
Giuseppe Mingione, 45 anni, insegna Analisi matematica all'università di Parma ed è tra i matematici più citati al mondo.
Entrato per quattro volte (dal 2014) nella lista Highly cited researchers dei ricercatori di maggior impatto al mondo, compilata da Thomson Reuters-Clarivate Analytics, insignito di numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, ha vinto l'edizione 2010 del premio Caccioppoli, considerato il più tradizionale e prestigioso premio italiano per la disciplina, conferito dall'Unione matematica italiana una volta ogni quattro anni.
Professor Mingione come si raggiunge tutto questo ?
"Non credo ci possa essere una ricetta. L'indipendenza intellettuale e l'anticonformismo contano senz'altro qualcosa. Credo che battere strade personali o attaccare problemi che altri hanno lasciato aperti paghi più di quanto non faccia seguire le mode e buttarsi su argomenti, come si suol dire, mainstream. A me è andata bene in termini bibliometrici, ma non è una cosa che ho cercato".
Insegna Analisi matematica all’università di Parma e si occupa di calcolo delle variazioni ed equazioni differenziali alle derivate parziali, ci può raccontare e spiegare qualcosa delle sue ricerche?
"Come molti argomenti della matematica pura, le equazioni a derivate parziali provengono da problemi di natura fisica. Esse descrivono fenomeni estremamente concreti e variegati, che possono riguardare l'elasticità, il moto dei fluidi e così via. Queste equazioni vengono poi necessariamente trattate in modo molto astratto, cosa che le fa sembrare più lontane dalla realtà di quanto esse non siano effettivamente".
La matematica si può dire sia nel suo Dna. Era bravo fin da bambino. Eppure per tanti ragazzi e adulti rimane un incubo. Come si possono avvicinare le persone a questa disciplina?
"Bisogna distinguere due livelli. Per fare ricerca in matematica bisogna avere una certa predisposizione e quella o ce l'hai o niente. C'è però un secondo livello, che riguarda l'alfabetizzazione matematica di base delle persone, sul quale invece si può lavorare molto, dando magari più spazio alla disciplina nell'insegnamento, ma anche costringendo i ragazzi a studiarla. Ogni sforzo di un bravo insegnante diventa vano se poi lo studente non studia. È impopolare dirlo, ma i genitori dovrebbero anche educare i loro figli adolescenti a farlo. È parte naturale di un processo che a volte rimane incompiuto forse, perché abbiamo scarsa considerazione per l’istruzione".
"Fate il nostro gioco": la matematica per smontare false credenze sul gioco d’azzardo

"Non c'è dubbio. Potrebbe dipendere dal fatto che nell'insegnamento delle materie scientifiche ai ragazzi non viene evidenziato abbastanza il loro potenziale applicativo nella realtà. Per questo molte persone non credono nel valore effettivo della scienza, fino ad arrivare a pericolosi assurdi, come l'inspiegabile fobia che in molti hanno sviluppato per i vaccini. Queste persone usano poi prodotti e tecnologie figlie degli stessi approcci scientifici che sono alla base dei vaccini. Nel primo caso gli effetti si vedono chiaramente e subito, nel secondo caso, di meno".
È diventato professore ordinario nel 2006. In questi anni vissuti nell’università italiana sembra di poter cogliere alcuni segnali di cambiamento: ci sono studenti che danno vita a startup, nelle facoltà nascono spin-off.
"L'università non è una scuola di avviamento professionale o di formazione lavoro. Non deve preparare immediatamente a un lavoro specifico, ma dare conoscenze generali che permettano allo studente che entra in quel mondo di orientarvisi. I mestieri, le professioni, s’imparano con la pratica. Mi pare arduo pensare a dei corsi di laurea che preparino immediatamente a qualcosa di specifico, anche perché la fluidità del mercato del lavoro è tale che la cosa non è materialmente possibile. In ogni caso, l'ateneo di Parma riesce a posizionarsi molto bene su ogni fronte. Fornisce un'ottima preparazione di base, ma anche conoscenze che spesso possono diventare immediatamente spendibili. Non a caso Alberto Broggi, con le sue auto a guida automatica, è accademicamente nato e cresciuto a Parma".

"La Vqr è progettata in modo errato, il che avrà inevitabili ricadute negative sulla qualità di quello che si produce. Spesso i risultati sono poco credibili. Il presupposto doveva essere rendere l'università italiana più ‘internazionale’, ne sono venute fuori metodologie inedite nel panorama della comunità scientifica internazionale. Un divertente paradosso".
Si parla sempre di fuga dei cervelli e molta enfasi è stata posta pure sul loro ritorno in Italia. Sono misure che hanno dato dei risultati?
"In Cosí fan tutte di Mozart c'è un'aria che parla dell'Araba Fenice: ‘Che vi sia, ciascun lo dice; dove sia, nessun lo sa’. Ecco, di queste misure tutti ne parlano, ma io di misure che hanno sortito effetti reali non ne ho mai viste. A quanto mi è dato osservare, la cosiddetta fuga dei cervelli procede più spedita che mai".
La politica si è spesso occupata di università e stiamo andando verso le elezioni. Ha ascoltato proposte che reputa positive ? Secondo lei cosa si dovrebbe fare?
“In campagna elettorale si scrivono programmi su tutto, anche sulle cose delle quali si capisce e ci si interessa poco. La ricerca è uno dei temi di minore considerazione per i politici, perché produce risultati apprezzabili su un orizzonte temporale assai più lungo di quello di un mandato elettorale. E le conseguenze si vedono. Nessuna delle proposte che ho letto mi pareva contenere cose nuove e/o interessanti, o spesso, anche semplicemente sensate. Cosa fare? Smetterla di considerare l'istruzione e la ricerca come lussi cui si può rinunciare in tempi di magra. Realizzare degli incentivi veri e forti affinché le università siano spinte ad assumere le persone migliori a condizioni soddisfacenti al fine di non farcele portar via da quelle straniere. Dopotutto, la qualità di un ateneo non la fanno strutture, ma le persone. Del nepotismo non voglio neanche parlare. Si tratta di una evidente aberrazione che colpisce a chiazze, ma che per fortuna qui a Parma non conosciamo”.
Lei viaggia in tanti Paesi per motivi di studio e lavoro. È preoccupato dai politici che vorrebbero alzare muri e limitare la circolazione delle persone con ripercussioni sulla ricerca?
“No. Un conto è il pour parler del politico populista, altro è la realtà. I Paesi leader dal punto di vista economico sanno di dovere il loro successo allo sviluppo tecnologico e aprono le porte ai ricercatori di talento. Nei prossimi anni assisteremo all'irresistibile ascesa della Cina come principale potenza tecnologica e quindi economica. Per anni hanno mandato giovani a formarsi nelle migliori università all'estero e ora stanno attuando un vero programma di rientro dei cervelli e aprendo università ovunque. Questo mentre noi ci chiediamo se abbiamo o meno troppi atenei”.
Oggi si parla molto di algoritmi che ormai guidano le nostre vite. Sono usati dai giganti della Rete Google, Facebook, Amazon. Sempre più presenti nelle realtà produttive e nelle aziende, si adoperano in politica così come nel mondo dell’informazione, tanto che si vorrebbe utilizzarli contro le fake news. Cosa ne pensa? Ci possiamo fidare davvero?
“La matematica è in se stessa affidabile perché dotata di metodologie molto robuste. Poi dipende da come si utilizza. Un suo cattivo uso può persino avvantaggiare le fake news. Supponiamo che io dica che un asino vola. È chiaro a tutti che io sto dicendo una sciocchezza. Ma se trucco i dati in modo abbastanza furbo posso far credere che l'inflazione è all'1% quando invece è al 2%. Questa frottola sarà raccontata in un linguaggio scientifico e quindi da quel linguaggio erediterà una parvenza di scientificità, risultando più credibile. Una maggiore alfabetizzazione matematica serve anche a difendersi da certe frottole ben raccontate”.
Capita spesso di sentire imprenditori e personaggi pubblici che invitano i ragazzi ad abbandonare le materie umanistiche, a favore di ambiti più tecnici. Da matematico cosa ne pensa ?
"È un discorso delicato. Se da una parte è vero che è difficile studiare proficuamente discipline alle quali non si è interessati, è d'altra parte un dato di fatto che il mercato richiede maggiormente figure professionali specializzate nelle cosiddette scienze dure. La cosa si può magari risolvere cambiando l'idea diffusa che la cultura non abbia a che fare la scienza. Quando vediamo un professore di ingegneria pensiamo subito a un ‘tecnico', mentre quando vediamo un professore di filosofia pensiamo a un ‘intellettuale’, qualsiasi cosa queste espressioni significhino. Questa dispercezione deve essere corretta"
A chi invece vuole dedicarsi alla matematica, che consiglio possiamo dare?
"Di crederci ed essere pronti ad affrontarne le conseguenze, ma di lasciar stare se si vede di non essere sufficientemente portati. La matematica può facilmente portare lontani dalla realtà (cosa che non è sempre un fatto negativo). Ma ricambia costruendo panorami interiori che danno indubbie soddisfazioni".