Nella Cartas de relaciòne de la conquista de México inviato a Carlo V nel 1519 e pubblicata nel 1522, Cortés dice «è un frutto come le mandorle (almendras) che essi vendono pestate e lo tengono in tale considerazione che lo scambiano come moneta». Il conquistador descrive con ammirazione la corte dell’Imperatore azteco Montezuma ed anche quella “bevanda con tanta schiuma” che l’Imperatore beveva e offriva ai suoi ospiti. Nel Bacino dell’Orinoco e nel Rio delle Amazzoni il cacao era già noto quattromila anni prima di Cristo, probabilmente i Maya furono i primi coltivatori e subito dopo gli Aztechi in Messico.
Questi ultimi ritennero il cacao un dono del loro dio fondatore della loro stirpe: Quetzalcoatl per sollevarli e alleviare le loro fatiche fisiche con al bevanda vellutata che se ne ricava, per questo lo chiamarono xocolatl nome onomatopeico che deriva dal rumore prodotto durante la sbattitura per sua preparazione: choc o xoc e atle o atte che nell’antica lingua messicana significa acqua, ovvero l’altro ingrediente per la cioccolata. Padre Bernardino de Sahagùn, evangelizzatore di Salamanca scrive che il pranzo degli Atzechi «terminava molto delicatamente con una tazza di cacao con pannocchie fresche di mais, di cacao, miele, peperoncino e frutta». Per gli Atzechi cibo degli dei e Linneo lo classificò tale: Teobroma cacao (dal greco Thèos = dio e broma = cibo). Nel 1585 i primi semi di cacao sbarcano in Spagna e nel 1631 Antonio Colmero de Ledesma rivela la ricetta ancora pepata ma già zuccherata.
Da lì in Francia e poi in Italia dove i gesuiti contribuiscono alla sua diffusione. Nel 1662 infatti il Cardinal Brancaccio definisce il cioccolato bevanda per accidens, ma sempre bevanda, quindi la ammette in Quaresima. La pianta appartiene alla famiglia delle Sterculiacee ed ama i climi caldo umidi come quelli dei paesi produttori. I semi raccolti si lasciano a fermentare per conferire maggior aroma e facilitare il distacco della polpa. Segue la selezione, pulizia, sbucciatura, tostatura, macinatura, raffinazione e mescolamento per ottenere la massa. Nel gustoso libro “Cioccolato rivelato” di Rossana Bettini, insieme a tante piacevoli rivelazioni, troviamo le diverse varietà di cacao con le differenti caratteristiche. In vetta c’è la varietà Criollo del Venezuela e dell’Ecuador con semi di colore verde chiaro, che ha il miglior aroma e per questo denominata fine o flavour, la varietà è molto delicata quindi non è tanto coltivata. Segue il Forastetro e l’ibrido Trinitario. I colori del cioccolato vanno dal nero fondente, al latte e bianco. Quest’ultimo è costituito da burro di cacao, zucchero più derivati solidi del latte.
Nel 2017 nasce il Ruby Cocoa, il cioccolato rosa. Il suo colore è dovuto ai pigmenti delle fave di cacao che si coltivano in Ecuador, Brasile e Costa d’Avorio. Le fave nascono rossicce dal sapore naturalmente fruttato senza additivi. Ma c’è un solo cioccolato IGP con riconoscimento UE dal 2019, è il cioccolato di Modica, la cui consistenza terrosa è dovuta alla particolare lavorazione “a freddo” senza concaggio, per cui lo zucchero non arriva a sciogliersi rimanendo allo stato granulare. Il suo successo parte dalla già Contea di Modica ma ha travalicato i confini italici senza arrestate la sua corsa gloriosa.