sopra l’antichissimo cavalcavia, le crepe sono nere di vecchiaia, le aureole cercano l’oro antico, i santi dimenticati dai grandi strappi di fine Ottocento, attendono il colpo di grazia.
Da parte del Comune proprietario della Torre nessuna manutenzione, niente controlli. Anche perché l'accesso diretto al monumento è impossibile: non esiste.
A questo punto la Gabbia comincia a raccontare la sua avventura moderna: irreale e molto, molto mantovana. Fino ai primi anni Ottanta la struttura verticale - che alle origini duecentesche svettava sulla sede del libero comune (prima dei Bonacolsi) - era proprietà del condominio. Venne devoluta all'amministrazione municipale in cambio del restauro delle facciate. La Torre passò al demanio comunale come bene intercluso e nessuna servitù di passaggio. Col passare del tempo sfumò per il municipio l'ipotesi di acquisire una botteguccia in via Cavour dal cui fondo si accede alla base della Gabbia. E sfumò pure il progetto di trasformare la Torre in attrazione turistica da capogiro. Oggi il suo interno è un camino abitato da pipistrelli e piccioni, otturato dal guano e dai relitti della scala di legno. Vi piove dentro. Fuori piovono i mattoni. Uno ci viene mostrato dall'avvocato Mario Nuvolari: un "tavellone" di venti centimetri per venti. Meteorite di terracotta che nel febbraio scorso perforò il tetto di un appartamento: "Il sindaco fu avvertito. Gli mandai anche la fattura per il ripristino, 600 euro. Mai risposto", rammenta l'amministrazione del condominio Elio Guandalini che con Gilberto Bozzetti ci accompagna nel tour delle crepe.
Ma davvero da tempo non c'è nessuno che viene a vedere se la Torre scricchiola? Risposta, riportata anche sulla lettera inviata a sindaco e prefetto: "Nel febbraio scorso è giunto un tecnico da Bologna per eseguire una verifica all'interno della Torre: questi nemmeno ha potuto accedervi in quanto la porta della torre è bloccata internamente dall'accumulo inverosimile di decimetri di guano depositatosi negli anni alla base della struttura, anche a rischio di infezioni per la sporcizia". La porta in questione è nella residenza dell’avvocato Nuvolari, al terzo piano. Il professionista ci propone una visita alla sua abitazione. Sopra la porta d'accesso si è aperta una lesione importante.
E ricorda: "Anche la sicurezza del vincolo della gabbia alla struttura muraria del lato sud costituisce un interrogativo, su cui nessuno può dire". Cioè che il gabbione voluto dal duca Guglielmo nella seconda metà del Cinquecento potrebbe essere ballerino. Visita anche alla Sala della Musica dove si sono aperte crepe in un angolo e nel pavimento. Altre lesioni nell’appartamento di Gilberto Bozzetti, affrescato dal Campi mentre era impegnato negli ornati della basilica di Sant’Andrea. Le lesioni come vasi capillari scuri viaggiano su per le volte a botte, sotto la Cappella Bonacolsi dove l’amministratore ha piazzato dai pezzi di vetro con una cazzuolata di gesso, sulle crepe killer. Nessun vetro s’è ancora infranto. Ma l’amministratore Guandalini ci racconta che improvvisamente domenica mattina è ripartito il suo vecchio orologio a pendolo, fermo da anni. Il tempo passa e comincia a scarseggiare.
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