Schiavo del Gratta e Vinci"Ho perso 150mila euro"
A 28 anni è rimasto senza un euro. Si è rivolto all'Associazione giocatori anonimi ed è riuscito a uscire dall'incubo dei "grattini" e delle scommesse. Oggi, guarito, lancia l'allarme: attenzione, i giocatori aumentano a dismisura. Sono soprattutto donne.
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«Per la mia dipendenza da Gratta e vinci, da videopoker e scommesse sono arrivato a perdere quasi 150mila euro». Un giovane della provincia di Mantova, è oggi in cura in un gruppo dell'Associazione Giocatori anonimi e racconta come la febbre delle scommesse possa diventare anche a 28 anni un incubo da cui non si riesce a uscire. «Qualcuno gioca per vincere, ma quando nasce la dipendenza l'importante resta quel brivido che si prova a rischiare, anche se perdi». A Mantova, molti giocatori sono diventati dipendenti senza saperlo né ammetterlo.
«Quell'attimo di suspense prima che i numeri compaiano, e i dicano così se hai vinto o perso». Racconta così la sua dipendenza. Prima i gratta e vinci: anche 500 al giorno, nei momenti di massimo bisogno. Poi i videopoker, le lotterie, le scommesse. Ora che ne sta uscendo, ricorda ancora i bar della città e dell'immediata periferia dove spesso lo vedevano comprare i "grattini". Mai che gli abbiano detto: basta, adesso smettila, così ti rovini.
Lancia un allarme: «Bar e tabaccherie sono pieni di persone ormai del tutto prese dal gioco. Perlopiù donne. Totalmente dipendenti. Solo che non se ne accorgono, né lo ammetteranno mai». Lui, un 28enne della provincia di Mantova, si fa anche qualche conto in tasca: «Tra i soldi che avevo da parte, e quelli in banca, ho fatto fuori almeno 150mila euro».
Una situazione di discreta agiatezza, la sua, con un lavoro sicuro. Niente disperazione e povertà che ti porta a cercare una vincita come una boccata di ossigeno.
Si inizia anche con la speranza di guadagnare qualche cosa, e «certo con la crisi che c'è, e la città invasa ad ogni angolo dalle occasioni di gioco, chi attraversa difficoltà finanziarie finisce di certo per essere attirato». Ma la dipendenza, dice, è un'altra cosa, contagia ricchi e poveri: «A un certo punto vincere o di perdere diventa secondario. Se vinci, ben venga. Ma l'importante è giocare: questo è il pensiero con il quale ti svegli al mattino».
Ha grattato il suo primo biglietto argentato circa quattro anni fa, «tanto per provare». C'è un momento in cui il dipendente dal gioco non si distingue dal giocatore sociale, cioè chi lo fa per tentare la sorte in compagnia, come si fa con la lotteria a Natale o il Totocalcio coi colleghi d'ufficio, ma senza entrare nel vortice. La differenza si nota però in fretta: «Ho avvertito subito qualcosa cambiava in me - dice - i primi giorni ne giocavo solo per una volta, poi al mattino e alla sera. Poi sempre di più. Sono arrivato a comprare anche 500 gratta e vinci al giorno. A dieci alla volta. Andavo in auto o a casa a grattarli per ripararmi dagli sguardi indiscreti della gente».
A un certo punto i grattini non bastano più. Il ragazzo inizia a giocare a Lotto, Enalotto, ai videopoker, alle scommesse sul calcio: «Diventi dipendente quando dopo un'estrazione fallita tenti subito la giocata successiva e resti nella ricevitoria per aspettarla. Sei come isolato dal mondo, tu e la tua giocata chiusi in una campana di vetro. Non ci metti molto a spendere: metti pure che per una partita il massimo della puntata sia di dieci euro, nulla ti impedisce di fare cinquanta puntate uguali. E se ne vanno 500 euro».
Racconta di essersi fermato solo quando ha bruciato tutto: «I miei soldi erano finiti. A quel punto avrei dovuto rivolgermi a una finanziaria per un prestito, agli strozzini oppure andare a rubare. Ho conosciuto anche chi lo fa». Un giorno si mette a cercare su internet uno di quei gruppi di auto-aiuto nati sull'esempio di quelli storici di alcolisti.
Il gruppo più vicino è a Brescia: ci si trova una volta alla settimana, si mettono in comune esperienze e consigli. Riconosci il problema, chiedi aiuto al gruppo per smettere, un po' alla volta ritorni padrone di te stesso. «C'è gente che è dipendente da 50 anni. Io ho smesso. Ma non posso più avvicinarmi a grattini o altro. Nemmeno giocare alla lotteria». Il fenomeno, dicono i numeri, è in continua espansione. E intanto lo Stato-croupier incassa proventi.
«Quell'attimo di suspense prima che i numeri compaiano, e i dicano così se hai vinto o perso». Racconta così la sua dipendenza. Prima i gratta e vinci: anche 500 al giorno, nei momenti di massimo bisogno. Poi i videopoker, le lotterie, le scommesse. Ora che ne sta uscendo, ricorda ancora i bar della città e dell'immediata periferia dove spesso lo vedevano comprare i "grattini". Mai che gli abbiano detto: basta, adesso smettila, così ti rovini.
Lancia un allarme: «Bar e tabaccherie sono pieni di persone ormai del tutto prese dal gioco. Perlopiù donne. Totalmente dipendenti. Solo che non se ne accorgono, né lo ammetteranno mai». Lui, un 28enne della provincia di Mantova, si fa anche qualche conto in tasca: «Tra i soldi che avevo da parte, e quelli in banca, ho fatto fuori almeno 150mila euro».
Una situazione di discreta agiatezza, la sua, con un lavoro sicuro. Niente disperazione e povertà che ti porta a cercare una vincita come una boccata di ossigeno.
Si inizia anche con la speranza di guadagnare qualche cosa, e «certo con la crisi che c'è, e la città invasa ad ogni angolo dalle occasioni di gioco, chi attraversa difficoltà finanziarie finisce di certo per essere attirato». Ma la dipendenza, dice, è un'altra cosa, contagia ricchi e poveri: «A un certo punto vincere o di perdere diventa secondario. Se vinci, ben venga. Ma l'importante è giocare: questo è il pensiero con il quale ti svegli al mattino».
Ha grattato il suo primo biglietto argentato circa quattro anni fa, «tanto per provare». C'è un momento in cui il dipendente dal gioco non si distingue dal giocatore sociale, cioè chi lo fa per tentare la sorte in compagnia, come si fa con la lotteria a Natale o il Totocalcio coi colleghi d'ufficio, ma senza entrare nel vortice. La differenza si nota però in fretta: «Ho avvertito subito qualcosa cambiava in me - dice - i primi giorni ne giocavo solo per una volta, poi al mattino e alla sera. Poi sempre di più. Sono arrivato a comprare anche 500 gratta e vinci al giorno. A dieci alla volta. Andavo in auto o a casa a grattarli per ripararmi dagli sguardi indiscreti della gente».
A un certo punto i grattini non bastano più. Il ragazzo inizia a giocare a Lotto, Enalotto, ai videopoker, alle scommesse sul calcio: «Diventi dipendente quando dopo un'estrazione fallita tenti subito la giocata successiva e resti nella ricevitoria per aspettarla. Sei come isolato dal mondo, tu e la tua giocata chiusi in una campana di vetro. Non ci metti molto a spendere: metti pure che per una partita il massimo della puntata sia di dieci euro, nulla ti impedisce di fare cinquanta puntate uguali. E se ne vanno 500 euro».
Racconta di essersi fermato solo quando ha bruciato tutto: «I miei soldi erano finiti. A quel punto avrei dovuto rivolgermi a una finanziaria per un prestito, agli strozzini oppure andare a rubare. Ho conosciuto anche chi lo fa». Un giorno si mette a cercare su internet uno di quei gruppi di auto-aiuto nati sull'esempio di quelli storici di alcolisti.
Il gruppo più vicino è a Brescia: ci si trova una volta alla settimana, si mettono in comune esperienze e consigli. Riconosci il problema, chiedi aiuto al gruppo per smettere, un po' alla volta ritorni padrone di te stesso. «C'è gente che è dipendente da 50 anni. Io ho smesso. Ma non posso più avvicinarmi a grattini o altro. Nemmeno giocare alla lotteria». Il fenomeno, dicono i numeri, è in continua espansione. E intanto lo Stato-croupier incassa proventi.
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