Giulia Segurini, 29 anni, da Ravenna è volata fino all'isola di Siquijor, nelle Filippine. Salvatore Branda, 34enne di Cosenza, ha scelto Swellendam, Sudafrica. Carmine Esposito, 28enne napoletano, la Patagonia cilena. Stefano Di Salvo, 50enne genovese, Seul. Segurini, Branda, Esposito e Di Salvo sono i protagonisti di Spaghetti, dell'altro mondo, la webserie de Il Gusto che racconta di cuochi italiano all'estero, in posti fuori dalle rotte culinarie più battute. Persone che hanno preso i loro risparmi e con un pizzico di azzardo hanno avviato le loro attività in luoghi che fino a poco prima erano solo dei punti lontani sul mappamondo. Alcuni hanno avuto la folgorazione durante una vacanza. Altri hanno seguito il partner. Episodio dopo episodio, spiegano come è portare avanti un business a migliaia di chilomentri da casa.
Raccontano di contaminazioni, incontri, difficoltà, soddisfazioni. Di preparazioni che iniziano la mattina presto, di personale da formare stando attenti al modo di porsi, dell'effetto Lost in Translation iniziale e della sensazione di integrazione cresciuta nel tempo. Cinque minuti - più o meno - di video per portare il lettore nel loro mondo dove ogni giorno cercano di conquistare nuovi palati.
EPISODIO 4. "Questo è il nostro ristorante, siamo sulla strada principale di Siqijor, laggiù. a dieci minuti a piedi c'è il mare. Abbiamo scelto questa isola perché c'è un'atmosfera molto rilassata e poi perché avevamo letto che presto ci sarebbe stato un aeroporto".
Giulia Segurini, 29enne di Ravenna, racconta la sua "altra vita" come proprietaria, insieme al marito Nicola Franchini, del ristorante-resort Dolce Amore. Di come è stato lasciare l'Italia, il posto fisso, azzerare tutto e ricominciare in un luogo dove non c'è nemmeno il supermercato. Del terreno che hanno comprato, dell'edificio che hanno costruito e di come è stato inserirsi nella comunità. "All'inizio ai miei collaboratori mi rivolgevo in un modo e in un tono per me 'normali' ma che invece per loro erano molto duri. Nella prima settimana, qualcuno piangeva, qualcuno addirittura si è licenziato. Ho cercato subito di correre ai ripari, ho capito che il sorriso e la gentilezza qui vengono prima di tutto".
Da allora sono passati 4 anni. Nel locale, in alta stagione, lavorano circa 20 persone. "L'attività sta andando molto bene", afferma la cuoca, che ricorda i primi commenti di genitori e amici rispetto alla loro scelta di vita e di lavoro: "Ci dicevano che eravamo pazzi, che mio marito non doveva lasciare il suo posto fisso in finanza. Ora sono contenti per noi". E scoppia a ridere.
EPISODIO 3. "Ecco qui abbiamo i prosciutti, le mortadelle, i salami. Questo è il limoncello fatto da me. Faccio in casa anche il pane e la pasta li faccio io. Pure la ricotta". Stefano Di Salvo cammina nel suo ristorante Borgo Hannam al primo piano di un palazzo nel quartiere di Hannamdong, a Seul. Lo ha aperto alla fine del 2019. "Sono venuto in Corea per lavorare in un albergo. Poi ho conosciuto mia moglie e allora ho deciso di restare e di avviare una mia attività".
Episodio 3. Da Genova a Seul: "Il mio ristorante, mia moglie e le parole che so dire in coreano"
Trentadue posti, sette dipendenti, clienti del posto. "Vengono dirigenti, liberi professionisti, attori. Una volta è venuto a cena il protagonista di Squid Game. I cuochi italiani sono molto apprezzati, i coreani adorano la nostra cucina".
Come è vivere a Seul? "Io ci sto bene - racconta Di Salvo - è una metropoli dinamica, ben organizzata". In coreano - ammette - sa dire solo poche parole: buon appetito, vai a sinistra, vai destra. Con i suoi collaboratori comunica in inglese. "In generale in Corea c'è molto rispetto per chi è più grande, e in cucina è lo stesso: i miei dipendenti hanno molto rispetto per il capo. Mi rispondono sempre di sì. Il problema è che a volte lo dicono anche se non hanno capito bene la mia richiesta", dice sorridendo il cuoco venuto da Genova.
EPISODIO 2. "Ecco il nostro edificio. Dietro ci sono le montagne. Il mare è a un'ora di auto da qui". Salvatore Branda si riprende con il telefono e nel video fa entrare sia la sua faccia sia la sua casa bianca in stile coloniale circondata dal verde. A pochi chilometri ci sono fattorie e aziende vinicole dove Branda va a fare la spesa. Poi il trentaquattrenne di Cosenza entra dentro e inizia a raccontare del perché ha aperto un ristorante e guest house a Swellendam, Sudafrica.
Episodio 2. Da Cosenza al Sudafrica: "Ero in vacanza, ho visto questa casa: ora è il mio ristorante"
La passione per la cucina è iniziata quando era piccolo. "Osservavo mia nonna. La cucina era il mio parco giochi", racconta. Ventenne lavora in un ristorante stellato a Vibo Valentia, poi in Svizzera dove conosce sua moglie Nina. Nel 20017 i due fanno un viaggio nel Paese di origine di Nina, il Sudafrica. Passano per caso a Swellendam, cittadina immersa nella natura. Vedono la casa bianca ed è colpo di fulmine. La comprano ci vanno a vivere e fanno partire le loro attività di ristorazione e ospitalità.
La Sosta ha venti coperti, nello staff lavorano in sei. "Arrivando qui mi sono dovuto confrontare con una attitudine al lavoro un po' più rilassata rispetto alla mia. Mi sono dovuto adeguare perché è giusto così. Però ho cercato di trasmettere ai miei dipendenti l'importanza di quello che facciamo tutti i giorni. E i risultati sono arrivati: il nostro locale su TripAdvisor a inzio anno, nella classifica dei ristoranti raffinati di tutto il continente africano, ha conquistato il terzo posto".
EPISODIO 1 - "Vivere qui è come essere in un film di Checco Zalone, la cosa più difficile è il freddo". Carmine Esposito è il proprietario della Napoli Pizzeria Italiana a Puerto Natales, cittadina di 20.000 abitanti nella punta estrema del Cile, al confine con l'Antartide. "La fine del mondo", come dice lui sorridendo.
Episodio 1. Da Napoli alla Patagonia: "Benvenuti nella pizzeria più a sud del pianeta"
Napoletano, 28 anni, a 20 lavorava in un ristorante a Bournemouth, in Gran Bretagna. Faceva le pizze. Romina Guineo, una ragazza argentina, era cameriera. Colpo di fulmine, matrimonio e un figlio, Giovanni, che ora ha 3 anni. In mezzo un progetto di vita e di impresa importante: aprire una pizzeria nel luogo dove la moglie trascorreva le sue vacanze da bambina, appunto Puerto Natales, posto turistico perché base di partenza per visitare il parco nazionale Torres del Paine. "Tu sei bravo, basta lavorare per gli altri, apriamo una cosa nostra in Patagonia", è la frase con cui Guineo convince il marito.
Soldi da investire, 5mila euro. Per fortuna una signora affitta alla coppia un locale a un prezzo accessibile. E' fatta. Nel 2017 si parte. La pizzeria diventa un punto di riferimento per i clienti locali. "All'inizio prendevano una pizza per dividerla in quattro. Poi col tempo hanno capito che una pizza intera è per una persona sola, perché il mio impasto è leggero", puntualizza con una certa soddisfazione il pizziaolo figlio di un pizzaiolo. Ma come è Puerto Natales? Come è viverci? Esposito prende il telefono e filma il suo locale, l'esterno, la via che porta in centro. Poi seduto al centro della sua pizzeria parla di carne di guanaco e mozzarella argentina, di farina made in Italy, di pomodori raccolti nella fattorie vicine.