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La sesta estinzione di massa è in atto e va più veloce del previsto

Mentre si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente, dalle pagine di Pnas si alza un allarme sinistro: la sesta estinzione di massa sta galoppando molto più velocemente di quanto pensassimo

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Time for Nature, tempo per la natura. È questo lo slogan della Giornata mondiale dell’ambiente, la ricorrenza indetta nel 1974 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si celebra ogni 5 di giugno per ricordare la prima conferenza Onu sull’ambiente. Una giornata che è l’occasione per parlare di sostenibilità, cambiamenti climatici, tutela della biodiversità. E che, triste ironia della sorte, quest’anno coincide con la pubblicazione dell’ennesima notizia poco incoraggiante: un’équipe di scienziati della National Autonomous University of Mexico e di altri enti di ricerca ha appena confermato che la sesta estinzione di massa è in atto e corre più veloce di quanto ci si aspettasse.

Molto più veloce, purtroppo: tra il 2001 e il 2014, dicono gli autori del lavoro sui Proceedings of the National Academy of Sciences, si sono estinte circa 173 specie, 25 volte più di quanto sarebbe accaduto in condizioni 'normali' di estinzione. E gran parte della colpa è degli esseri umani.

“Quello che faremo nei prossimi vent’anni”, spiega Gerardo Caballos, primo autore del lavoro, “definirà il destino di milioni di specie”. Una bella responsabilità, insomma. Il lavoro è iniziato cinque anni fa, quando Ceballos avviò uno studio che, sulla base di stime piuttosto conservative, valutava la discrepanza tra i tassi normali di estinzione (il tasso di background) e quelli osservati nel mondo reale. All’epoca, il ricercatore scoprì che il tasso storico di estinzione dei vertebrati – che si attesta all’incirca su due estinzioni di mammiferi su 10 mila specie ogni 100 anni) era di almeno cento volte inferiore rispetto a quello osservato in quel momento. Il che, disse l’équipe, era una prova incontrovertibile che fosse in atto una grande estinzione di massa, la sesta nella storia del nostro pianeta: “Possiamo concludere”, scrivevano gli scienziati, “che i tassi di estinzione sono oggi eccezionalmente alti, e che stanno aumentando: la nostra osservazione suggerisce che la sesta estinzione di massa è già avviata”.

Oggi i ricercatori sono tornati sull’argomento e le conclusioni cui sono giunti, purtroppo, sono ancora più nere. Addirittura, dicono, i tassi di estinzione sono stati probabilmente sottostimati, e in futuro il fenomeno è destinato ad accelerare ancora, sempre più vertiginosamente. Nel loro studio, il team ha usato dati prelevati dal database della Iucn Red List of Threatened Species and Birdlife International per esaminare le popolazioni di vertebrati considerati sull’orlo dell’estinzione, ossia quelli per cui si contano meno di mille esemplari viventi.

Stando allo studio appena pubblicato, l’1,7% di tutte le specie note di vertebrati terrestri (515 in tutto) ricadono in questa definizione; la metà di loro conta meno di 250 esemplari superstiti. Per 388 specie le cose vanno leggermente meglio (contano tra i mille e i 5 mila esemplari), ma l’84% di questi esemplari vivono nelle stesse regioni delle 515 specie più in pericolo, il che li espone agli  stessi rischi in termini di distruzione della catena alimentare, deforestazione, inquinamento, cambiamenti climatici e così via. E dunque anche per loro si prospetta un futuro non certo roseo.

“Le strette interazioni ecologiche di specie a rischio”, scrivono ancora gli scienziati, “tendono a muovere sempre più specie verso la distruzione: è un effetto domino in cui ogni estinzione porta a nuove estinzioni. Circa il 95% della popolazione di 77 specie di mammiferi e uccelli a rischio sono scomparse nell’ultimo secolo. Supponendo che questa stima valga per tutte le specie, valutiamo che circa 273 mila popolazioni siano svanite dal 1900”.

Se le 515 specie più in pericolo dovessero sopravvivere per ancora pochi decenni (la stima che al momento sembra più attendibile) vorrebbe dire che, nel complesso, il tasso di estinzione sarebbe all’incirca 117 volte più alto di quello di background, una cifra ancora più alta rispetto a quella misurata cinque anni fa. Certo, non è ancora tutto perduto: “Non è ancora troppo tardi per rallentare il fenomeno”, concludono gli scienziati. "Se intraprendiamo subito azioni per ridurre la pressione umana sulla biosfera, per esempio imponendo divieti sul commercio di specie selvatiche, rallentando la deforestazione e allargando la definizione di specie criticamente a rischio a quelle con meno 5 mila esemplari, qualcosa forse potrebbe cambiare".