Mantova sarà invasa dai cacciatori
Passa in Regione la norma sulla caccia che consente l'invasione delle doppiette lombarde nel Mantovano, dove il territorio è stato maggiormente preservato rispetto alle province confinantiSONDAGGIO
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Cambiano le norme sulla caccia in Lombardia. Il Consiglio regionale ha approvato un provvedimento (relatore Mauro Parolini, Pdl) che introduce alcune modifiche alla legge regionale che disciplina l'attività venatoria. La prima novità riguarda gli ambiti territoriali di caccia e i comprensori alpini, permettendo ai cacciatori di esercitare l'attività venatoria anche in un ambito al di fuori di quello di residenza.
Tra le altre novità del provvedimento, c'è anche l'equiparazione delle strade agrosilvopastorali con quelle poderali e interpoderali: sarà quindi possibile, secondo quanto spiegato dal relatore del testo, praticare la caccia anche a distanza inferiore a 50 metri dalle strade classificate come agrosilvopastorali, nonché sparare nella loro direzione con fucile a canna liscia anche a distanza inferiore ai 150 metri.
Stralciata, invece, la parte del testo che consentiva ai cacciatori di effettuare trasferimenti con armi scariche fuori dai centri abitati nei giorni di caccia. Accolti, poi, due emendamenti di Roberto Pedretti (Lega) con i quali si estende la validità dell'autorizzazione per la caccia da appostamento fisso a 10 anni (oggi erano 3) e si autorizzano centri di recupero per la fauna selvatica gestiti anche da enti e associazioni agricole e venatorie riconosciute.
Il progetto di legge è stato approvato con 43 voti favorevoli e 24 contrari: hanno bocciato il provvedimento Idv, Sinistra Ecologia e Libertà e numerosi esponenti del Pd.
Quindi, nessun consigliere mantovano ha appoggiato il nuovo provvedimento che ha spaccato sia la maggioranza, sia la minoranza in consiglio regionale. Le nuove norme, in vigore da subito, consentono a centinaia di cacciatori di altre province di esercitare nel Mantovano, derogando dalla quota limite di pressione venatoria di 1 cacciatore ogni 18 ettari.
Assente al voto il presidente dello stesso consiglio regionale Davide Boni (Lega) «ero impegnato in un diverso momento istituzionale» e anche l'assessore Carlo Maccari (Pdl) per il quale «ha ragione l'assessore De Capitani: serve una legge di riordino complessiva e non rattoppi, soprattutto ad attività venatoria giù avviata».
Il dissenso più forte sui banchi della maggioranza è venuto però dal consigliere Claudio Bottari (Lega) che ha letto una lunga dichiarazione con la quale ha denunciato la possibile «indiscriminata invasione di ambiti, come quelli mantovani, mettendone a rischio la tutela e la valorizzazione». Bottari, per protesta ha abbandonato l'aula.
Nella minoranza, da registrare il voto contrario di Giovanni Pavesi (Pd) per il quale la Regione contraddice se stessa, avendo da tempo stabilito un tetto per la pressione venatoria. Le norme approvate ora - spiega - consentono, a caccia aperta, di pagare una penale ed iscriversi a un ambito di caccia extraprovinciale, anche fuori tempo massimo, ovvero il 31 marzo.
Questo per Pavesi significa monetizzare lo sfruttamento venatorio del Mantovano, un territorio che in questi decenni si è autogovernato, consentendo un'equilibrata gestione. Al punto che da noi si catturano il doppio delle lepri che in tutte le altre province lombarde. Ma non per caso: perché i nostri cacciatori hanno saputo gestire con oculatezza il patrimonio faunistico che ora sarà depredato».
Tra le altre novità del provvedimento, c'è anche l'equiparazione delle strade agrosilvopastorali con quelle poderali e interpoderali: sarà quindi possibile, secondo quanto spiegato dal relatore del testo, praticare la caccia anche a distanza inferiore a 50 metri dalle strade classificate come agrosilvopastorali, nonché sparare nella loro direzione con fucile a canna liscia anche a distanza inferiore ai 150 metri.
Stralciata, invece, la parte del testo che consentiva ai cacciatori di effettuare trasferimenti con armi scariche fuori dai centri abitati nei giorni di caccia. Accolti, poi, due emendamenti di Roberto Pedretti (Lega) con i quali si estende la validità dell'autorizzazione per la caccia da appostamento fisso a 10 anni (oggi erano 3) e si autorizzano centri di recupero per la fauna selvatica gestiti anche da enti e associazioni agricole e venatorie riconosciute.
Il progetto di legge è stato approvato con 43 voti favorevoli e 24 contrari: hanno bocciato il provvedimento Idv, Sinistra Ecologia e Libertà e numerosi esponenti del Pd.
Quindi, nessun consigliere mantovano ha appoggiato il nuovo provvedimento che ha spaccato sia la maggioranza, sia la minoranza in consiglio regionale. Le nuove norme, in vigore da subito, consentono a centinaia di cacciatori di altre province di esercitare nel Mantovano, derogando dalla quota limite di pressione venatoria di 1 cacciatore ogni 18 ettari.
Assente al voto il presidente dello stesso consiglio regionale Davide Boni (Lega) «ero impegnato in un diverso momento istituzionale» e anche l'assessore Carlo Maccari (Pdl) per il quale «ha ragione l'assessore De Capitani: serve una legge di riordino complessiva e non rattoppi, soprattutto ad attività venatoria giù avviata».
Il dissenso più forte sui banchi della maggioranza è venuto però dal consigliere Claudio Bottari (Lega) che ha letto una lunga dichiarazione con la quale ha denunciato la possibile «indiscriminata invasione di ambiti, come quelli mantovani, mettendone a rischio la tutela e la valorizzazione». Bottari, per protesta ha abbandonato l'aula.
Nella minoranza, da registrare il voto contrario di Giovanni Pavesi (Pd) per il quale la Regione contraddice se stessa, avendo da tempo stabilito un tetto per la pressione venatoria. Le norme approvate ora - spiega - consentono, a caccia aperta, di pagare una penale ed iscriversi a un ambito di caccia extraprovinciale, anche fuori tempo massimo, ovvero il 31 marzo.
Questo per Pavesi significa monetizzare lo sfruttamento venatorio del Mantovano, un territorio che in questi decenni si è autogovernato, consentendo un'equilibrata gestione. Al punto che da noi si catturano il doppio delle lepri che in tutte le altre province lombarde. Ma non per caso: perché i nostri cacciatori hanno saputo gestire con oculatezza il patrimonio faunistico che ora sarà depredato».
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