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Il buon esempio di Mancasale, il depuratore che porta l'acqua reflua ai campi raddoppia

Il buon esempio di Mancasale, il depuratore che porta l'acqua reflua ai campi raddoppia
L'impianto pilota di Ireti in Emilia Romagna fornisce all'agricoltura 7 milioni di metri cubi da marzo a settembre, entro pochi anni saranno 14. Solo il 5% dell'acqua depurata viene riutilizzata in Italia, un potenziale di 9 miliardi di metri cubi che finiscono nei fiumi o in mare
3 minuti di lettura

Il depuratore di Mancasale (in provincia di Reggio Emilia) è stato il primo in Emilia Romagna a irrigare i campi attorno. Il progetto è nato nel 2015, frutto di un accordo tra Regione, Ireti, il gestore del gruppo Iren, Consorzio di Bonifica dell'Emilia Centrale e Atersir, dal 2016 fornisce alle campagne 7 milioni di metri cubi da marzo a settembre. E nei prossimi anni raddoppierà a 14 milioni, a pieno regime, grazie ai fondi regionali e del Pnrr. Sarebbe una risorsa importante soprattutto in periodi di siccità. Nonostante ci siano le tecnologie di depurazione avanzate per riutilizzarne nove miliardi di metri cubi.

Secondo un recente rapporto Utilitalia, si riutilizzano infatti solo il 5% delle acque depurate (475 milioni di metri cubi), il resto finisce nei fiumi e in mare. E su 18.140 impianti di depurazione, appena 79 hanno la tecnologia per fornire acque "buone" per usi come l'irrigazione in agricoltura e di campi da golf, o attività che vanno dalla pulizia delle strade ai i cantieri navali. Tutto questo potrebbe già succedere con altri impianti Iren, in Liguria, come spiega Fabio Giuseppini, amministratore delegato di Ireti, ma per i quali si attendono ancora la fine degli iter per gli accordi di programma. E intanto si scarica a mare.


Come si depura l'acqua per poterla usare per irrigare i campi?
"Nei classici impianti il refluo esce con parametri stabiliti per essere restituiti all'ambiente. Tecnicamente il trattamento terziario avviene in coda all'impianto tradizionale: una filtrazione a sabbia, trattamento con acqua ossigenata H2O2 e lampade a raggi UV. È un ulteriore passaggio, più spinto e ha un costo più alto, che consente di disinfettare acqua del depuratore e restituirla per usi irrigui".

Quanto pesa in termini economici?
"Nel tempo sono fatti molti investimenti di miglioramento e integrazione. Comunque pochi punti percentuali. Per dirla in maniera un po' brutale, nel momento in cui il gestore scarica nell'ambiente secondo i valori stabiliti dalla tabella del decreto 152 del 2006, con un impianto tradizionale, chi ce lo fa fare di fare altro? Con l'accordo di programma l'autorità ambito ha dato l'ok per un ulteriore contributo con copertura finanziaria, un accordo tra tutti quanti per cui va bene andare oltre la normativa per un utilizzo ancora superiore rispetto al servizio integrato.

Parliamo in termini di acqua riutilizzata. Quanto si può risparmiare?
"Ora parliamo di sette milioni metri cubi di acqua redistribuita a uso irriguo. Un domani, diciamo tra due o tre anni, con il raddoppio approvato, saranno 14 milioni di metri cubi di acqua per l'irrigazione su un totale di 19 depurati".

Serve costruire infrastrutture per portare l'acqua ai campi?
"Il refluo riutilizzabile in agricoltura dell'impianto di Mancasale finisce nel sistema di canali irrigui del consorzio di bonifica che copre 2.000 ettari. Se bisogna andare in fondo alla provincia, dove non arrivano i canali, è necessaria un'infrastruttura dedicata alle reti di irrigazione. Per applicare la tecnologia a livello nazionale serve invece una progettazione rigorosa di tubature per dividerla dall'acqua potabile e da quelle industriali".

Secondo il rapporto Utilitalia, si riutilizza solo il 5% di acque depurate, nonostante ci sia la possibilità, come a Mancasale. Perché?
"Quello in Emilia a Mancasale è un esempio dell'accordo di programma tra Regione, Provincia e Consorzio di bonifica e gestore e autorità ambito. Siglato nel 2015 e rinnovato nel 2019. Un accordo che ha funzionato per stabilire regole che garantissero la qualità delle acque. In Liguria, dove gestiamo altri impianti, l'iter autorizzativo è molto più indietro".

Per quale motivo?
"C'è un tavolo tecnico in piedi da tempo per un accordo di programma, un iter che ora la Regione sta accelerando perché se ne è compresa l'importanza. In Liguria i depuratori nascono già pronti per l'utilizzo irriguo perché per motivi di spazio (in Liguria ce n'è poco) abbiamo realizzato e stiamo realizzando depuratori con il sistema a membrane, che fanno ultra filtrazione già nella fase di depurazione ordinaria, per sostituire il sedimentatore tradizionale. Quindi già queste acque potrebbero essere usate per irrigare. In Liguria non ci sono i campi che troviamo a Reggio Emilia, ma ci sono i porti e i lavaggi delle barche, i campi da golf per i quali ancora si usa acqua potabile".

Che altrimenti scaricano a mare? Quali impianti avranno questa possibilità?
"Sono tanti, a Genova abbiamo costruito quelli di Quinto, Recco, Rapallo e Santa Margherita. Poi stiamo costruendo Sestri Levante e Chiavari. Dal Levante di Genova fino a tutto il Tigullio gli impianti di depurazione saranno tutti a membrana, quindi tutti con acqua che adesso destiniamo alla condotta sottomarine fino a che non avremo l'autorizzazione per usarle diversamente. Intanto noi la stiamo usando per la pulizia all'interno dei nostri impianti".