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Giungla nell'asfalto: la sorpresa 'vivente' tra binari e antiche mura

Giungla nell'asfalto: la sorpresa 'vivente' tra binari e antiche mura

Uno studio ha scoperto specie vegetali selvatiche rare e preziose che proliferano in luoghi all'apparenza poco ospitali, come le stazioni ferroviarie, e che vanno preservate

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Si fanno strada tra le fessure di antichi mattoni, si accalcano attorno alle pozze d’acqua, sopravvivono alle condizioni più avverse e non si bruciano nemmeno quando sfiorano i binari, roventi, nelle giornate più calde. Sebbene vengano spesso liquidate come sterpaglia infestante, le specie di piante che proliferano selvatiche negli angoli più impensabili della città sono più che mai vitali, per loro stesse e per gli altri.

E c’è qualcuno che, uscendo un po’ dal solito tracciato degli studi di botanica, ha deciso di studiarle: il risultato è una ricerca realizzata in tandem dall’Università Bicocca e dal Museo di Storia Naturale di Milano. In due anni di sopralluoghi e analisi, appena pubblicati sulla rivista internazionale Urban Forestry and Urban Greening, gli studiosi hanno censito il soprendente patrimonio di biodiversità che si nasconde tra vecchie mura, binari dei treni, strade ed edifici del capoluogo lombardo. Dove, cioè, le cesoie e la cura dei giardinieri non sono ancora arrivati: qui hanno scoperto una sorta di giungla urbana ricca di specie, a volte dannose e infestanti, certo, ma spesso anche preziose se non rarissime.

Meliloto giallo al Castello Sforzesco. Rodolfo Gentili
Meliloto giallo al Castello Sforzesco. Rodolfo Gentili 

L’osservazione è partita dal Castello Sforzesco dove, spiega Rodolfo Gentili, il ricercatore della Bicocca che insieme alla professoressa Sandra Citterio e al botanico del Museo di Storia Naturale Gabriele Galasso ha deciso di mappare il verde spontaneo della città, "un botanico del passato aveva segnalato una specie unica, lo Ieracio milanese (Hieracium australe), che oggi si trova soltanto tra le sue mura e in nessun’altra parte nel mondo".

E basta poco, soprattutto in questo periodo di fioriture, per scovarlo tra gli archi e le feritoie delle fortificazioni: un cespuglione puntellato di piccoli fiori gialli che sbocciano fino a settembre. È stato proprio Galasso, autore tra l’altro di un minuzioso inventario della flora milanese, a riscoprirlo e preservarlo. Sui rivellini poi, cioè lungo le murature poste a protezione delle porte del castello, c’è un’altra specie insolita per il clima padano, il cappero mediterraneo, con i suoi fiori bianchi e violacei.

Il rivellino del Castello Sforzesco di Milano è 'infestato' da piante di cappero mediterraneo. Federica Venni
Il rivellino del Castello Sforzesco di Milano è 'infestato' da piante di cappero mediterraneo. Federica Venni 

Il caldo torrido di questi giorni non li scalfisce, così come non intacca le altre “erbe” che crescono lungo i binari dei treni. "Abbiamo impiegato qualche mese per riuscire ad esplorare la biodiversità appena fuori dalle stazioni milanesi", racconta Gentili: "Era importante poter accedere ai binari in sicurezza e si è rivelato sorprendente, abbiamo trovato di tutto".

 

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Sulle rotaie e lungo le massicciate della Stazione Centrale, della Stazione Garibaldi e di quella di Lambrate, ci sono, oltre ai più comuni papaveri rossi, anche quelli gialli. Oppure, a ridosso delle vasche di lavaggio dei treni, nel ristagno d’acqua hanno trovato il loro habitat la “cannuccia di palude” e la Typha latifolia, una pianta acquatica tipica delle zone paludose che solitamente si trova nei fossati di campagna: "Ci aspettavamo, anche in base a studi precedenti, di trovare una buona ricchezza di specie ma non una varietà così marcata". E come mai tutta questa biodiversità in luoghi apparentemente ostili? "Perché c’è una presenza di tantissimi micro-habitat diversi e perché stiamo parlando di aree non gestite, dove la mano dell’uomo, cioè, non ha ancora disciplinato il verde".

Si tratta - e questo la ricerca lo spiega bene - di una biodiversità che va preservata perché molto utile a tutto l’ecosistema urbano: le specie ritrovate intorno alle ferrovie, ad edempio, hanno fiori perfetti per le api e altri insetti impollinatori che, è risaputo, in città non hanno vita facile. Il messaggio, dunque, è chiaro: "A regalare biodiversità in un ambiente cittadino non è soltanto il verde curato, ma anche quello spontaneo, che si adatta a vivere in condizioni proibitive per altre specie". Quale pianta, in effetti, sopravviverebbe ai cinquanta gradi percepiti sulle rotaie?

In Italia si sta iniziando ora a dare dignità alla flora urbana selvatica, ma ci sono alcune città europee che si sono già attrezzate: "In Inghilterra esistono persino manuali redatti dal ministero dei Trasporti che spiegano come gestire al meglio la vegetazione che prolifera sui binari". E non mancano le immagini, molto suggestive, dei vecchi percorsi abbandonati di Berlino o di New York, dove il verde spontaneo viene trattato alla pari di una bella aiuola di rose rosse.