Le fermentazioni in Amazzonia sono diverse da quelle della cucina nord-europea, e guai a tentare ogni tipo di paragone: all'altro capo del mondo il clima caldo e umido gioca un ruolo decisivo e la fermentazione avviene spontaneamente, e così pure quella biodiversità che porta ingredienti infiniti. Una sperimentazione contemporanea che alimenta il successo, e ancor più la curiosità, di Alex Atala, tanto da generare una filosofia complessa e molto più estesa rispetto ai confini del suo Brasile: biodiversità e sostenibilità sono concetti centrali, con il recupero e la valorizzazione degli ingredienti della cultura nativo-americana (del Sud, s'intende) anche con l'utilizzo di tecniche di cucina globali, in larga parte occidentali.
Del resto Atala, chef-patron di D.O.M. (Deo Optimo Maximo) a São Paulo - fra i 50 Best Restaurants dell'America Latina, in posizione 33 - è un cittadino del mondo: le sue origini contemplano antenati brasiliani e palestinesi, e un papà con la passione per la caccia, la pesca e che lo portava fin da piccolo a raccogliere i frutti nella foresta: “L'approccio con gli ingredienti dell'Amazzonia è iniziato da lì, ed è stata una grande fortuna” racconta a Il Gusto. “Poi sono andato a vivere in Europa, dove ho imparato a cucinare e scoperto l'orgoglio delle cucine nazionali: la francese, la spagnola e l'italiana. Sono stato in Belgio, in Francia, per due anni in Italia dove ho lavorato in alcuni ristoranti, non famosi né stellati. In Brasile mancava questo concetto di appartenenza: si copiava la cucina europea per dare un peso e un tono, per non sembrare poveri. Niente di più sbagliato. Ho deciso, allora, di tradurre nella gastronomia del mio Paese quell'orgoglio di essere locale che proprio in Europa avevo appreso”.
E qui Atala (in partenza per l'Italia, dove sarà mercoledì 25 al ristorante di Armani per un quattro mani con Francesco Mascheroni, poi a Identità Golose) svela un segreto, che è poi la “molla” del tutto: “La prima volta che ho mangiato caviale, tartufo e foie-gras non mi sono piaciuti. E ho pensato: se qui in Europa si beano di queste cose, chissà cosa può saltar fuori utilizzando gli ingredienti unici che abbiamo nella nostra foresta amazzonica ”.
Da qui la scelta di valorizzarli e portarli nel mondo. Con alcuni accorgimenti a livello tecnico, “perché il segreto è bilanciare, e quanto appreso nel vecchio continente è sicuramente di aiuto. Ingredienti brasiliani e tecniche globali, insomma. Vale, però, anche il contrario”.

La scommessa è portare nel mondo questo intreccio di culture, “perché così una cucina diventa più viva. È successo e succede con quella italiana, quando i suoi emigrati l'hanno fatta conoscere ai quattro angoli del mondo, pensiamo alla pizza o alla pasta. E non dimentichiamo che dietro ogni ingrediente ci sono le comunità, c'è l'uomo, ci sono cultura e storia da difendere: biodiversità e sostenibilità si intrecciano anche e soprattutto con questi aspetti non secondari”.
Di certo, per Atala e il suo ristorante, l'Amazzonia rappresenta una dispensa infinita, al di là dei piatti e degli ingredienti che lo hanno fatto conoscere in tutto il mondo: il miele di abelha indigena, di cui apprezza “la straordinaria acidità, che non ha eguali e la possibilità di declinarne il sapore con la fermentazione (anche nella cena di Armani sarà proposto con la sua ceviche de flores), o la priprioca, utilizzata nell'industria cosmetica. Altri ingredienti sono stimolo per alimentare nuove filiere agricole, come quella dei risi della Valle del Paraíba, dove Atala ha stretto amicizia con il produttore di riso Chicão Ruzene, spronandolo alla ricerca di nuove varietà e stimolando anche l'entrata in gioco di nuovi produttori. “Altri elementi, disponibili su più larga scala, come la manioca, possono conquistare il mondo, e creare congiunzioni con altre cucine”.

Tuttavia uno degli ingredienti-firma della cucina di Atala è la formica amazzonica che propone, tra i vari modi, con l'intermezzo del riccio di mare a cucchiaio: la sua tradizione alimentare è propria di alcuni gruppi etnici indigeni, in particolare tra i Baniwa. L'approccio avviene nell'incontro con una cuoca, che gli presenta una salsa di tucupi (succo estratto dalla radice della manioca selvatica) “e ci sono dentro tante formiche. Quando le assaggi, vai sulle montagne russe, il sapore è di lemongrass e zenzero. Non riuscivo a crederci e me ne innamorai. Certo, non è facile guardare una formica e metterla in bocca, perché dobbiamo smontare ogni preconcetto con cui siamo cresciuti. Noi dobbiamo molto agli insetti: del resto, il miele da dove arriva? Ma torniamo alle formiche: non appena assaggiato quel piatto, presi due decisioni: la prima, di proporle al ristorante, la seconda di tornare a cucinare per quella signora. Lo feci, e tra i piatti mi ingegnai a ricostruire quella ricetta utilizzando, appunto, zenzero e lemongrass. Lei apprezzò tutti i piatti, ma su quello fece una faccia delusa... chiedendosi come mai uno chef importante avesse fatto tutta quella strada per farle assaggiare un piatto che sapeva, semplicemente... di formiche. Fu una sorta di “impressione al contrario” che mi fece riflettere molto”.

Atala è in viaggio per Milano, un volo dall'estate brasiliana all'inverno italiano che sarà, appunto, un viaggio tra le stagioni nel quattro mani con Francesco Mascheroni, lo chef (bravissimo e in decisa ascesa) di Armani Ristorante “Atala è stato qui da noi lo scorso novembre, e da lì è nata l'idea di fare una serata insieme. Inutile dire che è un grandissimo privilegio. Sarà un viaggio tra le stagioni e gli ingredienti dei due estremi. La sua filosofia, che rintraccia la valorizzazione delle comunità, degli ingredienti locali e delle filiere non vale solo in Brasile, ma in tutto il mondo: e certamente anche qui in Italia e in Lombardia”. Il menu griffato per Armani? Ceviche di fiori, miele dell’Amazzonia di Atala e 'sedano rapa al sale, tartufo nero e piccoli ravioli arrosto serviti in brodo' di Mascheroni. Lo chef del D.O.M. dedica a Milano il 'riso al salto, pomodoro fresco, coriandolo, bottarga, vongole, cozze e cannolicchi'. Seguirà il secondo a quattro mani con 'polenta soffice, polpette di spalla, spezie al sugo, lime e costolette di agnello alla milanese, tuberi e radici'. Ci sarà anche una bella congiunzione lombardo-amazzonica con Taleggio, manioca e miele. Il dolce è un omaggio di chef Mascheroni: "banana arrosto, zuppetta di tapioca all’ananas, cocco, croccante alla noce brasiliana".