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Foreste marine a rischio estinzione, un piano per salvare le querce di mare

Da Trieste alle Cinque Terre, un ambizioso e innovativo progetto di reimpianto di Cystoseira, alga bruna che cresce sulle rocce dei fondali in prossimità della fascia costiera, preziosissima per gli equilibri ecologici e la vita nelle acque del Mare Nostrum

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LA BIODIVERSITA', nel Mediterraneo, come negli altri mari del mondo, è indice di ricchezza e di buona salute dell'ambiente. Lo sanno bene i biologi marini e i centri di ricerca delle università di Trieste e di Genova dove si sta concretizzando un ambizioso e innovativo progetto di reimpianto delle foreste marine di Cystoseira, un'alga bruna che cresce sulle rocce dei fondali in prossimità della fascia costiera, preziosissima per gli equilibri ecologici e la vita nelle acque del Mare Nostrum. Due aree marine protette accoglieranno le plantule: il Parco nazionale delle Cinque Terre nel mar Ligure e la riserva marina di Miramare nel Golfo di Trieste; altre due hanno già donato gli apici di alga bruna: le riserve di Portofino e di Strugnano (Slovenia).
 
Nel Mediterraneo vivono una trentina di specie di queste alghe, note anche come querce di mare, ma negli ultimi decenni hanno subito un forte declino a causa di diversi fattori – cambiamenti climatici, inquinamento e attività umane in primis. Sono sotto sorveglianza come specie vulnerabili e sono protette da direttive europee e convenzioni internazionali. Annalisa Falace, biologa specializzata in algologia dell'Università di Trieste, è la coordinatrice del progetto Roc Pop Life () finanziato dall'Unione europea con 900mila euro e già in fase operativa. Sintetizza per Repubblica il senso del lavoro: "Queste alghe, che hanno una funzione simile a quella delle foreste terrestri, sono specie che formano habitat. La loro importanza non sta tanto nella produzione di ossigeno, quanto nel fatto che la loro presenza in acqua rende più complesso l'ambiente". Una singola alga, che può arrivare a un'altezza di 60-70 centimetri, vista al microscopio, rivela un mondo: fino a 100-150 specie vegetali e animali si annidano tra le sue fronde, come uccelli, erbe, mammiferi, licheni e funghi in un bosco di montagna. Un pullulare di vita. Le Cystoseira sono, tra l'altro, vere e proprie nursery marine: molti pesci vi depongono le uova e le abitano, per la gioia di madre natura e degli amanti delle immersioni subacquee.
 
·UN PROGETTO SOSTENIBILE
Il progetto, della durata di tre anni, è partito nel novembre del 2017. Tra luglio e agosto sono previsti i primi impianti. Piccole plantule di alghe brune stanno crescendo nei laboratori dell'Università di Trieste e tra qualche settimana saranno reintrodotte nei due ambienti marini protetti in Liguria e in Friuli Venezia Giulia. "Non danneggiamo i siti donatori", assicura Falace, che si autodefinisce contadina del mare, “perché raccogliamo solamente 2-3 apici da ogni alga, sufficienti a generare centinaia di spore dalle quali nascono, nelle nostre stanze di coltura, le piccole Cystoseira radicate su appositi supporti in terracotta, completamente biodegradabili”. L'attenzione all'ambiente è massima: il metodo di donazione, la ricerca meticolosa di compatibilità donatore-ricevente, barriere di protezione da installare subito dopo gli impianti costruite in bioplastica derivata da alghe verdi e realizzate con stampati 3D.

·RIPOPOLAMENTO DEI FONDALI
Cinquecento alghe sono già pronte per le Cinque Terre e verranno messe a dimora a luglio, un altro ciclo è previsto per agosto e altri due interventi il prossimo anno. Stessa procedura per Miramare. Obiettivo finale: ripopolare più o meno un chilometro di costa per ogni area; a questa scala e con queste modalità è il primo intervento in Mediterraneo. "Non sappiamo se avremo successo", confessa l'algologa di Trieste, "le variabili sono infinite". A partire dai pesci erbivori che potrebbero divorare i virgulti: sono specie ancora molto presenti nei mari perché poco appetibili (a differenza dei pesci carnivori che terminano prematuramente la loro esistenza nei nostri piatti).
 
·LE MINACCE: CEMENTIFICAZIONE ED SVERSAMENTI
Il progetto coinvolge anche i ricercatori dell'Università di Genova, coordinati da Mariachiara Chiantore, professore associato di ecologia presso il Dipartimento di scienze della terra, dell'ambiente e della vita dell'Ateneo ligure. La biologa fa luce su alcune delle cause della scomparsa delle Cystoseira: "Fino all'Ottocento le alghe erano presenti nelle Cinque Terre, poi è peggiorata la qualità delle acque a causa degli scavi nelle valli del Magra per la costruzione della ferrovia. L'aumento dei sedimenti trasportati dal fiume ha aumentato la torbidità del mare sotto costa e le foreste marine sono scomparse. Ora sono migliorate le condizioni dell'ambiente e l'area di protezione totale, garantita dal Parco nazionale, costituisce un'ottima premessa per il ripopolamento". Anche a Trieste è l'uomo la principale causa della scomparsa delle querce di mare: la cementificazione delle coste per la costruzione di porticcioli turistici e gli erbicidi utilizzati in agricoltura e trasportati dai corsi d'acqua in mare sono due tra i principali fattori di innesco dell'estinzione.
 
L'attenzione al piccolo-grande esperimento italiano è diffusa nella comunità scientifica internazionale e nelle aree marine protette di tutto il Mediterraneo e non solo. Hanno espresso il loro interesse la rete delle oasi gestite dal Wwf, di cui la riserva di Miramare fa parte, Porto Cesareo in Salento, Tavolara-Punta Coda cavallo in Sardegna, altre riserve in Sicilia, Liguria, Croazia, Slovenia, Romania (per le coste rocciose sul mar Nero). Ad ottobre, in Tunisia, i ricercatori italiani incontreranno i referenti delle aree marine protette di tutto il Mediterraneo e il processo di restauro ambientale codificato dagli Atenei di Trieste e Genova sarà condiviso. Perché la ricerca e la protezione della natura, per fortuna, non hanno confini.