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Dai rifiuti la seconda vita del polistirolo. "Un gel per farne delle lampade riciclabili"

A Marcianise, un brevetto Cnr dà la possibilità di ricavare dal polistirene espanso una pasta che può inglobare rifiuti di produzione più svariati, dalla canapa al tessile all'edilizia. Le creazioni degli studenti di Design con il progetto "Fare luce" per il rilancio dell’area industriale casertana

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Una lampada realizzata con il progetto "Fare Luce" (foto: Mario Malinconico/Cnr Pozzuoli)
Una lampada realizzata con il progetto "Fare Luce" (foto: Mario Malinconico/Cnr Pozzuoli) 
La nuova vita del polistirolo comincia a Marcianise, nell'area industriale che una volta chiamavano "la Brianza del Sud". A distanza di quasi mezzo secolo, della Brianza e degli stabilimenti Olivetti, uno degli insediamenti produttivi più importanti del casertano, non rimane che un ricordo pallido. Un’azienda che lavora polistirene per usi alimentari ed edilizi, la Airpol, ha sede qui, e ha di recente acquisito lo sfruttamento di un brevetto del Cnr di Pozzuoli per trasformare il polistirene espanso (il polistirolo) in materiale riutilizzabile "n" volte. Non significa all’infinito ma quasi, senza degradarsi. Un processo fisico che somiglia a una formula magica, perché a questa pasta si possono aggiungere indefiniti altri ingredienti, di scarto, per comporre nuovi materiali. Una specie di buco nero, per molti tipi di rifiuti, scarti dell'edilizia, tessile, imbarcazioni. Materiali anche difficili da smaltire, che vanno a fare parte di un tutt’altro.

La difficile vita del polistirolo

La Airpol già da tempo ricicla polistirolo per comporre i propri prodotti, ma secondo Riccardo Van Den Hende, direttore generale dell’azienda, non basta: "Purtroppo lo vediamo abbandonato ai bordi delle strade, oppure finisce sulle spiagge. Non è ben gestito nel riciclo come il Pet. Giro di notte e vedo imballaggi infilati nei contenitori dell’umido, che è gravissimo. Perché sono inquinati dai prodotti alimentari. Va smaltito diversamente dalla plastica, servirebbero contenitori solo per quello. Per questo abbiamo sensibilizzato parte dei comuni della provincia di Caserta, Corepla ci ha riconosciuto il progetto e così siamo autorizzati a ritirare cassette e manufatti abbandonati anche dal settore dell’ortoflorovivaismo, i contadini e i gestori delle aree agricole. Ci possiamo definire un’azienda a circuito circolare". Il brevetto Ete (Emulsified thermoplastics engineering) risolve almeno uno di questi problemi: "Questo nuovo processo ci permette di eliminare il cattivo odore che il polistirolo assume quando viene usato per imballaggi alimentari".

Un processo a bassa energia

Il polistirolo è composto fino al 98% di aria e per il 2% da un derivato del petrolio. Il processo messo a punto dal Cnr di Pozzuoli e sviluppato dalla società Res Nova Die, permette di ottenere una polpa da usare per inglobare altri rifiuti. Che funzionano come da ingredienti per ottenere, dallo stesso materiale di partenza (denominato Nu.ma.ter.), nuove soluzioni: "Tutto avviene a freddo, senza dover aumentare la temperatura – sottolinea Mario Malinconico del Cnr di Pozzuoli, che ha messo la firma sul brevetto – perché è un processo fisico, senza reazioni chimiche. Il polistirolo viene trattato con un solvente e ne ricaviamo un gel. Al suo interno riusciamo a caricare dei filler, altri materiali di scarto, che vengono inglobati al suo interno. L'aggiunta di calore serve solo per allontanare il solvente e ottenere il materiale composito che posso lavorare in molti modi, come una pasta". Poca energia, va da sé, significa meno costi di produzione.
Progetto "Fare luce". Gli studenti di Design dell'Università della Campania (foto: Mario Malinconico/Cnr Pozzuoli)
Progetto "Fare luce". Gli studenti di Design dell'Università della Campania (foto: Mario Malinconico/Cnr Pozzuoli) 

I materiali da "caricare" nel gel possono essere i più vari: "Si va dalle carboresine macinate, vetroresina, ai materiali da edilizia, polveri di lavorazione dei metalli e fibre tessili – continua Malinconico – che possono essere di difficile gestione. Questo processo infatti è nato per risolvere il problema di come smaltire le carboresine e vetroresine delle fusoliere degli aerei. Così abbiamo due flussi di materiali a fine vita che confluiscono in un nuovo materiale, economia circolare aperta, non lo stesso materiale che viene riutilizzato e riciclato e che quindi si degrada”. I filler spariscono dentro il gel creato da polistirolo (ma è un procedimento che può essere applicato anche ai policarbonati rae, per esempio, a basso costo e usati per oggetti prodotti in serie come le custodie dei cd, e abs, quella dei mattoncini Lego) e conferiscono al nuovo materiale proprietà diverse.

"Fare luce" a Marcianise

Una delle lampade in esposizione allo stand Corepla a Ecomondo, la grande fiera dell’economia circolare di Rimini, ha l’aspetto di una scultura di cartapesta. Guardandola bene, si notano le fibre della canapa, il filler usato in questo caso inglobato dal gel di nuova produzione. Sono state modellate dagli studenti del corso di laurea in Design dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli per il progetto "Fare luce", ideato da Maria D’Ambrosio per l’associazione F2Lab e curato con Francesca Castanò e Carla Langella per il Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale dell’Università della Campania che ha coinvolto l’artista giapponese Hirotsugu Aisu.
(foto: Mario Malinconico/Cnr Pozzuoli)
(foto: Mario Malinconico/Cnr Pozzuoli) 

"Ciascuna lampada fa luce e racconta pezzo di storia dell'area industriale di Marcianise – racconta D’Ambrosio, presidente di F2LAB e professoressa all'università suor Orsola Benincasa di Napoli – come la canapa, che richiama la vocazione del territorio degli anni passati. Con gli inerti di calcestruzzo, che richiamano l’area archeologica. I tappi in plastica… ognuna è un punto focale del territorio. È un percorso circolare che prende gli scarti della stessa area industriale e li rimette in questo circuito ri-produttivo e rigenerativo. Ed è collegato a un processo più ampio per la riqualificazione di Marcianise. Un piccolo esempio virtuoso in cui l’industria continua a fare l’industria ma diventa anche manifattura artigianato nel fare la materia".

"Marcianise era una zona industriale prestigiosissima – riflette Den Hende – che ora appartiene a un organismo obsoleto e immobile. Negli anni '60 Olivetti portò uno stabilimento qui, dove c’era solo canapa. La nostra azienda è nata come loro fornitore. Qui c’è stato il meglio che la Dc di quegli anni abbia saputo fare, c’erano 3M, Texas Instruments. Eravamo fornitori Indesit e Whirlpool. La prima crisi fu con Tangentopoli, e poi quella del 2009, che ha quasi spazzato via anche noi".

Anche un piccolo progetto come questo e un brevetto possono rappresentare un’opportunità di rilancio per un’area i cui fasti rimangono nel passato. Airpol, ovviamente, è in testa, con l’acquisizione della licenza di utilizzo del brevetto: "Pensiamo a una totale diversificazione dei prodotti, per l’edilizia con l’isolamento. Ma non solo. Un sogno nel cassetto è quello di creare complementi d’arredo e illuminazione utilizzando questa plastica".

D’altronde, se il brevetto mantiene quello che promette, potrebbe essere usato in molti settori: "Ci sono ovviamente dei colli di bottiglia con cui fare i conti, come la gestione del solvente, che è autorizzato ma va smaltito. Ma i campi di applicazione sono diversi – conclude Malinconico – abbiamo protocolli di collaborazione con Ucina (Confindustria nautica) per riciclo della vetroresina e poi con le federazioni della pesca Assoittica, Federpesca anche loro interessate a processi per recupero e riutilizzo del polistirolo espanso nella gestione del pescato. Si possono ottenere lastre sottili con effetti luminosi interessanti, specialmente usando come carica le fibre tessili. O combinata con scarti del marmo, polverizzati, per l’industria della pietra da arredo, per esempio per i pavimenti. Con questo processo abbiamo dimostrato che da una parte si decontamina il polistirolo e dall'altra gli possiamo dare una forma che lo predispone a un uso più nobile".