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Carlo Ratti: "Reti e sensori per capire i bisogni delle città in tempo reale"

Secondo l'urbanista dell'Mit di Boston "la progettazione deve usare le reti e diventare un processo plurale sia connettendo professionisti di altre discipline sia i cittadini"
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Carlo Ratti preferisce chiamarla "Senseable city", una città progettata in modo di "sentire" i bisogni dei cittadini. Ma in che modo? Attraverso l'intelligenza artificiale. L'uso di algoritmi e grandi quantità di dati, grazie ai quali architetti e urbanisti possono interpretare e ripensare fenomeni urbani complessi per fare fronte a sfide che hanno bisogno di risposte innovative. È questa l'idea del professor Ratti, architetto, saggista, tra i più ascoltati protagonisti del dibattito sull'influenza delle nuove tecnologie in campo urbano, direttore del Senseable City Lab al MIT di Boston.


"La raccolta dei dati che ci arrivano dalla rete, elaborati dall'intelligenza artificiale, ci danno la possibilità di leggere lo spazio fisico: le città e i bisogni delle comunità, in tempo reale. Pensiamo solo a  quanto siano importanti i report sulla mobilità se dobbiamo ripensare un centro urbano in chiave di sostenibilità. Le tecnologie digitali ci aiutano a realizzare progetti architettonici e urbanistici in grado di rendere le nostre città più sostenibili, ma anche più efficienti. Dobbiamo lavorare perché la tecnologia sia  legata alla sostenibilità ambientale e ai bisogni delle persone".


Lei è ottimista sul futuro delle città. Il suo progetto su Helsinki dimostra  che possono diventare il banco di prova per nuove idee?
"L'attrattiva delle grandi città è ancora forte, ma per affrontare le sfide non possono replicare scelte  del passato. Che non funzionano più. Il sindaco di Helsinki, ad esempio, per decarbonizzare il sistema di riscaldamento invece di scegliere una delle soluzioni già prese da altri, ha voluto scoprire quali fossero le proposte più innovative in tutto il mondo. Un modello che potrebbe essere replicato in Italia. Purtroppo, però nonostante molti sindaci stiano facendo scelte innovative, si tende a guardare più al passato, ma in un mondo che cambia così velocemente è un approccio che non funziona più".


Cita spesso i masterplan digitali. Sono i futuri piani regolatori?    
"Sono progetti urbanistici che non fanno solo riferimento alla città costruita, ma pensano alla città nel suo complesso: nella sua dimensione immateriale oltre che fisica. Anche in questo caso la tecnologia ci permette di fare un passo in più: creare una maggiore comunione tra l'artificiale (gli edifici, gli oggetti) e la natura. Veniamo da decenni di separazione tra questi due mondi che ora devono convergere. Cosa significa? Vuol dire che quando progettiamo un edificio dobbiamo capire le esigenze di chi ci abita e questo vale per le città. Per questo sono convinto della condivisione dei piani con i cittadini. La sostenibilità è ambientale, ma anche sociale".


Questo implica un cambio di ruolo di architetti e urbanisti?
"La figura del professionista che prendeva decisioni per un'intera città e che avrebbero cambiato la vita di milioni di persone senza nemmeno interpellarle, è tramontata. Oggi la progettazione deve usare le reti e diventare un processo plurale sia connettendo professionisti di altre discipline sia i cittadini. Interdisciplinarietà è la parola chiave per affrontare la sfida del cambiamento climatico. Queste professioni possono ancora avere un ruolo chiave, ma devono reinventarsi, altrimenti saremo destinati all'oblio".

La mobilità rimane l'elemento essenziale da risolvere per una città più sostenibile. Come dobbiamo ripensarla?
"La mobilità sta cambiando e lo vediamo dai dati che ci arrivano in tempo reale dalle città. Una delle cose più interessanti è che oggi sta diventando on demand. Ossia, si tende a non più avere solo un'auto grande, usata magari da una sola persona, ma prendiamo ciò di cui abbiamo bisogno in quel momento: bici, un'auto piccola, un monopattino, i mezzi pubblici. Significa che dobbiamo pensare ad una mobilità con una maggiore diversità. Solo partendo da questi dati possiamo pensare a nuovi piani urbanistici. E far diventare le città sostenibili".