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Brasile, l'Amazzonia all'asta è un flop
(reuters)

Brasile, l'Amazzonia all'asta è un flop

La proposta puntava ad aprire la strada verso una privatizzazione della grande foresta pluviale. Secondo il Nyt solo 8 gruppi industriali hanno risposto. L'obiettivo puntava a 600 milioni di dollari, ne è stato raccolto solo uno

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Non riscuote grande successo l’asta voluta da Bolsonaro per vendere pezzi di Amazzonia ai privati. Un azzardo pensato per trovare i fondi che mancano nella casse pubbliche per gli esborsi dei sostegni durante le due ondate di pandemia che hanno creato un buco pericoloso nel bilancio pubblico. Suggerita dopo il vertice virtuale sul clima voluto dal presidente Biden, la proposta puntava anche ad aprire la strada verso una privatizzazione della grande foresta pluviale invocata a più riprese dal Blocco agroindustriale alla ricerca di nuove terre per i pascoli e le coltivazioni intensive di soia.

Il New York Times scrive che finora hanno risposto solo 8 gruppi industriali. Oltre a cinque brasiliani, ci sono state offerte della Carrefour, gigante alimentare francese, della Coca-Cola e della Heineken. Il programma "Adopt a Park" si prefigge di riscattare l’immagine ambientale del governo Bolsonaro, offuscata da tante prese di posizioni e attacchi alle ong che denunciavano le devastazioni degli incendi e dell’attività dei minatori illegali. L’obiettivo puntava a 600 milioni di dollari; ne è stato raccolto solo uno. Il ministro dell’Ambiente, Ricardo Salles, incriminato per reati ambientali dieci giorni fa, si mostra comunque fiducioso. “Molte di queste società e fondi di investimento che hanno firmato lettere di consenso”, ha affermato, “dimostrano la loro preoccupazione per l’Amazzonia. Adesso hanno la possibilità, con il progetto, di trasformare le loro dichiarazioni in azioni semplici e concrete”.

Il governo, secondo il quotidiano statunitense, ha messo in palio 132 riserve federali dell’Amazzonia. Un’idea non del tutto sbagliata per Claudio Maretti, ex capo dell’Istituto Chico Mendes per la conservazione della biodiversità, l’agenzia governativa che gestisce i parchi nazionali del Brasile e aiuta ad amministrare il programma.

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Il problema è che molte delle riserve messe all’asta sono state degradate della deforestazione illegale, dall’estrazione mineraria selvaggia, dall’accaparramento di terre. Maretti resta scettico. Mancano una seria pianificazione e la trasparenza che potrebbero renderlo efficace. Pensa che si tratti di un tentativo a budget ridotto “per lavare ecologicamente” la reputazione del governo in modo che possa “dire di aver fatto qualcosa”, spiega al New York Times.

Il contributo più sostanzioso è arrivato dalla Carrefour. La filiale brasiliana della holding della distribuzione alimentare ha detto di essere “orgogliosa” di donare più di 700 mila dollari al programma. Ha scelto la riserva del Lago di Cuniã, nello Stato di Rondônia. E’ abitata da una comunità tradizionale che si guadagna da vivere con la foresta. “La nostra idea”, ha spiegato al giornale Usa il vicepresidente Stéphane Engelhard, “è dimostrare che si può avere una foresta sostenibile senza distruggerla.