«È Putin il problema». Ian Brzezinski già sottosegretario alla Difesa nell’Amministrazione di George W. Bush lavora oggi all’Atlantic Council. Commenta così la telefonata tra Washington e Mosca: «Finora il Cremlino ha dimostrato di non voler scendere a patti».
Signor Brzezinski, martedì il premier italiano Mario Draghi ha consegnato a Biden una richiesta di riattivare i contatti con Mosca. Ieri c’è stata una telefonata Austin-Shoigu. Ci sono chance di riavviare le discussioni?
«L’Amministrazione vuole discutere con Mosca, ma finora il Cremlino ha dimostrato di non voler scendere a patti e dialogare con nessuno, se si esclude la Cina».Il flusso di armi prosegue. Anche gli europei sembrano convinti che bisogna continuare a sostenere l’Ucraina mentre si prova a negoziare. Come giudica questo approccio?
«L’assistenza degli Usa, della Nato, degli stessi europei è stata determinante per garantire la sopravvivenza dell’Ucraina. E non solo. Consegnare i giusti equipaggiamenti agli ucraini ha consentito a Kiev di resistere sul terreno e infliggere sconfitte ai russi. Facendo così la posizione negoziale dell’Ucraina ne esce rafforzata. È una strada che può portare alla fine del conflitto proprio perché la Russia potrebbe non trovare spazi per vincerlo come pensava».
Anche lei ritiene – come ha detto Avril Haines, direttrice dell’intelligence Usa – che il conflitto durerà a lungo?
«Sono d’accordo. Pensiamo a quelli che erano i piani di Putin e alla sconfitta che ha subito. Non ha raggiunto finora gli obiettivi. Eppure questo non lo ha spinto a lasciare l’Ucraina. Putin è un opportunista: pensava di poter vincere rapidamente e in modo netto. Immaginava un trionfo lampo, una nazione che collassava sotto l’avanza e i missili russi. Questo si è rivelato un progetto sbagliato. Quindi ha dovuto ridistribuire le forze per conseguire un secondo obiettivo, ovvero prendere il controllo delle regioni orientali e della fascia costiera».
È un disegno ormai chiaro, ma sulla fattibilità ci sono voci discordanti. Cosa pensa?
«Putin ritiene che l’Occidente non avrà la forza per sostenere uno sforzo lungo a causa delle ripercussioni economiche che avrà e che il sostegno all’Ucraina si allenterà. Ecco perché quello che dice Haines è corretto. Lei prevede uno scenario in cui anche ai russi conviene una guerra di posizione e attrito prolungata. La Russia in queste fasi potrebbe anche conquistare nuove fette di terreno. Ma le sanzioni alla lunga morderanno sempre di più, altre ritorsioni arriveranno. E così nuove armi. La resistenza degli ucraini e la determinazione europea e americana sono decisivi. Altrimenti Putin sarà in grado di prendere e controllare nuove porzioni del Paese e ridisegnare i confini degli Stati. E questo sarebbe un insegnamento per altri regimi che vogliono, diciamo così, ricorrere alla forza per i propri interessi».
Su questo conflitto ucraino aleggia sin dall’inizio lo spettro del ricorso ad armi nucleari, spesso evocate dagli stessi russi. Lo ritiene un elemento di pericolo concreto? E quanto?
«Più Putin diventa frustrato per la mancanza di progressi in Ucraina, più le sue mosse diventano imprevedibili. E questo è un motivo fondamentale per mantenere alta l’attenzione su un’eventuale escalation che è da evitare. Ma ad oggi, la situazione non è cambiata significativamente fra Russia e Occidente, l’equilibrio nucleare nemmeno. E non vedo quale possa essere l’interesse del Cremlino nell’alzare il livello».
Come legge l’obiezione di Erdogan, che si è messo di traverso all’adesione di Helsinki e Stoccolma nell’Alleanza ?
«Credo che il presidente turco voglia usare questo momento per rimarcare le differenze che ci sono con svedesi e finlandesi sul tema curdo. Il suo non è un no all’adesione, è un modo per alzare la posta e sollevare il tema».
Crede questo potrà deragliare il percorso di adesione?
«Alla fine la Turchia cambierà posizione e accetterà l’ingresso dei due Paesi Scandinavi».
Perché?
«Perché è nel miglior interesse di tutte le parti. Lo è dell’Alleanza. E quindi della Turchia».
Su Ankara l’Occidente ha almeno in principio poggiato alcune delle speranze per portare al tavolo Putin e Zelensky. Può riuscirci ancora?
«Sia Ucraina sia Russia hanno sempre avuto buone relazioni con la Turchia e questo può facilitare il dialogo, ma bisogna essere molto chiari. Ankara può favorire, ma le discussioni devono avvenire fra Kiev e Mosca. La palla è nel loro campo, non sarà insomma la Turchia a guidare il processo. Zelensky ha detto chiaramente qual è la sua posizione e ha sottolineato di essere pronto a trattare, purché le discussioni siano serie e possano portare alla fine del conflitto. È Putin a cui manca la volontà di cooperare ed è intransigente».
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