In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni
Emergenza clima

Le città non si adattano abbastanza in fretta al cambiamento climatico

L'accelerazione dei fenomeni meteorologici estremi è molto più rapida delle contromisure prese dalle aree urbane: in meno di 30 anni tre metropoli su quattro avranno un clima completamente diverso. E questo mette a rischio milioni di persone

4 minuti di lettura

Il cambiamento climatico amplifica minacce quali alluvioni, incendi boschivi, tempeste tropicali e siccità. Nel 2020 gli Stati Uniti hanno subito un record di 22 disastri metereologici e climatici, ciascuno dei quali ha provocato danni per almeno un miliardo di dollari. Finora il 2021 ne conta 18.

Mi occupo di problemi urbani e per molti anni ho studiato il rapporto tra città e natura. A mio avviso le città stanno diventando sempre più vulnerabili agli eventi metereologici estremi e ai cambiamenti permanenti nelle rispettive zone climatiche.

Mi preoccupa l'accelerazione del cambiamento climatico, molto più rapida delle contromisure prese dalle aree urbane. Nel 1950 la popolazione mondiale nelle aree urbane era il 30%; oggi è il 56% e si prevede un aumento al 68% entro il 2050. L'incapacità di adattare le aree urbane al cambiamento climatico mette a rischio milioni di persone.

Meteo estremo e cambiamento permanente delle zone climatiche

Come emerge dall'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, rilasciato ad agosto di quest'anno, il cambiamento climatico globale è diffuso, rapido e in accelerazione.

Per le città che si trovano alle latitudini temperate ciò significa un maggior numero di ondate di calore e stagioni fredde più brevi. Alle latitudini tropicali e subtropicali, stagioni delle piogge più intense e stagioni secche più calde. Sempre più città saranno minacciate dall'innalzamento del livello del mare.

Per le città di tutto il mondo c'è una probabilità molto più alta di eventi metereologici estremi. A seconda della posizione, nevicate o siccità più intense, carenze idriche, ondate di calore sfibranti, alluvioni più forti, più incendi, tempeste più violente e stagioni temporalesche più lunghe. I costi maggiori li sosterranno i residenti più vulnerabili: i poveri, gli anziani e chi ha meno risorse economiche e connessioni politiche per proteggersi.

Gli eventi estremi non sono l'unica fonte di preoccupazione. Uno studio del 2019 relativo a 520 città da tutto il mondo prevede che, se anche le nazioni limiteranno il riscaldamento a due gradi Celsius sopra i livelli preindustriali, le zone climatiche globali si sposteranno di migliaia di chilometri verso nord entro il 2050. Questo provocherebbe un cambiamento enorme dei regimi climatici annuali nel 77% delle città.
 

Per esempio, gli autori dello studio stimano che entro la metà di questo secolo il clima di Londra somiglierà a quello dell'attuale Barcellona, e Seattle sarà nelle stesse condizioni climatiche di San Francisco. In breve, in meno di 30 anni tre metropoli su quattro avranno un clima completamente diverso da quello per cui sono state progettate le loro infrastrutture e la loro forma urbana.
 

Uno studio simile sull'impatto del cambiamento climatico prevede per oltre 570 città europee un clima completamente nuovo entro 30 anni, caratterizzato da più ondate di calore e di siccità e da un rischio maggiore di alluvioni.

Mitigare il cambiamento climatico

Le reazioni delle città al cambiamento climatico ricadono in due grandi categorie: mitigare (ridurre) le emissioni che ne sono la causa principale, e adattarsi agli effetti inevitabili.
 

Le città producono oltre il 70% delle emissioni totali di gas serra, principalmente dovute al riscaldamento e al condizionamento delle abitazioni e al rifornimento di auto, camion e altri veicoli. L'urbanizzazione inoltre rende le persone più vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico.
 

Per esempio, a mano a mano che le città si espandono, si abbatte sempre più vegetazione aumentando il rischio di inondazioni e di innalzamento del livello del mare. In più si creano superfici impermeabili come strade ed edifici, che non assorbono l'acqua.
 

Così si contribuisce al rischio di alluvioni e si producono isole di calore urbane: zone dove le temperature sono più alte rispetto alle aree periferiche. Secondo uno studio recente le isole di calore urbane a Giacarta, in Indonesia, si sono espanse negli ultimi anni in parallelo al maggior numero di terreni destinati ad abitazioni, imprese, industrie e depositi.

Ma le città sono anche fonti importanti di innovazione. Il primo Premio Oberlander per l'architettura del paesaggio è stato assegnato il 14 ottobre 2021 a Julie Bargemen, architetta paesaggista statunitense, per aver reinventato siti urbani inquinati e abbandonati. E il prestigioso premio Pritzker per l'architettura quest'anno è andato agli architetti francesi Anne Lacaton e Jean-Phillipe Vassal, per aver creato edifici resilienti trasformando strutture preesistenti invece di demolirle e fare spazio a nuove costruzioni.
 

Appena venticinque città nel mondo sono responsabili del 52% totale delle emissioni urbane di gas serra. Concentrarsi su queste città può davvero fare la differenza per l'evoluzione a lungo termine del riscaldamento climatico.
 

Ovunque le città stanno cercando di realizzare molte e diverse misure di mitigazione: elettrificare il trasporto pubblico, raffreddare le abitazioni con edifici verdi, introdurre norme edilizie volte a ridurre l'emissione di carbonio. Credo che queste tappe debbano farci sperare bene sul futuro a medio e lungo termine.

Un adattamento troppo lento

Viceversa, l'adattamento a breve termine è molto più stagnante. Con ciò non intendo dire che sia assente. Per esempio, Chicago sta sviluppando norme per prevenire il clima più caldo e umido: riasfaltare le strade con materiali permeabili che permettano all'acqua di filtrare nel suolo sottostante; piantare alberi che assorbano gli inquinanti atmosferici e i deflussi delle acque piovane; fornire agevolazioni fiscali per l'installazione di tetti verdi da impiegare nel condizionamento dell'aria. Progetti simili sono in corso altrove nel mondo.
 

Ma cambiare forma alle città in modo tempestivo può avere costi altissimi. Per rispondere ai cedimenti degli argini che hanno inondato New Orleans nel 2005 durante l'uragano Katrina, il governo statunitense ha speso più di 14 miliardi di dollari nella costruzione di un sistema migliorato di controllo delle alluvioni, completato nel 2018. Molte alte città devono affrontare minacce analoghe ma raramente (in particolare nei paesi in via di sviluppo) possono permettersi programmi così ambiziosi.
 

Anche il tempo diventa una risorsa cruciale considerato il ritmo di accelerazione del cambiamento climatico. Nell'Unione Europea il 75% circa degli edifici ha scarsa efficienza energetica. Un rapporto del 2020 della Commissione europea prevede che ci vorranno 50 anni per renderli più sostenibili e resilienti alle nuove condizioni climatiche.
 

Le infrastrutture urbane costruite per regimi climatici non più validi ed eventi metereologici meno estremi possono essere modificate nel migliore dei casi a un tasso del 3% l'anno. Con questo ritmo, difficile da mantenere perfino per le città più ricche, serviranno decenni prima che siano più sostenibili e resilienti. E i cittadini più vulnerabili vivono in città in forte espansione nei paesi in via di sviluppo come Dacca nel Bangladesh, Lagos in Nigeria e Manila nelle Filippine, dove i governi locali raramente dispongono di risorse sufficienti per effettuare quei cambiamenti costosi di cui avrebbero bisogno.
 

Per rifare le città del mondo alla velocità necessaria per reagire agli eventi estremi e al nuovo clima occorre investire moltissimo in nuove idee, pratiche e competenze. Io credo che questa sfida sia una crisi ecologica ma anche un'opportunità economica, una possibilità per rendere le città più eque in questo secolo e nel futuro.


* Professor, School of Public Policy, University of Maryland, Baltimore County
Questo articolo è tradotto da The Conversation. Per leggere l'articolo (in inglese) vai qui