
Lo studio, pubblicato sulla rivista Frontier in Psychology, ha messo in luce dei dettagli del tutto inaspettati: in particolare, gli scienziati hanno confermato che il cervello delle persone che si trovano a fronteggiare inverni particolarmente bui in condizioni di completo isolamento è più soggetto a cadere in "stati alterati di coscienza" e "assenza prolungata" - proprio come accadeva a Jack Torrance nel film di Kubrick - ma anche, e qui sta la novità, a ridurre i cosiddetti comportamenti di coping, i meccanismi difensivi messi in atto per gestire o ridurre lo stress psicologico. Apparentemente, il fatto che la psiche riduca i comportamenti difensivi proprio quando ne avrebbe più bisogno potrebbe sembrare una contraddizione in termini; gli autori del lavoro hanno trovato una spiegazione al paradosso, mostrando che si tratta di una sorta di "letargo psicologico": il cervello mette in atto meno comportamenti di coping per risparmiare energie, sapendo che comunque la situazione di difficoltà non è permanente, ma destinata a scomparire con l'arrivo della primavera.
Cervello a mezzo servizio
"La nostra scoperta", spiega Nathan Smith, psicologo della University of Manchester e coautore dello studio, "potrebbe rappresentare una forma di ibernazione psicologica: già studi precedenti avevano mostrato l'esistenza di questo meccanismo protettivo per gestire situazioni di stress, il che appare molto sensato. Se le situazioni del presente non sono controllabili, ma l'individuo sa che in qualche momento nel futuro evolveranno in meglio, il cervello potrebbe scegliere di ridurre le azioni di coping per preservare energia".
Per capire meglio il fenomeno, il gruppo di Smith ha studiato lo stato psicologico di due team di ricercatori della stazione italofrancese Concordia, che si trova nella parte orientale del continente antartico. I 27 partecipanti allo studio, in particolare, hanno tenuto quotidianamente traccia della qualità del proprio sonno (usando un diario) per tutti i 10 mesi della loro permanenza in Antartide. Inoltre, si sono sottoposti periodicamente a due test psicometrici (il Positive and Negative Affect Schedule, Panas, e la Utrecht Coping List, Ucl) specificatamente progettati per valutarne la salute emotiva e la messa in atto di strategie di coping.Antartide, alla scoperta del Polo sud: la vita estrema degli scienziati

Niente coping, per risparmiare
Analizzando i risultati, è emerso anzitutto che, poco sorprendentemente, sia la qualità del sonno che lo stato emotivo dei partecipanti apparivano significativamente inficiati dal lungo confinamento invernale, e che tali indicatori tornavano gradualmente a crescere con l'arrivo della primavera e con l'allungamento delle ore di luce. Tuttavia lo stesso discorso non vale per i meccanismi di coping, specie per quelli passivi come, per esempio, l'evitamento degli altri e la diminuzione della comunicazione: "Il risultato più sorprendente", spiegano gli autori nell'articolo, "è stato l'osservazione della riduzione di tutte le strategie di coping durante il periodo invernale". In altre parole, gli autori si aspettavano di osservare, durante l'inverno, la diminuzione di comportamenti attivi (come la capacità di risolvere problemi) e, di contro, l'aumento di comportamenti attivi, come l'evitamento e la depressione. Invece si è visto che anche questi ultimi tendevano a calare nei mesi invernali, segno che in qualche modo il cervello si disponeva, per l'appunto, in una sorta di "letargo" psicologico caratterizzato da una generale indifferenza e piattezza emotiva. Un fenomeno, tra l'altro, già osservato nei partecipanti alle lunghe simulazioni di permanenza su Marte, organizzate per allenare gli esploratori spaziali del futuro.La scoperta, concludono gli esperti, potrà aiutare a mettere a punto nuove strategie psicologiche a supporto di chi deve affrontare il confinamento in ambienti estremi. E scongiurare che anche su Marte possa sorgere un nuovo Overlook Hotel.