Giulio Romano al Te a quota 47mila ingressi, la mostra chiude l’8 e si arriverà a 51mila
Il direttore Baia Curioni: «L’anno dedicato all’“Arte di vivere” ha registrato complessivamente 184mila visitatori»
GILBERTO SCUDERI
La mostra Giulio Romano. La forza delle cose, curata da Barbara Furlotti e Guido Rebecchini, è aperta a Palazzo Te fino all’8 gennaio. È l’ultima settimana per vederla. Gli ingressi, dall’inaugurazione l’8 ottobre fino ad oggi sono stati circa 47mila e la previsione è che all’8 gennaio si raggiungeranno 51mila presenze.
«Il 2022 si è concluso con un segno decisamente positivo per Fondazione Palazzo Te» dice il direttore Stefano Baia Curioni. L’anno dedicato all’“Arte di vivere” ha registrato complessivamente 184mila visitatori, con due mostre dossier sul design e la vita del palazzo nel Rinascimento, due cicli di conferenze, coproduzioni e ospitalità per oltre 100 appuntamenti.
«Musica, teatro, danza - prosegue il presidente - hanno accompagnato una stagione espositiva in cui si è scommesso sulla ripartenza del turismo culturale e si è raggiunto un risultato confortante. La Scuola di Palazzo Te, concentrata sul rilancio dell’artigianato, e concerti importanti come quello dell’Orchestra e del Coro di Tel Aviv e “Stimmung” di Stockhausen hanno completato il disegno di una scommessa vinta, almeno sul fronte delle presenze da fuori città. Intensa la partecipazione del club Supercard Cultura con oltre 5mila partecipanti».
Per quest’anno ci sono novità: «Il 2023 è dedicato alla vocazione europea della città di Mantova. L’impegno - conclude Baia Curioni - sarà coronato dalla mostra su Rubens prodotta da Fondazione Te con il Palazzo Ducale e il Museo Nazionale di Villa Borghese».
La mostra in corso a Palazzo Te (come abbiamo detto, chiuderà l’8 gennaio) è dedicata a Giulio Romano non come architetto e pittore ma come artista designer. Che importanza hanno le cose da lui progettate? Oltre all’indiscussa bellezza, qual è la loro forza? In apparenza ma ancor più nel significato più profondo di ognuna, i proprietari cosa volevano che queste cose rappresentassero.
Quale racconto esprimono. Sono oggetti, di lusso, perlopiù utensili per la cucina o la tavola apparecchiata, così come si possono ammirare negli affreschi della camera di Amore e Psiche di Palazzo Te: posateria, brocche, vasellame e contenitori vari di meravigliosa fattura. Ma oltre ad essere utili, queste cose assumono soprattutto virtù di status symbol, segni visibili del privilegio di una condizione di potere. In ognuna di queste cose si cela qualcosa di non detto, che tuttavia deve rivelarsi a tutti con estrema chiarezza: la forza di chi le possiede.
Caso eclatante, in mostra, è lo scudo dell’imperatore Carlo V: più che a proteggere in battaglia, serve alle parate, o anche solo appeso in panoplia come impronta inequivocabile di chi comanda. Con la pinza a becco d’anatra o di cigno, dalla cui coda escono due serpenti, a raccogliere il cibo non è una mano qualsiasi ma quella, possiamo immaginare, di Federico II Gonzaga che commissionò a Giulio Romano la costruzione di Palazzo Te: il pranzo domestico o il sontuoso banchetto, al quale la pinza rimanda sia idealmente che concretamente, si sposa con l’autorità del marchese, elevato a duca da Carlo V nel 1530. È quindi, anche in questo caso, una celebrazione di magnificenza. Così come lo è tutta la mostra.
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