GENOVA - Il rigassificatore? Sì, ma solo sulla nuova diga e lontano dalla costa. Il desalinizzatore? Un'occasione per assicurarsi "il petrolio del futuro", l'acqua potabile. Un impianto da realizzare in area portuale per servire anche la Pianura Padana. Così parlò Marco Bucci: prima del comizio di Matteo Salvini al porto antico, domenica sera, il sindaco di Genova ha risposto alle domande dei cronisti su alcuni possibili insediamenti di impianti in città.
E ha fatto capire come l'intenzione dell'amministrazione sia quella di puntare su una tecnologia, quella della desalinazione delle acque, che in Italia è ancora molto poco utilizzata. Indicando anche dove potrebbe essere realizzato: "Se mi danno le aree ex Ilva - ha detto Bucci - ci posso fare un sacco di cose. Abbiamo le competenze, abbiamo l'acqua di mare e anche gli spazi". Secondo il primo cittadino, si dovrebbe puntare sul riutilizzo delle acque in uscita dai depuratori, integrandole con l'acqua marina: "Ogni anno dai nostri depuratori finiscono in mare 45 milioni di metri cubi d'acqua a fronte di un consumo cittadino di 25 milioni. Se pensiamo di prendere dal mare altrettanta acqua e renderla utilizzabile, avremmo una ricchezza enorme di acqua dolce".
I nodi tecnici e la questione aree
Il tema non è nuovo: Bucci ne aveva parlato nei giorni dell'emergenza siccità a luglio. E la proposta era stata rilanciata, non a caso, anche dall'amministratore delegato del colosso Webuild Pietro Salini: "Questa è una città speciale da cui può partire un grande progetto per risolvere la crisi idrica in Italia", aveva detto. "Perché non fare dissalatori anche in Italia? Oggi il riscaldamento globale significa meno pioggia e meno acqua in una prospettiva di lungo termine, e il problema non si può gestire con metodi tradizionali. In Italia meno del 4% dell'acqua viene da impianti di dissalazione, in un Paese simile al nostro come la Spagna questa percentuale sale a oltre il 56%. Genova è la città da cui partire". Oggi i desalinizzatori sono diffusi soprattutto nei paesi della penisola arabica e nel Maghreb, dove la risorsa acqua scarseggia. Questo perché per produrre acqua potabile dal mare serve energia, e parecchia. Il costo finale è di 2-3 euro per metro cubo di acqua potabile. Non solo: il residuo della desalinizzazione è la salamoia ipersalina che se dispersa in mare in grandi quantità rischia di compromettere l'ecosistema marino. Questioni che, se l'idea di Bucci non si fermerà a semplice suggestione, dovranno essere affrontate.
C'è poi il tema delle aree: come è noto il sindaco e l'Autorità portuale premono da tempo per utilizzare gli spazi non utilizzati dalle acciaierie, ma anche di recente l'amministratore di Acciaierie d'Italia Franco Bernabé ha ribadito che "le aree ci servono tutte". E allora gli spazi disponibili per un impianto del genere sul fronte mare genovese sarebbero tutti da trovare. Non solo: con il nuovo governo che uscirà dalle elezioni si dovrebbe riaprire il capitolo spinoso della revisione dell'Accordo di programma sulle aree ex Ilva. Un argomento su cui mette in guardia il segretario del Pd genovese Simone D'Angelo: "Bucci lo ha messo nel suo programma", dice, "ma per intervenire sull'Accordo di programma serve il consenso del governo e dei lavoratori delle acciaierie".
Il rigassificatore? Solo sulla diga
Il sindaco invece nella stessa occasione ha bocciato di fatto, almeno per i prossimi anni, l'idea di un rigassificatore a Genova: "Il rigassificatore si può fare, ma di certo non lo metteremmo a Multedo, dopo la fatica che facciamo per traslocare i depositi chimici". Un'idea sarebbe quella della nuova Diga del porto, ma solo tra qualche anno: "Un rigassificatore galleggiante, con i tubi collegati alla costa, lì andrebbe benissimo. Ma va considerato che la Liguria ne ospita già uno a Panigaglia e potrebbe averne un altro anche a Vado", è il commento del sindaco di Genova.