L’arte del conversatore, Romagnoli in cattedra: «Prima viene lo scrittore»
Lo scrittore e giornalista: il conversatore deve evitare di trasformarsi da spalla in protagonista
Gilberto ScuderiMANTOVA. Difficile è l’arte del conversatore letterario, chi affianca lo scrittore, gli fa da spalla alla presentazione dei libri. La sua è una grave responsabilità. Anche da lui dipende se la presentazione andrà bene, benino, così così o male. Festivaletteratura ha organizzato, sabato alla sala delle Capriate in piazza Alberti, un incontro con Gabriele Romagnoli, giornalista, scrittore e conversatore letterario, che ha condotto la serata insieme con Simonetta Bitasi. Tutti e due seduti non sulle poltroncine ma sul tavolo dei relatori, per sottolineare uno stile informale e più vicinanza al pubblico.
Agli eventi letterari il conversatore è, infatti, servitore di due padroni: l’autore e il pubblico. Deve accontentare entrambi. Meglio se li rende felici. Un’impresa ardua. Chi conduce l’evento deve creare un equilibro tra se stesso, l’autore e il pubblico. Le insidie sono in agguato. Romagnoli ha cominciato dai fondamentali, cosa il conversatore deve evitare di fare: trasformarsi da spalla in protagonista. Mettersi in primo piano oscurando lo scrittore è un peccato mortale. Altro peccataccio è tirarla per le lunghe, annoiare e fare addormentare il pubblico. Al contrario deve destare curiosità e attenzione. Se non ci riesce, la catastrofe si rivela all’uscita, quando uno del pubblico dice «Avrei fatto meglio a restare a casa» e gli altri gli danno ragione.
Le tecniche che il conversatore può usare per evitare il patatrac sono diverse. Romagnoli ne ha elencate alcune. Piuttosto che subire un gol, meglio salvarsi in corner. Si dà il caso, anche, che talvolta a comportarsi in modo discutibile sia lo scrittore. Per esempio, se straniero, parlare troppo a lungo senza lasciare il tempo dovuto all’interprete per tradurre. Il conversatore deve allora usare tutte le sue arti diplomatiche, interrompendolo senza metterlo in imbarazzo o, peggio, indispettirlo. Un conto è interrompere il giallista del momento, un altro è stoppare un Nobel per la letteratura. C’è il rischio corto circuito. Ma un Nobel è troppo intelligente per non lasciare il giusto tempo all’interprete. Pare, secondo Romagnoli, che su questo aspetto i peggiori siano gli scrittori tedeschi. «Se si adombrano – ha scherzato – invadono la Polonia».
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