Lo smaltimento delle scorie nucleari è una questione rimasta aperta dal 1987, quando dopo l’esito del referendum, il nostro Paese chiuse i quattro siti nucleari, lasciando ancora oggi da smaltire 95 mila metri cubi di rifiuti radioattivi. Da allora, dopo continui rinvii, proteste e la condanna dalla Corte Ue per la mancata gestione dei rifiuti nucleari, solo il 30 dicembre 2020 la Sogin (società di Stato incaricata del dello smantellamento degli impianti nucleari) ha pubblicato l’elenco delle aree idonee ad ospitare in sicurezza i rifiuti radioattivi per i prossimi 300 anni.
A partire dal 5 gennaio ci sono 60 giorni per produrre delle osservazioni da parte dei cittadini alla cartografia dei siti proposti; si apre quindi una fase di consultazione, in cui si sperimentano per la prima volta le forme di dibattito pubblico. Un’innovazione di metodo fondamentale che dovrebbe garantire un governo delle regole chiaro, semplice e, soprattutto, non soggetto a mutamenti repentini nel tempo.
Scorie nucleari, quando i rifiuti diventano un'opportunità
E così per la prima volta in Italia, a fronte di una decisione tanto attesa quanto delicata, trattandosi della creazione di un deposito atomico destinato ad ospitare rifiuti nucleari, si è deciso di guardare al modello francese del débat public, come strumento di partecipazione, raccogliendo una sfida che è al contempo amministrativa e culturale. E’ stata colta l’esigenza di rafforzare sin dalle prime fasi della progettazione di un’opera, l’informazione e la partecipazione dei cittadini. Perché solo se coinvolgimento e partecipazione vengono garantiti fin dall'inizio, le scelte potranno essere perseguite con efficacia e tempestività. E se verranno accettate in fase decisionale, non potranno essere contestate a posteriori fino allo stallo.
In Francia il débat public esiste da venticinque anni, è stato introdotto dalla cosiddetta “legge Barnier” e non solo ha prodotto esperienze di successo, ma ha anche assunto la configurazione di un nuovo diritto di natura costituzionale all’elaborazione delle politiche pubbliche in materia ambientale. Ha funzionato per esempio con opere complesse come il collegamento ferroviario Parigi – Aeroporto Charles De Gaulle e gli impianti di rigassificazione del metano a Dunkerque. Il tempo medio di approvazione di grandi opere strutturali in Francia è circa 3/5 anni, in linea, dunque con i tempi massimi indicati dall’Unione Europea.
Nucleare, ecco come l'Italia entrò nel club dell'atomo
In Francia i grandi progetti infrastrutturali vengono sottoposti a un dibattito pubblico preventivo di 4 mesi con l’obiettivo di assicurare il principio della partecipazione pubblica nei progetti di interesse nazionale. I progetti vengono presentati e discussi in pubblico. Alla fine una commissione ad hoc presenta un resoconto e le decisioni sono il frutto delle richieste di chi ha partecipato al dibattito. Il debat public viene svolto una volta scelto il sito, ma prima del rilascio di qualsiasi autorizzazione amministrativa, ed è condotto da una apposita Commissione nazionale per il dibattito pubblico (CNDP), costituita nella forma di un organismo amministrativo autonomo. Il coinvolgimento della popolazione è considerato fondamentale, parte integrante dello stesso processo decisionale e non un mero potere di veto sull’opera.
Ma anche la Gran Bretagna non è da meno. Nel Regno Unito il sistema consultivo è stato riformato nel 2008 con il c.d. Planning Act che ha lo scopo di facilitare l’approvazione delle opere infrastrutturali. Il processo è diviso in due fasi: strategia e consenso nazionale sulle infrastrutture.
Tra l’altro, il processo consultivo che riguarda opere strategiche per il Paese viene spesso preceduto da c.d. White Paper e cioè un documento volto ad illustrare i motivi politici e gli obiettivi di una determinata scelta che il governo intende portare avanti. Tali documenti sono poi sottoposti ad una consultazione pubblica al fine di acquisire l’opinione della gente comune: si tratta di un modo di coinvolgere i soggetti interessati nel processo decisionale per arrivare ad una strategia condivisa.