
Secondo fonti Ue, il piano prevede un'unità di coordinamento della Commissione europea a cavallo fra ambiente, affari interni e aiuti allo sviluppo. Il problema da risolvere è quello di non lasciare possibili accessi a prodotti fuorilegge in Europa, che ancora costituisce un hub importante e un mercato fiorente. Le regole non sono sempre uniformi fra i 28 Paesi membri, così come i controlli, le attività di sequestro e le sanzioni, considerate inadeguate. "Non sarà un'iniziativa legislativa, ma una comunicazione a Consiglio ed Europarlamento" aggiungono le fonti comunitarie. Una scelta questa, condivisa dagli ambientalisti dell'International Fund for animal welfare (Ifaw), che propongono "un approccio intergovernativo, come quello adottato per la lotta contro il traffico di esseri umani", spiega Satyen Sinha. Quello che serve per mettere a punto le contromisure inoltre "è la standardizzazione dei dati, per sapere cosa entra e da dove arriva" spiega Sinha. L'Ue poi dovrebbe definire i centri responsabili del recupero delle varie specie sequestrate, ma anche non lasciare i trafficanti impuniti. "Secondo l'Onu si parla di un crimine grave, quindi da punire con una pena dai quattro anni in su" riferisce Sinha, secondo cui il successo del piano dipenderà moltissimo anche dall'attuazione della strategia Ue già esistente per la conservazione della fauna selvatica in Africa.
A fare pressing su Bruxelles gli ambientalisti, ma anche agguerriti europarlamentari, in particolare un intergruppo ad hoc guidato dalla britannica liberale Catherine Bearder, secondo cui invece "quello di cui abbiamo bisogno è una legislazione adeguata dietro il piano, più forte di un accordo intergovernativo". "Si tratta di un crimine talmente enorme, con gli stessi criminali che fanno riciclaggio di denaro sporco, traffico di droghe" continua Bearder, convinta che "abbiamo bisogno di un coordinamento e assicurarci che funzioni, con tutti i Paesi coinvolti". "Non c'è più tempo da perdere", conclude l'eurodeputata britannica.