Il floricoltore e i tulipani distrutti dalla grandine: “L’uomo non ama davvero la sua terra”
Giuseppe Savino e l’ondata si solidarietà dopo il video del campo devastato: in neanche 24 ore raggiunti quasi 30mila euro. «In Italia non esistono assicurazioni per i campi di tulipani»
«La bellezza cura, non c’è niente da fare». Neanche ventiquattro dopo aver girato un video con la voce singhiozzante, Giuseppe Savino torna a sorridere. Una grandinata improvvisa ha distrutto ieri il campo di tulipani a pochi chilometri di Foggia a cui lui ha dedicato tutta una vita. «Da quanto gestisco la Cascina Savino? Io sono nato qui - chiarisce -, guido un trattore da quando i miei piedi sono arrivati a toccare la frizione e il freno». Quel campo, coltivato dal padre, ora è passato nelle sue mani e in quelle di suo fratello Michele. Ma «sono centinaia i contadini virtuali che ci aiutano ogni giorno», confessa Giuseppe. Si tratta di tutte quelle persone che frequentano la Cascina o la visitano anche solo virtualmente. Persone che in quel campo di tulipani conservano ricordi indimenticabili. «In tanti hanno chiesto qui la mano alla propria ragazza - ricorda Giuseppe, senza nascondere l’emozione – e non mi dimenticherò mai della giovane nipotina che aveva appena preso la patente ed è corsa a prendere il nonno, 90enne, in un paese vicino per portarlo a vedere per la prima volta i tulipani». Per tutti loro, dopo la notizia della grandinata che si è abbattuta impetuosa distruggendo il campo dei Savino, è stato normale reagire tendendo la mano: in meno di 24 ore sono stati raccolti quasi 30mila euro, quanto basta per ricostruire il campo il prossimo anno.
Sta grandinando, i tulipani non ci sono più, è finita”. Giuseppe Savino, il floricoltore in lacrime, commuove la rete
Giuseppe, si aspettava questa ondata di solidarietà?
«Ci aspettavamo un bene restituito da parte delle persone».
Com’è nata l’idea di lanciare una raccolta fondi?
«Ho pubblicato il video raccontando quanto accaduto e poi mi sono mosso per rimborsare tutte le persone che avevano acquistato un biglietto per venire a visitare il campo e che ora non verranno più».
Quanti biglietti avevate venduto?
«Circa 3mila persone avevano acquistato il biglietto, siamo sui 30mila euro: si comprano online quattro tulipani da raccogliere in campo al costo di 10 euro. Poi si viene qui, noi diamo un kit composto di forbici e secchiello con cui le persone vanno a raccogliere i fiori, e raccontiamo la storia del campo e del nostro territorio. Le persone sanno che con quei 10 euro stanno sostenendo un progetto di sviluppo del territorio: nei nostri campi si trovano musicisti, poeti, artisti. Qui lavorano tantissimi ragazzi. Siamo in una terra che ha dato vita al caporalato e stiamo provando a dare un segnale di cambiamento».
Tante persone non volevano nemmeno il rimborso.
«No infatti, ma io non posso fatturare un fiore che non ho venduto. Durante il Covid, in lockdown, abbiamo fatto una raccolta fondi per mandare i tulipani negli ospedali e abbiamo deciso così di ripetere l’esperienza della raccolta fondi su GoFundMe. In pochissimo tempo abbiamo raggiunto la somma intera di quello che era il fabbisogno per coltivare un campo simile il prossimo anno: quasi 30mila euro. Così, a un certo punto, ho interrotto la raccolta fondi».
Perché questa scelta?
«Perché siamo in una terra difficile: ci sono persone che hanno subito insinuato che dietro questa raccolta fondi ci fosse l’inganno. L’inganno non c’è: se vuoi fare bene, non hai paura a chiedere alle persone di sostenerti. Così è stato».
Cosa risponde a chi invece le dice che poteva pensare ad assicurare il suo campo?
«Rispondo magari potessi. Ma sono domande da ignoranti: l’assicurazione sui tulipani non esiste. Se ci fosse l’avrei fatta subito. In Italia non ci sono campi a sufficienza per permette all’assicurazione di avere dei dati certi sulla coltivazione e, quindi, di stimare gli eventuali danni».
Da quanto gestisce la Cascina?
«Mio padre ha coltivato i terreni che adesso io e mio fratello stiamo conducendo per portare avanti la nostra "agricoltura della relazioni”: non coltiviamo più solo per produrre ma anche per accogliere. L’obiettivo è moltiplicare i campi di relazioni per aiutare altri giovani contadini in altri territori, cosicché, aprendo un campo di questo tipo, possano rimanere nella loro terra e dare lavoro ai giovani che possano sostenerli nella declinazione dei campi».
Ci sono momenti che porta nel cuore?
«Tanti si inginocchiano per chiedere la mano alla propria ragazza. Ma gli aneddoti sono tanti: mi ricordo di una giovane nipotina che aveva appena preso la patente ed è andata a prendere il nonno, 90enne, in un paese vicino per portarlo a vedere per la prima volta i tulipani. Oppure di quel ragazzo che ha porta la madre malata terminale nel campo ad ammirare la bellezza sulla sedie rotelle. Poi c’è stata la coppia di ballerini del teatro San Carlo di Napoli: lui ha accompagnato lei bendata nel campo di girasoli, sono saliti su una rotoballa e le ha tolto la benda. Ha iniziato a suonare un violino e lui si è inginocchiato. La bellezza cura, non c’è niente da fare».
È una bellezza messa a dura prova dagli effetti del cambiamento climatico.
«È una bellezza ferita perché l’uomo non ama completamente la terra. il cambiamento climatico è frutto di una mancanza di amore dell’uomo per la terra. Se ami non ammazzi, rispetti e custodisci. Noi non lo stiamo facendo».
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