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I prigionieri dei lager citano il governo tedesco

Sandro Mortari
3 minuti di lettura
Tutto è pronto, atto di citazione, testimoni e richiesta di risarcimento. Gli ex schiavi di Hitler mantovani, coloro che dal 1943 al 1945 lavorarono forzatamente nelle fabbriche del Terzo Reich, hanno depositato tutti i documenti al Tribunale civile di Mantova per chiedere conto al governo tedesco di anni di vessazioni subìte nei lager nazisti, protrattesi, a livello psicologico, anche dopo la riacquistata libertà. Saranno i primi in Italia a ricorrere alla via giudiziaria per ottenere il riconoscimento di quello che ritengono un loro diritto.
Assistito dagli avvocati Joachin Lau di Firenze e Claudio Arria di Mantova, è stato Spartaco Gamba, battagliero presidente dell'associazione mantovana dei reduci dalla prigionia e dalla guerra di Liberazione, a depositare in Tribunale l'atto di citazione nei confronti del cancelliere tedesco Angela Merkel.
Lo ha fatto a nome suo e di altri quarantadue ex internati, tutti ex soldati catturati dopo l'8 settembre 1943, in parte ancora in vita nonostante l'ormai veneranda età (il più govane è della classe 1925, il più vecchio è del 1916), in parte deceduti e onorati dagli eredi che si sono fatti carico della causa contro il Governo tedesco. Già fissata la data dell'udienza davanti ai giudici mantovani: il 15 dicembre prossimo.
«Questo è un bel giorno per noi - dice commosso Spartaco Gamba - che chiude un tiste periodo fatto di sofferenza, paura e indifferenza. Non ci interessano i soldi, ma vogliamo giustizia per noi e per i familiari dei nostri compagni caduti».
Ogni ex deportato chiede alla Repubblica federale tedesca 24 mila euro (più interessi e rivalutazione monetaria) per compensare le sofferenze patite nei lager e nelle fabbriche nazisti.
L'atto di citazione contiene le storie dei 44 militari del Regio esercito italiano, classificati apposta come Imi da Hitler e Mussolini dopo l'8 settembre affinchè non godessero, visto che erano considerati dei traditori, i benefici della convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra.
«Durante la seconda guerra mondiale - si legge nell'atto di citazione - la Germania aveva costruito un vasto sistema di lavoro forzato ove la popolazione dei paesi occupati e i prigionieri di guerra erano costretti, in contrasto con le norme nazionali e internazionali, a lavorare a favore dell'industria bellica tedesca in condizioni disumane.
Immediatamente dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, circa 550.000-600.000 cittadini italiani sono stati deportati in Germania. Sono stati dichiarati internati militari italiani da parte delle autorità tedesche e sono stati loro negati i diritti della convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra e la tutela della popolazione civile. Storicamente è stato dimostrato che il loro trattamento era disumano ed illecito».
Gli avvocati ritengono che della questione del risarcimento sia competente un tribunale italiano perchè coloro che hanno avviato la causa erano stati catturati in Italia e perchè, al momento del rientro, soffrirono ancora per tanti anni l'effetto della deportazione e della prigionìa.
Gli atti commessi contro gli ex militari erano «comunque vietati sia in base alla legge tedesca che in base a quella italiana e secondo le norme del diritto internazionale».
L'attuale Repubblica federale tedesca viene anche chiamata a risarcire il danno in base all'articolo 3 della Convenzione dell'Aja del 1907, dopo che il Tribunale militare di Norimberga aveva dichiarato il lavoro forzato «un crimine contro l'umanità commesso ed organizzato dal governo del Reich e dal suo Generalbevollmachtigtem der Arbeit, Fritz Sauckel».
«E' dal 2001 che lottiamo per il riconoscimento dei nostri diritti - spiega Gamba -; da quando, cioè, il governo tedesco, allora guidato da Schroder, decise di risarcire, attraverso la fondazione Oim, solo chi fu detenuto nei campi ritenuti di sterminio. Delle oltre 120 mila domande pervenute da tutt'Italia solo 2.500 furono accolte; quelle dei mantovani furono appena nove su oltre mille. Uno scandalo».

I NOMI. Sono 43 gli ex internati militari che hanno fatto causa al governo tedesco. Alcuni di loro sono ancora in vita, altri sono rappresentati dagli eredi. Tutti sono originari del mantovano, anche se alcuni di loro, o i loro familiari, sono poi emigrati.
Ecco i nomi degli ex deportati: Spartaco Gamba (classe 1920, Mantova), Domenico Slaviero (1915, Mantova), Tonino Montanari (1923, Mantova), Ferruccio Savini (1922, Rozzano), Enrico Pancher (1916, Dovena di Castelfondo), Enrico Frappa (1917, Roverbella), Delfino Stradella (1923, Refrancore), Bruno Ferraguti (1924, Modena), Adelino Mortari (1924, Porto Mantovano), Vittorio Destro (1923, Castel Goffredo), Vincenzo Bobbi (1920, Narni), Emidio Ruatti (1916), Tuenno), Arturo Guerreschi (1913, Viadana), Cesare Frizzelli (1920, Cicognara), Tonino Cantoni (1926, Mantova), Gino Fava (1913 Castiglione delle Stiviere), Demetrio Mafezzoli (1920, Sabbioneta), Carlo Avanzi, (1918, Castiglione delle Stiviere), Luigi Cremonesi (1924, Castiglione delle Stiviere), Volfango Vecchia (1920, Suzzara), Giuseppe Badalotti (1917, Gussola), Mario Azzali (1918, Porto Mantovano), Sergio Agosti (1916, Cremona), Luigi Anselmi (1924, Casalmaggiore), Anselmo Lucchetti (1918, Rodigo), Lelio Ottaviani (1923, Mantova), Ermes Novanta (1921, Mantova), Umberto Pirini (1919, Latina), Stefano Iore (1921, Chiari), Elvio Bigi (1920, Suzzara), Luigi Cremonesi (1924, Castiglione delle Stiviere), Alessandro Armagni (1925, Viadana), Giovanni Goffredi (1921, Montanara), Rosolino Broglia (1907, San Giorgio), Lino Gualdi (1915, Villa Poma), Luigi Frollo (1923, Milano), Mario Tebaldi (1922, San Giorgio), Guido Perondi (1920, Poggio Rusco), Lodovico Castiglioni (1924, Mantova), Mario Cartapati (1920, Goito), Luca Ghisolfi (1912, Guidizzolo), Nelson Balasini 1918, Suzzara), Camillo Turchetti (1924, Mantova).
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