Per le oltre 200 tribù indigene brasiliana è la mazzata finale. Rischiano di essere espropriate delle terre che assegna loro la Costituzione. Di essere travolte dall'esercito di tagliatori di alberi, minatori, industrie e multinazionali che puntano ai tesori nascosti nel sottosuolo della grande foresta pluviale. Un disegno di legge che cancella gli storici confini delle aree protette dell'Amazzonia è stato appena approvato dalla Commissione per la Costituzione, la Giustizia e la Cittadinanza del Senato. E' la legge PL 490/2007, rimasta per 14 anni nel cassetto e adesso, con l'estrema destra al governo, prontamente tirata fuori e spedita al Congresso. Se sarà approvata, come tutto lascia pensare, non è solo uno sfregio ambientale all'Amazzonia, e quindi al mondo intero, la cui sopravvivenza dipende in gran parte proprio dalla foresta pluviale. È l'atto conclusivo del genocidio di 300 mila indigeni da settimane sottoposti a una serie di aggressioni armate e di omicidi mirati.
Passata quasi sotto silenzio, la sua approvazione solleva adesso un vespaio di polemiche e allarmate reazioni tra gli ambientalisti di tutto il mondo e tra chi denuncia da tempo la politica sull'Amazzonia del presidente. Il Centrao, il blocco centrista del Parlamento che garantisce la maggioranza a Bolsonaro, passa all'incasso insieme al Blocco ruralista formato dai grandi proprietari terrieri, gli allevatori di bestiame, gli industriali della carne. Hanno bisogno di spazio per le loro mandrie, di terre fertili per le loro coltivazioni intensive di soia. Devono rompere i sigilli che garantiscono alle tribù indigene di continuare a vivere nelle aree che hanno sempre occupato evitando spesso contatti con l'esterno che hanno provocato malattie, infezioni, inutili violenze, stupri. Oltre agli incendi appiccati secondo una precisa strategia che avevano portato alla grave denuncia di tutto il Pianeta contro l'inerzia e la tolleranza del governo brasiliano.
Amazzonia, la lotta degli invisibili per la sopravvivenza contro petrolio e virus
Il nuovo disegno di legge è una forzatura costituzionale perché interviene su un caposaldo istituito proprio a difesa della minoranza etniche senza quella maggioranza assoluta richiesta. Stabilisce che le terre assegnate agli indigeni sono quelle occupate alla data del 5 ottobre del 1988. Per restare dove ha sempre vissuto ogni tribù deve quindi dimostrare una sorta di diritto di possesso. La cosa è difficile se non impossibile. Non esistono certificati di proprietà e anche se ci fosse qualcosa di scritto non sempre corrisponde al vero. Con gli anni gli indigeni sono stati costretti a spostarsi per sfuggire agli assalti dei garimpeiros, i cercatori d'oro illegali; fino al 1988 non avevano neanche capacità giuridica. Per il governo erano fantasmi. Adesso devono dimostrare di essere vivi, uomini e donne in carne e ossa, e di vivere nelle terre su cui hanno vissuto da decenni i loro avi.
"Ogni giorno con le pistole puntate contro per difendere l'Amazzonia: è la nostra vita"
Proprio oggi la sfida sui confini approderà anche al Tribunale Supremo Federale. Dovrà pronunciarsi su un ricorso che mette in discussione i diritti territoriali delle tribù indigene, alcuni dei quali non furono riconosciuti al momento dell'approvazione della Costituzione dopo vent'anni di dittatura militare.
Accerchiato dalle indagini sulla strage del Covid (oltre 500 mila morti) portate avanti dalla Commissione del Senato, al centro di oltre duecento richieste di impeachment che giacciono al Congresso, Jair Bolsonaro vive il peggior momento politico dei suoi tre anni di governo. E' stato sospeso l'uso del vaccino indiano Covaxin. Perché inefficace e perché è stato acquistato grazie a una lauta tangente. I sondaggi attribuiscono all'ex capitano dell'esercito il 30% dei consensi; il suo avversario Lula vola al 70%. Le prossime elezioni sono fra 15 mesi. C'è ancora tempo prima dell'ottobre 2022. Ma se vuole tentare la riconferma ha bisogno del sostegno di chi lo ha votato la prima volta. Gli stessi che gli chiedono mani libere in Amazzonia. Li deve accontentare. Gli indigeni non valgono la poltrona di Plantalto.