
LEGGI - Così la vita è riesplosa subito dopo la più grande estinzione di massa
• LO STUDIO
Le eruzioni in questione sono uno dei più imponenti eventi vulcanici avvenuti negli ultimi 500 milioni di anni: al loro picco, proprio a cavallo tra Permiano e Triassico, depositarono nell’area oltre 4 milioni di chilometri cubi di basalto in meno di un milione di anni. Dando vita al cosiddetto Trappo siberiano, una regione di rocce ignee che oggi copre un territorio di 2 milioni di chilometri quadrati.
Parlando degli effetti che potrebbero aver avuto questi fenomeni vulcanici sull’atmosfera del pianeta, si sapeva già che alcune eruzioni possono determinare una degradazione dello strato di ozono. Ma per quanto imponenti, gli effetti delle eruzioni avvenute in Siberia fino ad oggi non erano ritenuti sufficienti per spiegare la scomparsa di un così ampio numero di specie viventi. Questo – sottolineano gli autori del nuovo studio – prendendo in considerazione un’eruzione tradizionale.
Ma nulla vieta che qualcosa abbia reso le eruzioni siberiane più letali della norma per lo strato di ozono. Se ad esempio avessero liberato nell’atmosfera un'elevata quantità di sostanze come i clorofluorocarburi o Cfc, principali responsabili della formazione del famoso buco nell’ozono, l’effetto delle eruzioni siberiane sarebbe potuto essere ben più devastante.
• I KILLER DELL'OZONO
Da dove potevano arrivare queste sostanze? A ben vedere, probabilmente erano già sul luogo: come hanno dimostrato gli scienziati inglesi, le rocce presenti nella regione contenevano altissime quantità di alogeni, elementi chimici come cloro, bromo e iodio, noti per la loro capacità di catalizzare le reazioni chimiche che erodono lo strato di ozono. Esaminando le rocce dell’area, i ricercatori hanno trovato livelli di queste sostanze compatibili con un danno allo strato di ozono sufficiente per alterare le temperature dell’atmosfera e inondare la superficie del pianeta di raggi ultravioletti. Al punto da renderla inabitabile per la maggior parte delle forme di vita dell’epoca.

“La nostra conclusione – racconta Michael Broadley, ricercatore dell’università di Manchester che ha coordinato il lavoro – è che questo vasto serbatoio di alogeni conservato nella litosfera siberiana sia stato proiettato nell’atmosfera terrestre dalle esplosioni vulcaniche di quel periodo, distruggendo effettivamente lo strato di ozono e contribuendo in modo importante alle grandi estinzioni di massa del periodo”.
All’epoca, insomma, ci pensarono i vulcani. Ma oggi il pericolo principale per lo strato di ozono è rappresentato dall’attività umana. C’è quindi una lezione da imparare da queste antiche catastrofi, visto che la prossima estinzione di massa potrebbe arrivare a causa nostra. E non è detto che l’Homo sapiens sia destinato a salvarsi.