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"I cavalli-atleti non finiranno al mattatoio"

Dopo le polemiche delle scorse settimane, entra in vigore il regolamento della Federazione italiana sport equestri che prevede la dicitura "non destinato alla produzione alimentare" per tutti i quadrupedi iscritti alla Fise e impiegati in attività sportive

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ROMA. Potrebbe essere la parola fine a una polemica che si è trascinata per settimane: oggi la Federazione italiana sport equestri rende operativo il nuovo regolamento che prevede, tra l'altro, l'obbligatorietà della dicitura "non destinato alla produzione alimentare" (NON DPA) per tutti i cavalli iscritti alla Federazione e impegati in attività sportive, dalla lezione in maneggio alla gara di salto ostacoli.

La decisione era stata annunciata lo scorso 5 dicembre dal presidente della Fise Marco Di Paola come una importante novità per la tutela del cavallo-atleta. Eppure non erano mancate le proteste di chi, compresi alcuni cavalieri della nazionale di salto, riteneva che in realtà si trattasse di una marcia indietro: "La Fise da anni ha recepito le nostre battaglie e prevede l'iscrizione ai registri federali di soli cavalli NON DPA, indipendentemente dal tipo di attività svolta. Limitare la NON DPA solo ai cavalli che fanno gare è un ritorno al passato".

In realtà, secondo l'attuale presidente, le recenti vicende della Fise, tra commissariamenti e presidenti che annullavano circolari di chi li aveva preceduti, hanno fatto sì che sui regolamenti non ci fosse traccia di questa battaglia animalista. "Tanto è vero", spiega Di Paola, "che secondo i nostri calcoli il 20% dei cavalli che calcano i campi di gara sono registrati come DPA". E dunque a fine carriera potrebbero finire in un mattatoio.

"Con il nostro provvedimento di oggi" continua Di Paola, "vogliamo sanare questa situazione". Ma allora perché limitarsi ai soli cavalli che fanno sport e non a tutti quelli iscritti alla Fise? "Noi vogliamo includere, non espellere. Si può iscrivere un animale DPA alla Fise, ma se lo si vuole usare sotto il controllo di un istruttore in un campo di allenamento o di gara gli si deve cambiare la destinazione finale. Credo sia il modo migliore per convincere chi si avvicina a questo sport, senza imposizioni ma sensibilizzandolo al bennessere animale. E sono sicuro che faremo da apri pista: presto ci seguirà anche il mondo dell'ippica".

Va detto che all'estero molti paesi con una grande tradizione equestre non fanno alcuna distinzione tra DPA e NON DPA. E che anche i regolamenti della Federazione equestre internazionale (Fei), secondo cui si svolgono i concorsi più prestigiosi in giro per il mondo, non escludono dalle competizioni i cavalli DPA.

Tra l'altro, al di là delle considerazioni etiche, gareggiare montando un animale destinato alla produzione alimentare è una gran complicazione: qualunque farmaco somministrato (dal vermifugo all'antidolorifico) va registrato proprio in virtù del fatto che un giorno quell'animale potrebbe essere macellato e finire in tavola.

Ma allora perché questo braccio di ferro tra DPA e NON DPA? Probabilmente i più sensibili all'argomento sono gli allevatori, il cui ragionamento può essere brutalmenete sintetizzato così: se allevo per tre anni un puledro sperando che sia un campione e poi invece si rivela un brocco, che me ne faccio? Lo confermerebbe l'apprensione con la quale il ministero delle Politiche agricole e la Confagricoltura hanno seguito la vicenda. La Confederazione Generale dell'Agricoltura Italiana, in particolare, il 10 gennaio scorso ha preso carta e penna per scrivere alla Fise e invitarla a un ripensamento: "A nostro avviso sembrano sussistere, a favore di una riconsiderazione della misura, motivi di opportunità politico-economica e la necessità di uniformare la disciplima italiana alle indicazioni della Federezazione internazionale (Fei)".

La Fise ha tentennato, ipotizzando di introdurre l'obbligo del NON DPA solo per cavalli con più di 5 anni (dando così più margine di scelta agli allevatori). Poi però, forse anche per il pressing degli animalisti, ha tirato dritto con il regolamento che vede oggi la luce e che non fa distinzioni di età per il cavallo. "Confermo", conclude Di Paola, "è una nostra iniziativa unilaterale". Vedremo se basterà a porre fine alle polemiche.