
L’invenzione della cottura d’altronde è uno dei passaggi chiave nell’evoluzione culturale umana. Di colpo, grazie al fuoco i nostri antichi antenati espansero enormemente la varietà di alimenti a cui avevano accesso, facilitando il consumo di carni e prodotti animali, e potendo contare su risorse vegetali difficili da consumare crude, se non addirittura tossiche. Un processo che si rivelò fondamentale per queste comunità di cacciatori raccoglitori, e che aiutò la transizione verso abitudini stanziali e la nascita dell’allevamento e dell’agricoltura.
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I nostri antenati mangiavano verdure cotte già 10mila anni fa, imbandendo le loro tavole con piante, radici, semi selvatici e piante acquatiche. Lo dimostra uno studio su Nature Plants, a cui hanno partecipato i ricercatori dell'Università di Modena e Reggio Emilia. "Da residui di lipidi ritrovati su antichi frammenti di ceramica siamo riusciti a risalire a numerose specie di piante e semi che venivano cucinate in epoca preistorica", spiega Anna Maria Mercuri, botanica che ha partecipato alla ricerca. Ecco allora alcuni esempi delle verdure tipiche della cucina preistorica.
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Una tappa importante di questa storia, sottolineano gli autori del nuovo studio, fu l’invenzione della ceramica, un materiale apparso circa 15mila anni fa (o meglio, scoperto due volte: una 16mila anni fa in Asia, e una seconda quattromila anni dopo nel Nord Africa) che permise di realizzare i primi contenitori per la cottura sul fuoco, e che di certo aiutò ad espandere enormemente il numero di alimenti e preparazioni possibili. La mancanza di testimonianze dirette di residui vegetali nei reperti preistorici aveva portato però a pensare che si trattasse di strumenti utilizzati principalmente per la cottura di latte e altri alimenti di origine animale. Mentre il ruolo delle verdure nella cucina preistorica era ritenuto quantomeno marginale. Almeno fino ad oggi.
Analizzando un ampio set di reperti portati alla luce nei siti di Takarkori e di Uan Afuda, nel deserto libico, e risalenti a un periodo compreso tra oltre 10.000 e 6.500 anni fa, gli autori del nuovo studio sono riusciti infatti a identificare le tracce molecolari delle più antiche verdure cotte mai scoperte. E i dati raccolti parlano di una dieta ricca di prodotti vegetali: foglie e altre parti verdi delle piante, granaglie e semi provenienti dalle savane, ma anche, ed è la prima volta che viene osservato, piante acquatiche.
Oltre metà dei contenitori analizzati, sottolineano i ricercatori, hanno mostrato residui di sole piante, compatibili con la cottura di verdure e altri alimenti vegetali. Dati che dimostrano la diffusione di questi alimenti nella regione in un periodo che precede di almeno 6mila anni la diffusione dell’agricoltura nell’area.
"Fino ad oggi, l’importanza delle piante nella dieta preistorica è sempre stata sottostimata", commenta Julie Dunne, ricercatrice della Bristol's School of Chemistry che ha eseguito le estrazioni degli acidi grassi dalla ceramica. “Il nostro lavoro dimostra invece l’importanza delle piante come fonte alimentare. Risultati che parlano di un utilizzo di vegetali estremamente raffinato da parte di questi cacciatori raccoglitori. E la capacità di bollire questi alimenti per lunghi periodi di tempo all’interno dei contenitori di ceramica appena inventati deve avere aumentato significativamente lo spettro di vegetali che le popolazioni preistoriche potevano consumare".