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Miniere in alto mare: Google, Bmw, Volvo e Samsung si impegnano a dire no

Miniere in alto mare: Google, Bmw, Volvo e Samsung si impegnano a dire no
Le quattro grandi aziende firmano l'appello del Wwf. Minerali e metalli nelle profondità degli oceani fanno gola alle aziende, ma è tempo di porre un freno allo sconvolgimento dei mari
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Un impegno a non peggiorare le cose. Quattro grandi multinazionali, Google, Bmw, Volvo e Samsung SDI, hanno appena sottoscritto un appello del Wwf a non prendere parte ad attività minerarie in alto mare, un impegno a non aggravare ulteriormente - con attività antropiche - le già precarie condizioni degli oceani.
 

Da anni si discute sulla possibile apertura al business dell'estrazione di minerali e metalli preziosi in mare, oggetti del desiderio e materie fondamentali per esempio nel campo della tecnologia e delle automobili. Cobalto, rame, nichel, manganese e altri che si trovano nelle profondità degli oceani fanno gola alle aziende a caccia di elementi chimici fondamentali per il progresso e che si stanno lentamente esaurendo, così come le terre rare, sulla terraferma. Ma gli oceani, già in declino per sovrapesca, crisi climatica e conseguente acidificazione e aumento delle temperature, nonché per le trivellazioni petrolifere e varie forme di inquinamento, potrebbero non reggere l'impatto di nuove attività antropiche destinate a sconvolgerli ulteriormente.

Secondo uno studio diffuso lo scorso anno da Fauna and Flora International (FFI), i piani finora proposti per l’estrazione nei fondali marini potrebbero causare infatti una perdita significativa di biodiversità e danni irreversibili ai fondali. Con una scarsa regolamentazione stringente e licenze esplorative già concesse, ecco che - tra ripetuti appelli che sono stati lanciati per esempio anche dal naturalista Sir David Attenborough a a vietare ogni estrazione in acque profonde - il Wwf internazionale ha lanciato una moratoria e un appello proprio per tentare di vietare la futura diffusione di questi processi.


 Google, BMW, Volvo e Samsung SDI sono le prime aziende globali ad aver sottoscritto l'appello. Come ricorda il Wwf, le società si impegnano dunque a non procurarsi minerali dal fondo del mare ed escludere l'utilizzo di materie prelevate dai fondali in futuro. La maggior parte di questi, che servono per esempio per produrre batterie, sono abbondanti a circa 5 chilometri di profondità in zone come Clarion-Clipperton nell'Oceano Pacifico settentrionale, area fra Hawaii e il Messico.
"Ma con gran parte dell'ecosistema delle profondità marine ancora da esplorare e comprendere, tale attività sarebbe  miope" ricorda l'associazione ambientalista, che parla della necessità di comprendere meglio i rischi delle estrazioni dal punto di vista scientifico e di escludere ogni estrazione sino a quando le alternative saranno esaurite.
 

Parlando con la Reuters, BMW ha affermato che le materie prime provenienti dall'estrazione in acque profonde "non sono un'opzione" per l'azienda, mentre Samsung SDI della Corea del Sud ha specificato di essere il primo produttore di batterie a sposare l'iniziativa Wwf.
 


Al momento, alcune compagnie minerarie per estrazioni offshore stanno già portando avanti lavori di ricerca e preparazione all'estrazione dopo aver ottenuto alcune licenze, fra queste DeepGreen, GSR e UK Seabed Resources (di Lockheed Martin), che sperano di poter avviare il business delle estrazioni, dichiarando in alcuni casi, come DeepGreen, che secondo loro l'estrazione in mare sarà più sostenibile di quella a terra perchè creerà meno rifiuti e consentirà un approvvigionamento maggiore di minerali.

In attesa di conoscere i futuri sviluppi delle estrazioni minerarie in alto mare, mentre l'associazione ambientalista plaude alle aziende che hanno deciso di sottoscrivere l'appello, alcune nazioni nel mondo stanno valutando la possibilità di concedere licenze estrattive a stretto giro: tra queste la Norvegia che potrebbe operare - fra i primi paesi al mondo - già dal 2023.