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"Metti il peperoncino nel fotovoltaico. Così il pannello è più efficiente"

(foto: Loic Venance/Afp via Getty Images)
(foto: Loic Venance/Afp via Getty Images) 
Ebbene sì, la capsaicina può migliorare le prestazioni della cella che produce energia solare. Lo spiega il fisico Jon Major, ricercatore all'Università di Liverpool, impegnato a sperimentare la chimica di base applicata ad una tecnologia in continuo sviluppo
4 minuti di lettura

Per migliorare le prestazioni dei pannelli fotovoltaici si possono usare ingredienti insospettabili: il peperoncino e un sale usato per preparare il tofu. A spiegarci il perché è un esperto del settore: il fisico Jon Major, ricercatore presso lo Stephenson Institute for Renewable dell’Università di Liverpool.

Jon Major, fisico e ricercatore presso lo Stephenson Institute for Renewable dell’Università di Liverpool
Jon Major, fisico e ricercatore presso lo Stephenson Institute for Renewable dell’Università di Liverpool 

Cosa c'entra il peperoncino con il fotovoltaico?

"Produrre celle fotovoltaiche significa lavorare con la chimica di base. Quindi capire i materiali: come sintetizzarli e le loro combinazioni. Molti materiali che finiscono nel cibo trovano un utilizzo in molte altre applicazioni chimiche. È il caso della capsaicina, che si trova nel cibo ma anche nella produzione di celle fotovoltaiche. Un altro esempio è l’acido citrico dei limoni, che si può trovare anche in vari processi chimici industriali. Le sostanze che generano sapore possono produrre anche altre interessanti interazioni".

Perché la capsaicina può migliorare i pannelli solari?

"Sembra che la capsaicina possa cambiare la densità degli elettroni in certe posizioni della cella solare. La cosa più importante nelle celle solari è gestire il flusso di elettroni. Ciò che succede nei pannelli solari è questo: hai dei fotoni che arrivano dal sole, e questi liberano alcuni elettroni. A quel punto tutto sta nel muovere questi elettroni nella direzione giusta, così da ottenere una corrente elettrica. Il modo per migliorare l’efficienza di questo processo è avere un’alta densità di elettroni in una certa area, e una bassa densità in un’altra area. Quindi si possono trovare diversi modi, come con la capsaicina, per aggiungere o togliere composti alle celle solari che fanno sì che si abbia una maggiore o minore densità di elettroni in certi punti. L’aggiunta di capsaicina ha permesso di ottenere delle celle fotovoltaiche con efficienza senza eguali".

Come si procede quando si vuole aumentare l’efficienza delle celle fotovoltaiche?

"Le celle solari hanno una struttura multistrato. In certi casi possono bastare solo 4 strati di materiali differenti, in altri casi di più. Ma anche con un numero ridotto di strati, produrre una cella solare è complesso perché si tratta di costruire uno strato su quello precedente. E se si cambia qualcosa in uno strato, ciò avrà un effetto sugli strati adiacenti: per questo è difficile prevedere gli effetti delle modifiche che si vogliono apportare a uno strato per migliorare il passaggio del flusso di elettroni. Bisogna fare esperimenti con i materiali degli strati e poi misurare l’efficienza con cui la luce solare viene convertita in corrente elettrica. Un gruppo di ricercatori della East China Normal University di Shanghai, in uno studio pubblicato su Cell, hanno ipotizzato che la composizione chimica della capsaicina potesse essere utile a questo scopo, e gli esperimenti lo hanno confermato".


Lei ha scoperto che un ingrediente del tofu può aiutare a costruire pannelli solari più economici…

"Un processo consolidato nella produzione di un tipo di celle fotovoltaiche che negli Stati Uniti sono prodotte su larga scala prevede una pellicola di tellururo di cadmio. Ma questo processo abbisogna di un composto chiamato cloruro di cadmio, che è tossico e carcinogeno. Alcuni anni fa abbiamo capito che in realtà il cadmio non era così importante: la parte importante era il cloruro. Così, col mio gruppo di ricerca, ci siamo chiesti: “Quali sono i composti non tossici che hanno un cloruro?”. All’inizio abbiamo pensato al cloruro di sodio, ovvero il sale da cucina. Però non funzionava bene. Allora abbiamo provato il cloruro di magnesio, un sale che si può recuperare dall’acqua marina e che viene usato anche come coagulante nella preparazione del tofu. E abbiamo visto che la cella fotovoltaica, se spruzzata con il cloruro di magnesio, aveva un’efficienza simile alle celle con il cloruro di cadmio. Ora: per rendere più competitive le celle fotovoltaiche puoi scegliere diverse strade. Puoi aumentare la loro efficienza, oppure puoi renderle meno costose in termini di materiali, oppure puoi togliere composti tossici dalla loro lavorazione: perché i composti tossici obbligano a tenere una serie di misure di sicurezza che impattano sui costi".

Quali altri composti chimici sono promettenti per il solare?

"Io ora sto lavorando sul seleniuro di antimonio. È un materiale molto interessante perché è composto da sottilissime strisce, larghe appena un paio di nanometri. La cella solare risulta così composta da minuscoli fili su scala nanometrica. Questa struttura aiuta a spostare gli elettroni nella direzione in cui vuoi farli muovere. Sto lavorando da qualche anno con questo materiale, ed è ancora presto per avere dei risultati definitivi, ma per ora sembra molto promettente. Quella delle celle fotovoltaiche non è una tecnologia statica: prima c’era il silicio, poi è venuto il momento del tellururo di cadmio, poi della perovskite. Adesso sembra il momento del seleniuro di antimonio. C’è una continua evoluzione, che lascia spazio anche a trovate che sembrano estemporanee come l’uso della capsaicina. La cosa importante è continuare a fare esperimenti per trovare ciò che funziona: fare predizioni è troppo difficile, meglio sperimentare".

Quali vantaggi offre per i pannelli solari il seleniuro di antimonio?

"Devo premettere una cosa: già da qualche anno cerco di ridurre dei materiali in nanofili da usare per le celle fotovoltaiche, perché i nanofili hanno delle proprietà interessanti, ad esempio offrono una superficie maggiore per l’effetto fotovoltaico. Però dopo molti tentativi abbiamo capito che quando riduci a nanofili dei materiali che, per così dire, “non vogliono” diventare nanofili, allora la cella fotovoltaica non sarà molto performante. Però esistono dei composti come il seleniuro di antimonio che hanno una struttura a strati che ricorda il grafene. Solo che è composta da sottili strisce. È la sua struttura naturale, ed è come se avesse una predisposizione ad essere trasformata in nanofili. Anche quando il seleniuro di antimonio forma una sottile pellicola, se la si guarda al microscopio si vedono tutte queste nanostrisce. Il trucco è fare in modo che puntino nella direzione in cui vuoi far muovere gli elettroni nella tua cella fotovoltaica. Non è semplicissimo, perché richiede una tecnologia e una fisica differente da quelle impiegate finora. Ma è molto promettente".


Ci sono ancora margini di miglioramento dell’efficienza per il fotovoltaico, o abbiamo raggiunto il limite?

"In realtà non c’è tutto questo bisogno di aumentare l’efficienza nella conversione tra luce solare ed energia elettrica: l’efficienza può restare quella che abbiamo oggi: il trucco è abbassare i costi. Il fotovoltaico negli ultimi 10 anni ha avuto un calo di costi notevolissimo, al punto che ormai il costo è equivalente a quello dei combustibili fossili. E per ora il merito è, più che di salti tecnologici, delle economie di scala".