
LA MAPPA Mar Mediterraneo, l'inquinamento costiero
Il rapporto di Greenpeace
Secondo il report di Greenpeace "Il Pianeta usa e getta. Le false soluzioni delle multinazionali alla crisi dell'inquinamento da plastica", il 99% della plastica deriva da fonti fossili come il petrolio, la cui estrazione e raffinazione è strettamente collegata al cambiamento climatico e all'inquinamento atmosferico.Un mondo di plastica
Le stime indicano che nel solo 2019, a livello mondiale, la produzione e l'incenerimento di rifiuti in plastica raggiungerà un livello di emissioni di anidride carbonica pari a quello di 189 centrali elettriche a carbone. Come se non bastasse, l'industria delle fonti fossili sta iniziando a reindirizzare i propri investimenti nella produzione di plastica che, secondo le stime, aumenterà del 40% nei prossimi dieci anni, arrivando ad essere responsabile del 20% del consumo mondiale di petrolio.(Clicca per ingrandire)
La questione riciclo
Le multinazionali hanno a lungo promosso il riciclo come soluzione principale, ma più del 90% di tutta la plastica prodotta a partire dagli anni Cinquanta non è mai stata riciclata e i sistemi attuali, secondo il rapporto, non sono in grado di recuperare una quantità di materiale tale da ridurre la domanda di plastica vergine e di assicurare un adeguato smaltimento della crescente quantità di rifiuti prodotti. A livello europeo, solo il 31% dei rifiuti in plastica raccolti nel 2016 è stato effettivamente riciclato e per alcune plastiche realmente riciclabili come il polietilene tereftalato (PET) e il polietilene ad alta intensità (HDPE) i tassi di riutilizzo sono ancora molto bassi. Gran parte del packaging in plastica è soggetto a "downcycling": invece di essere utilizzato per nuovi imballaggi in plastica riciclata, viene riprocessato per prodotti di qualità inferiore non riciclabili. Se consideriamo poi che produrre plastica vergine spesso costa meno che produrre quella riciclata, è facile rendersi conto della complessità della questione.Il dramma del monouso
La coalizione internazionale Break Free From Plastic, di cui fanno parte più di mille e ottocento organizzazioni tra cui appunto Greenpeace, ha catalogato, per il secondo anno consecutivo, contenitori e imballaggi usa e getta raccolti nel corso di 484 attività di pulizia. Dal brand audit, condotto in 51 Paesi e sei continenti, risulta che la maggior parte dei rifiuti appartiene a Coca-Cola, Nestlé e PepsiCo. Dalla catalogazione di quasi mezzo milione (476 mila) di rifiuti in plastica da parte di più di 72 mila volontari, sono stati identificati migliaia di marchi i cui imballaggi in plastica sono principalmente monouso. L'impegno di 37 multinazionali ad aumentare la quantità di plastica riciclata nei loro imballaggi farà crescere la domanda di plastica riciclata di 5-7,5 milioni di tonnellate (aumento del 200-300%) entro il 2030. È tuttavia difficile che tale impegno si concretizzi, considerando gli evidenti limiti del sistema di riciclo, incluso quello chimico che si sta affiancando recentemente al riciclo meccanico.Materiali alternativi e riciclo
Dal rapporto emerge inoltre che la sostituzione della plastica con materiali alternativi, non meno impattanti sul Pianeta, come la carta e le plastiche biodegradabili e compostabili, e i crescenti investimenti nello sviluppo di nuovi sistemi di riciclo tutt'altro che efficaci, non sono soluzioni efficaci per risolvere il problema."Il riciclo da solo non è la soluzione, bisogna ridurre urgentemente la produzione di plastica usa e getta", spiega Von Hernandez, coordinatore globale della coalizione Break Free From Plastic. Per spingere le grandi multinazionali a intervenire sul problema, Greenpeace ha da tempo lanciato una petizione, sottoscritta da più di quattro milioni di persone in tutto il mondo, con cui chiede ai grandi marchi di ridurre subito la produzione, investendo in sistemi di consegna alternativi che non prevedano il ricorso a contenitori e imballaggi in plastica e altri materiali monouso.
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Nello specifico, stando alle conclusioni del rapporto, i veri nodi sono la pastica monouso e gli imballaggi: da qui le multinazionali dovrebbero ripartire per invertire la tendenza e andare incontro alla sostenibilità.