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Il romanzo di Clelia salvata dall’amore

Lei fuggì, i genitori morirono ad Auschwitz. Nasce un libro

2 minuti di lettura

Una drammatica storia, che racconta come anche un grande amore non riesca a far dimenticare una tragedia come la Shoah. Un romanzo basato su una storia vera, che si sviluppa tra Mantova, Milano e Auschwitz. La storia di Clelia Vitali, che, ventitreenne, riuscì a fuggire dalla nostra città nel 1943 per rifugiarsi a Milano, a casa di Giovanni Oddone, che poi diventerà suo marito. Il romanzo sulla vita di Clelia e Giovanni è stato scritto da Olga Mattioli, che di Giovanni ha sposato il nipote e che ora spera che il libro L’Amore Salvato possa essere stampato. Per centrare l’obiettivo, ha fatto ricorso al crowdfunding (https://bookabook.it/prodotto/lamore-salvato): per poter procedere, mancano all’appello ancora 142 adesioni.

Ma chi è Clelia? Clelia Vitali, la protagonista del libro, nacque il 28 agosto del 1915 a Modena ma praticamente ha sempre vissuto a Mantova in via Bertani 54 assieme ai genitori Elvira Rimini e Ariodante Vitali e ai suoi fratelli Mario, Giordano, Liliana, Rita. Ariodante Vitali, figlio di Ciro Vitali e Elisa De Angeli, era nato a Mantova il 4 marzo 1878. Vendeva santini e immaginette sacre, fu arrestato assieme ad Elvira e al nipote Alessandro il primo di dicembre del 1943 e mantenuto in stato di detenzione fino al 5 aprile dell’anno successivo, quando molti ebrei mantovani vennero fatti salire sul convoglio numero 09, che cinque giorni dopo arrivò nel campo di sterminio di Auschwitz, dal quale non tornarono mai più. Tutti i figli, invece, riuscirono a salvarsi. In particolare, Clelia scappò a Milano dove incontrò Giovanni Oddone, di diversi anni più anziano di lei, che la mise al riparo correndo innumerevoli rischi: basti solo dire che quando acquistò la villetta di via Monte Generoso, quella dove tenne al riparo Clelia, dovette dichiarare nell'atto notarile di non appartenere alla razza ebraica e di non avere con essa alcun rapporto. Anche Rita riuscì a salvarsi ma per qualche tempo fu internata nel carcere femminile di Solofra. Clelia, una volta in salvo, scrisse un messaggio ai genitori tramite la Comunità israelitica di Milano: Noi tutti salvi e in buona salute, prego scrivere subito, ansiosi dopo tante angoscie vostre notizie. Vi aspettiamo bacioni. Clelia. L’indirizzo, però, è quello di un lager a Balasech, in Ungheria, mentre la destinazione della famiglia Vitali, come si è visto, era diversa: Auschwitz.

La protagonista del libro, quindi, trovò l’amore e diede alla luce un figlio, Maurizio. «Ma fu segnata profondamente dalla sorte toccata ai genitori - sottolinea Olga Mattioli, che vive nell’entroterra riminese, è laureata in Archeologia ed ha lavorato per diversi quotidiani e per il Comune di Rimini -. Questa tragedia lei, a dispetto del molto amore e dei molti agi della sua nuova vita, non riuscirà mai a dimenticarlo. E morirà, così, a soli cinquant’anni, nel 1970, invasa dalla tristezza e travolta dalla disperazione. Per questo la sua storia merita di essere raccontata, affinché la sua voce non sia spenta per sempre».

Clelia Vitali è sepolta nel cimitero ebraico di Mantova dove alla sua morte anche Giovanni Oddone ha deciso di raggiungerla, nonostante egli fosse cattolico e di Milano. Le sorelle Rita ed Elsa, alla fine della guerra rimasero a vivere per alcuni anni a Milano, assieme a Clelia; poi ritornarono a Mantova, proprio in via Bertani, rimanendovi fino al giorno della loro morte.

Nel 1977 la comunità ebraica di Mantova assegnò a Giovanni Oddone un riconoscimento per gli alti meriti e per le azioni fraterne nei riguardi di ebrei perseguitati.

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