In salvo un pezzo di storia
Oltre 1.900 faldoni affidati dall'Aipo all'Archivio di Stato. I primi atti risalgono all’epoca napoleonica. Ma altro materiale è andato perso negli anni
Elena Caracciolo
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Oltre 1.900 faldoni di storia della città sono, da ieri, ufficialmente in custodia all'archivio di Stato di Mantova. L'Agenzia interregionale per il Po (Aipo), ha infatti consegnato all'Archivio, tramite la sottoscrizione di un accordo, una ricca documentazione prodotta dagli ex Genio civile e magistrato per il Po di Mantova, uffici di cui Aipo ha ereditato le funzioni dalla sua istituzione, nel 2003.
Si tratta di appunto quasi duemila faldoni di atti, finora depositati impropriamente nel magazzino idraulico Aipo di Valdaro, prodotti nel corso del Novecento e già a partire dall'età napoleonica. Testimonianze di opere pubbliche e interventi di gestione idraulica, relative sia alla città, e in particolare per quanto riguarda i laghi e il Rio; sia al territorio, con la rete idrografica che fa capo al grande corso d'acqua che attraversa la pianura Padana, e i suoi affluenti mantovani.
«Erano più di vent'anni - dice la direttrice dell'Archivio di Stato di Mantova, Daniela Ferrari - che inseguivo questo patrimonio di documenti, ma per una serie di problemi tecnici non è mai stato possibile, fino ad oggi, averlo in custodia».
E proprio a causa di questa disorganizzazione, parte del materiale è stato perso o ha subito gravi danneggiamenti, come spiega la stessa Ferrari: «Purtroppo il deposito di Valdaro non era un ambiente adatto, in quanto troppo umido, così sono stati lunghi e delicati anche il recupero e la bonifica dei faldoni, posti sotto uno speciale trattamento per circa otto mesi. Ma - precisa - vista la fatica con cui si è arrivati alla firma di questo accordo per il passaggio di consegna, preferirei parlare di ciò che si è riusciti a salvare».
Anche il direttore dell'Aipo, Luigi Fortunato, sottolinea l'importanza dell'evento: «La situazione in cui si è trovato il materiale è l'esempio di come noi uomini non siamo stati buoni guardiani del nostro passato. Però - sottolinea - abbiamo trovato un'ottima risposta dall'Archivio, che da anni tentava di venire in possesso dei documenti, e finalmente un lungo pezzo di storia tornerà a nuova luce».
I 1.900 faldoni saranno visibili al pubblico soltanto in futuro, perché «c'è ancora molto da fare - spiega Ferrari - ma sono già in progetto accordi con l'università, per assegnare tesi sull'argomento, in modo da dare agli studenti la possibilità di consultare i reperti. E - conclude - vorremmo inoltre attivare iniziative di volontariato per la catalogazione del materiale».
Si tratta di appunto quasi duemila faldoni di atti, finora depositati impropriamente nel magazzino idraulico Aipo di Valdaro, prodotti nel corso del Novecento e già a partire dall'età napoleonica. Testimonianze di opere pubbliche e interventi di gestione idraulica, relative sia alla città, e in particolare per quanto riguarda i laghi e il Rio; sia al territorio, con la rete idrografica che fa capo al grande corso d'acqua che attraversa la pianura Padana, e i suoi affluenti mantovani.
«Erano più di vent'anni - dice la direttrice dell'Archivio di Stato di Mantova, Daniela Ferrari - che inseguivo questo patrimonio di documenti, ma per una serie di problemi tecnici non è mai stato possibile, fino ad oggi, averlo in custodia».
E proprio a causa di questa disorganizzazione, parte del materiale è stato perso o ha subito gravi danneggiamenti, come spiega la stessa Ferrari: «Purtroppo il deposito di Valdaro non era un ambiente adatto, in quanto troppo umido, così sono stati lunghi e delicati anche il recupero e la bonifica dei faldoni, posti sotto uno speciale trattamento per circa otto mesi. Ma - precisa - vista la fatica con cui si è arrivati alla firma di questo accordo per il passaggio di consegna, preferirei parlare di ciò che si è riusciti a salvare».
Anche il direttore dell'Aipo, Luigi Fortunato, sottolinea l'importanza dell'evento: «La situazione in cui si è trovato il materiale è l'esempio di come noi uomini non siamo stati buoni guardiani del nostro passato. Però - sottolinea - abbiamo trovato un'ottima risposta dall'Archivio, che da anni tentava di venire in possesso dei documenti, e finalmente un lungo pezzo di storia tornerà a nuova luce».
I 1.900 faldoni saranno visibili al pubblico soltanto in futuro, perché «c'è ancora molto da fare - spiega Ferrari - ma sono già in progetto accordi con l'università, per assegnare tesi sull'argomento, in modo da dare agli studenti la possibilità di consultare i reperti. E - conclude - vorremmo inoltre attivare iniziative di volontariato per la catalogazione del materiale».
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