
Nel Mediterraneo vivono una trentina di specie di queste alghe, note anche come querce di mare, ma negli ultimi decenni hanno subito un forte declino a causa di diversi fattori – cambiamenti climatici, inquinamento e attività umane in primis. Sono sotto sorveglianza come specie vulnerabili e sono protette da direttive europee e convenzioni internazionali.
A rischio le querce di mare. Ma un progetto le salverà
Una singola alga, che può arrivare a un'altezza di 60-70 centimetri, vista al microscopio, rivela un mondo: fino a 100-150 specie vegetali e animali si annidano tra le sue fronde, come uccelli, erbe, mammiferi, licheni e funghi in un bosco di montagna. Un pullulare di vita. Le Cystoseira sono, tra l'altro, vere e proprie nursery marine: molti pesci vi depongono le uova e le abitano, per la gioia di madre natura e degli amanti delle immersioni subacquee. Un ambizioso e innovativo progetto di reimpianto delle foreste marine di alga bruna, nato dalla collaborazione tra l'università di Trieste e l'ateneo di Genova, mira a ripopolare i fondali in prossimità della fascia costiera del Mare Nostrum
·UN PROGETTO SOSTENIBILE
Il progetto, della durata di tre anni, è partito nel novembre del 2017. Tra luglio e agosto sono previsti i primi impianti. Piccole plantule di alghe brune stanno crescendo nei laboratori dell'Università di Trieste e tra qualche settimana saranno reintrodotte nei due ambienti marini protetti in Liguria e in Friuli Venezia Giulia. "Non danneggiamo i siti donatori", assicura Falace, che si autodefinisce contadina del mare, “perché raccogliamo solamente 2-3 apici da ogni alga, sufficienti a generare centinaia di spore dalle quali nascono, nelle nostre stanze di coltura, le piccole Cystoseira radicate su appositi supporti in terracotta, completamente biodegradabili”. L'attenzione all'ambiente è massima: il metodo di donazione, la ricerca meticolosa di compatibilità donatore-ricevente, barriere di protezione da installare subito dopo gli impianti costruite in bioplastica derivata da alghe verdi e realizzate con stampati 3D.
·RIPOPOLAMENTO DEI FONDALI
Cinquecento alghe sono già pronte per le Cinque Terre e verranno messe a dimora a luglio, un altro ciclo è previsto per agosto e altri due interventi il prossimo anno. Stessa procedura per Miramare. Obiettivo finale: ripopolare più o meno un chilometro di costa per ogni area; a questa scala e con queste modalità è il primo intervento in Mediterraneo. "Non sappiamo se avremo successo", confessa l'algologa di Trieste, "le variabili sono infinite". A partire dai pesci erbivori che potrebbero divorare i virgulti: sono specie ancora molto presenti nei mari perché poco appetibili (a differenza dei pesci carnivori che terminano prematuramente la loro esistenza nei nostri piatti).
·LE MINACCE: CEMENTIFICAZIONE ED SVERSAMENTI
Il progetto coinvolge anche i ricercatori dell'Università di Genova, coordinati da Mariachiara Chiantore, professore associato di ecologia presso il Dipartimento di scienze della terra, dell'ambiente e della vita dell'Ateneo ligure. La biologa fa luce su alcune delle cause della scomparsa delle Cystoseira: "Fino all'Ottocento le alghe erano presenti nelle Cinque Terre, poi è peggiorata la qualità delle acque a causa degli scavi nelle valli del Magra per la costruzione della ferrovia. L'aumento dei sedimenti trasportati dal fiume ha aumentato la torbidità del mare sotto costa e le foreste marine sono scomparse. Ora sono migliorate le condizioni dell'ambiente e l'area di protezione totale, garantita dal Parco nazionale, costituisce un'ottima premessa per il ripopolamento". Anche a Trieste è l'uomo la principale causa della scomparsa delle querce di mare: la cementificazione delle coste per la costruzione di porticcioli turistici e gli erbicidi utilizzati in agricoltura e trasportati dai corsi d'acqua in mare sono due tra i principali fattori di innesco dell'estinzione.
L'attenzione al piccolo-grande esperimento italiano è diffusa nella comunità scientifica internazionale e nelle aree marine protette di tutto il Mediterraneo e non solo. Hanno espresso il loro interesse la rete delle oasi gestite dal Wwf, di cui la riserva di Miramare fa parte, Porto Cesareo in Salento, Tavolara-Punta Coda cavallo in Sardegna, altre riserve in Sicilia, Liguria, Croazia, Slovenia, Romania (per le coste rocciose sul mar Nero). Ad ottobre, in Tunisia, i ricercatori italiani incontreranno i referenti delle aree marine protette di tutto il Mediterraneo e il processo di restauro ambientale codificato dagli Atenei di Trieste e Genova sarà condiviso. Perché la ricerca e la protezione della natura, per fortuna, non hanno confini.