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La Bce spinge per finanziare i progetti green

La Bce spinge per finanziare i progetti green
(ansa)
Francoforte discute una riforma innovativa e promettente: si sta decidendo se riservare gli acquisti di titoli obbligazionari (non azioni) emessi dalle società in regola con i criteri Esg e in particolare con i dettami che tutelano dal climate change. Insomma, le aziende che inquinano meno
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Il "corteo" dei finanziatori ai progetti "green" si arricchisce del carro più prestigioso, la Bce. E l'occasione è nientemeno che il Quantitative easing, l'ambiziosa operazione nata dal whatever it takes di Mario Draghi nell'estate 2012. Il Qe infatti non riguarda solo i titoli di Stato ma anche le obbligazioni private. Di cosa si tratta? Meno nota ma altrettanto strategica per i beneficiari è la quota di obbligazioni emesse dalle aziende comprese nel massiccio acquisto di titoli condotto dalla Banca centrale europea per creare base monetaria con cui rilanciare l'economia. E' una quota non maggioritaria: a tutt'oggi sono stati acquistati dalla Bce nell'ambito del Cspp (corporate sector purchase programme) poco meno di 270 miliardi. Che comunque sono in grado di decidere il destino per una fitta serie di società. La "fetta" maggiore del Qe, il Pspp (public sector purchase programme) ha intanto superato i 3100 miliardi. A questi sono da aggiungere altri 230 miliardi acquistati sotto forma di titoli bancari e derivati nell'ambito di altri due programmi ancora sempre compresi nel Qe, l'Abspp (asset-backed securities programme) e il Tcbpp (third covered bond purchase programme). L'intero Qe prosegue indefinitamente al ritmo di 20 miliardi al mese. Ma non è finita: in occasione della crisi Covid è stato varato il Pepp (pandemic emergency purchase programme) che prevede ben 1850 miliardi in acquisti suddiviso nelle stesse proporzioni e durerà fino al marzo 2022.

Bene, questo fiume di denaro viaggia in continuo da Francoforte in tutta Europa. Per la parte riservata alle aziende dei vari programmi è andata in discussione la settimana scorsa al consiglio direttivo della Bce, costituito dai membri del board compresa la presidente Christine Lagarde più i governatori delle 19 banche centrali dell'Eurozona, una riforma innovativa e promettente: si deve decidere se riservare questi acquisti (ripetiamo, si tratta della quota "aziende" del Qe) ai titoli obbligazionari (per le azioni il Qe è vietato) emessi dalle società in regola con i criteri Esg, e in particolare con i dettami che tutelano dal climate change. Insomma, le aziende che inquinano meno. Va detto che l'esito non è stato entusiasmante, e infatti le associazioni ecologiche si sono dette deluse. Però è stato lanciato il sasso e l'argomento non è più tabù.

Per il momento si è ritenuto opportuno continuare a limitarsi a una valutazione strettamente economica dei titoli e delle aziende coinvolte negli acquisti. Però un risultato importante, apparentemente solo tecnico e invece sostanziale, è stato raggiunto: l'aspetto "inquinamento" e in generale "sostenibilità" (esteso cioè a tutte le altre voci del caso, dal consumo totale di energia e acqua al rispetto delle regole anticorruzione e quelle a tutela delle donne e dei minori) sarà inglobato nei "modelli" a cui la Bce si ispirerà per i suoi acquisti. Quando? In un tempo non lontano: tutta questa riflessione rientra nella "strategic review" della Bce, in corso ormai da molti mesi (attraverso decine di audizioni e addirittura assemblee popolari ora sospese per la pandemia) e destinata a concludersi durante l'estate. La "review" è un momento cruciale dell'operatività della Bce: la precedente, nonché la prima perché la banca è nata solo nel 1998, risale al 2003.

Non è solo il Qe ad essere in discussione. C'è anche, ancora più importante perché destinata a essere strutturale mentre il Qe prima o poi finirà, la possibilità - e anche qui sono da riscrivere i "modelli" - che solo i titoli privi di "climate risk" siano ammessi nel "collaterale". Significa che quando una banca commerciale ritira i fondi dalla Bce per la sua normale attività, mette a garanzia un certo ammontare di obbligazioni o altri titoli che ha nel portafoglio: si cerca di far sì che questa garanzia si possa accendere solo con titoli "a prova di CO2", in linea con gli accordi di Parigi. Anche questa decisione è stata rinviata, però si è dato mandato ai tecnici della Bce di definire subito con la massima chiarezza quando un titolo si può considerare "green" ed essere quindi ammissibile al ruolo di "collaterale", come si chiamano le garanzie.

La discussione in sede di direttivo Bce è stata accesa, e coperta da riservatezza. Si è saputo per esempio che uno dei banchieri centrali aveva chiesto che la banca praticasse condizioni avvantaggiate di prestito alle banche che a loro volta prestano di più alle aziende sul territorio per scopi "environmentally friendly", e anche qui la decisione è stata posposta. Altrettanto è avvenuto su altre due proposte: che la Bce effettuasse un taglio sul valore nominale dei titoli che detiene quando questi fanno riferimento a un'azienda ad alto rischio climatico, e che vendesse immediatamente i titoli che detiene di aziende ad alte emissioni. Di sicuro c'è un risultato che è forse il più importante di tutti: si è accertato l'impegno della presidente Christine Lagarde, e l'ampio consenso sulla necessità di agire in tutto il direttivo. Una sensibilità pari insomma a quella della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha spinto personalmente perché la maggior parte dei fondi del Recovery Fund fosse destinata a iniziative "green". La stessa attenzione che arriva dal nuovo presidente americano Joe Biden, ma anche dal neo-premier italiano, che la Bce conosce meglio di tutti, Mario Draghi.