L'inquinamento atmosferico favorisce la diffusione del Covid-19? Schiere di ricercatori in tutto il mondo hanno provato nell'ultimo anno a dare una risposta. E pur non essendo giunti a una conclusione definitiva, molti degli studi condotti confermano l'esistenza di una correlazione tra smog e contagi. L'ultima prova in tal senso arriva da una analisi incrociata dei dati epidemiologici relativi alla prima ondata di Covid in Lombardia e dei dati sulla presenza, nell'aria di quella regione, di particolato (PM10, PM2,5), ossidi di azoto e di zolfo. Lo studio, pubblicato sull'International Journal of Environmental Research and Public Health, è stato condotto dall'Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Cnr con il Gipsa-lab del Grenoble Institute of Technology e la Fondazione E. Amaldi.
"Abbiamo analizzato i dati forniti giornalmente da Istituto superiore di sanità e Protezione civile, riportando la distribuzione geografica nelle 12 province lombarde durante la prima ondata dell'epidemia, dal 24 febbraio al 31 marzo 2020", spiega Roberto Dragone, ricercatore Cnr-Ismn. "E parallelamente abbiamo studiato, a partire dal monitoraggio dell'atmosfera realizzato dalla rete di satelliti europei Copernicus, le concentrazioni giornaliere degli inquinanti atmosferici: PM10, PM2,5, ossidi di azoto, ossido di carbonio e di zolfo, ozono, ammoniaca. Ebbene: i risultati ottenuti mostrano una buona correlazione tra insorgenza dei sintomi da COVID-19, inquinamento atmosferico e condizioni climatiche registrati in Lombardia tra febbraio e marzo 2020". In particolare, 8-10 giorni dopo ogni picco di inquinamento atmosferico risulta esserci stato un picco anche nei contagi. Coincidenza o rapporto di casa effetto? "La correlazione è molto significativa dal punto statistico e tende a farci escludere che sia casuale", risponde Dragone.
Il caso Lombardo, con l'esplosione record di contagi nel marzo 2020, il doppio che nel resto d'Italia, aveva sin da subito fatto pensare che le condizioni ambientali, meteo e inquinamento, potessero aver giocato un ruolo nella diffusione del coronavirus. Proprio partendo dalla pessima qualità dell'aria nella Pianura Padana, frutto del micidiale mix di industrie traffico e assenza di venti, la statistica dell'Università di Harvard Francesca Dominici aveva condotto l'autunno scorso uno studio sugli Stati Uniti, arrivando alla conclusione che l'esposizione alle polveri sottili aumenta il rischio di mortalità da Covid dell'11%.
"Ci sono ormai pochi dubbi sul fatto che l'inquinamento peggiori la situazione", commenta Dragone. "Tuttavia non ci sono ancora abbastanza elementi per individuare il meccanismo esatto: se cioè le sostanze inquinanti 'veicolano' il coronavirus aumentandone la diffusione tra le persone. O se invece favoriscono i contagi perché debilitano i sistemi respiratori dei soggetti più deboli, rendendoli ancora più vulnerabili". E però nella comunità scientifica ci sono ancora pareri discordanti. "Questi studi sono necessariamente di tipo statistico, non si fanno conducendo esperimenti in laboratorio che si possono replicare", continua Dragone. "E i dati disponibili spesso sono solo quantitativi e non qualitativi: ci dicono per esempio quante sostanze inquinanti ci sono nell'aria, ma non che sostanze sono. Mentre conoscere la loro esatta composizione sarebbe importante per capire, per esempio, se e come interagiscono con le molecole di cui è fatto il coronavirus". E comprendere una volta per tutte il ruolo dello smog nella pandemia.