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La donna che da sola ha salvato 800mila ettari di foresta amazzonica

La donna che da sola ha salvato 800mila ettari di foresta amazzonica
La peruviana Liz Chicaje Churay ha ricevuto il Premio Goldman, riconoscimento a chi lotta in difesa di ambiente e biodiversità. La leader dei Bora, più volte minacciata, si è battuta per il territorio della sua etnia e ha portato il governo a proteggerlo
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Si chiama Liz Chicaje Churay, 38 anni, del popolo Bora, e vive poco fuori dal Parco Nazionale di Yaguas, nel nord est del Perú, ai confini con la Colombia. È la sesta donna a ricevere il Premio Goldman, l’ambizioso riconoscimento che ogni anno viene attribuito alle persone particolarmente impegnate nella difesa delle aree della biodiversità e minacciate dall’inquinamento e dalla distruzione per mano dell’uomo. Con lei è stato premiato anche Benjamin Rodriguez, leader della tribù Hitoto, morto l’anno scorso di Covid. Lo scrive la BBC nel suo sito della pagina Latinoamerica.

Liz è una dei sei attivisti che ogni anno vengono premiati in tutto il mondo per il loro impegno a difesa dell’ambiente. La leader dei Bora si è battuta con forza, tenacia e una certa dose di coraggio per il suo territorio insidiato dai soliti tagliatori di boschi e minatori illegali. Più volte minacciata, ha dovuto difendersi sostenuta solo dalla sua comunità indigena. La sua battaglia ha avuto poi una eco a livello internazionale mobilitando diverse associazioni internazionali. Il governo peruviano, a quel punto, si è fatto carico dell’impegno e ha condiviso gli sforzi della donna garantendole adeguata protezione e sostegno.

Nei territori amazzonici, isolati e immersi nella foresta pluviale, basta poco per rimetterci la pelle. Gli attivisti ambientali sono le vittime principali di agguati e omicidi mirati. “Ci abbiamo creduto, conosciamo il valore della nostra terra”, ha spiegato Liz emozionata per il premio. Ha difeso un territorio di 868.000 ettari (grande come il Parco di Yellowstone, negli Usa) dove sono presenti 3 mila specie di piante, 500 di uccelli e 500 di pesci. Un paradiso senza traccia umana. “L’idea di porre l’area sotto protezione ufficiale”, ha raccontato alla BBC la rappresentante indigena, “non era nuova. Ma ci sono voluti decenni prima che i gruppi indigeni che si erano coalizzati ottenessero il sostegno politico e quel territorio fosse dichiarato parco nazionale”.

La storia dei Bora è strettamente legata alla raccolta della gomma. All’inizio del secolo scorso, con l’avvento dell’automobile e le ruote, c’era stata una forte richiesta di caucciú che si trova a queste latitudini, Africa compresa. La tribù venne ridotta in schiavitù dai cercatori. Alcuni riuscirono a fuggire nella giungla più profonda e trovarono rifugio in quello che oggi è il Parco Nazionale di Yuagas. “Molti nostri antenati sono morti lì per mancanza di medicine e cibo mentre cercavano di attraversarlo per mettersi in salvo”, ricorda la signora Chicaje. “Per questo per noi è un luogo sacro e non possiamo sopportare di vederlo distruggere. Le piante e gli alberi sono poi essenziali alla sopravvivenza degli animali. Vanno difesi per salvare la Terra”. È stato grazie all’intervento della Marina peruviana se centinaia di minatori illegali alla ricerca di oro sono stati respinti mentre scendevano il fiume. Le loro draghe sono state sequestrate e distrutte”.