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La gravità, di solito, è considerata "nemica" della corsa, dal momento che esercita una forza perpendicolare alla direzione di moto. Ma se si cambia punto di vista, considerando il movimento come una successione di cadute, anziché una serie di elevazioni, ecco che la gravità assume tutt'altro ruolo: "Un atleta che corre", spiega Svein Otto Kanstad, uno degli autori dello studio, fisico ed ex-corridore professionista, "cade ripetutamente in avanti, frenando la caduta con la propria gamba. Ogni volta che il suo piede tocca il suolo, tutto il corpo ruota leggermente, facendo perno sul piede stesso. Dunque, dal punto di vista della dinamica, la corsa non è una serie di salti. È una successione di cadute e rotazioni". E quindi entra inevitabilmente in gioco un altro elemento, il momento angolare, ovvero la grandezza fisica legata a un corpo in rotazione spaziale. Il momento angolare è responsabile, per esempio, del fenomeno per cui una ballerina in rotazione gira più velocemente se tiene le braccia ben aderenti al corpo rispetto a quando le allarga.
Il momento angolare, secondo Kanstad, potrebbe essere sfruttato per migliorare le prestazioni durante la corsa. Quando l'anca di un corridore ruota per portare in avanti una gamba, l'atleta "guadagna" momento angolare - un fenomeno legato, senza scendere in dettagli tecnici, all'angolo tra direzione del moto e forza di gravità. Il consiglio dello scienziato è di imprimere una leggera rotazione anche all'altra gamba, quella che normalmente rimane estesa all'indietro: in questo modo, il guadagno di momento angolare aumenta e l'atleta usufruisce di un ulteriore slancio in avanti. Un discorso analogo vale per la posizione delle braccia, cruciale per controbilanciare correttamente la rotazione delle gambe. I risultati sperimentali sembrano dar ragione a questa ipotesi: Kanstad e il suo collega Aulikki Kononoff, infatti, hanno allenato un gruppo di atleti professionisti a correre su un tapis-roulant effettuando i movimenti che massimizzano il guadagno di momento angolare (e assicurandoli al soffitto per mezzo di corde per scongiurare il pericolo di cadute). In questo modo, hanno osservato miglioramenti piuttosto significativi nelle prestazioni: in un test, per esempio, uno sprinter che correva alla velocità di 14 chilometri l'ora ha usato il 10% di energia in meno, misurata come volume di ossigeno consumato al minuto, rispetto alla propria media.
Secondo Kanstad, l'applicazione di un programma di allenamento specifico rivolto agli atleti professionisti consentirebbe loro di stabilire nuovi record mondiali: "La gravità continuerà sempre a esistere", spiega. "Ma non la sfruttiamo abbastanza correndo come lo facciamo di solito. Perché non approfittare del 10% di energia che ci può regalare?". I risultati dello studio, comunque, potrebbero avere ricadute anche al di fuori dell'ambito sportivo, per esempio per migliorare il funzionamento di protesi ed esoscheletri destinati a soggetti mutilati o invalidi.