Umido e polemiche Per 250 famiglie l'incubo non è finito
Finita l'emergenza del fiume Chiese, Asola conta i danni dell'alluvione. Per 250 famiglie l'incubo non è finito
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ASOLA. I vestiti appesi ovunque: ai corrimano delle scale, alle maniglie degli armadi, alle sedie, perfino ai pensili della cucina. Lavatrici, forni e aspirapolveri ridotti a scheletri, con i fili a penzoloni. Cassetti di legno gonfiati dall'acqua appoggiati sui tavoli. E questa puzza di umido e gasolio che attacca gola e capelli.
La sensazione di sporco ovunque. Anche se da cinque giorni nelle case di villaggio Chiese non si fa che lavare, asciugare e pulire, fino al tramonto. Fino a quando il freddo ti obbliga a chiudere porte e finestre. E resti dentro, prigioniero in mezzo alle pareti spoglie.
«Nel 76 era entrata più acqua, era arrivata fino a ottanta centimetri, ma era più pulita. Questa è sporca - dice Serafina Denti, che a ottanta due anni vive sola nella villetta ad angolo del quartiere, con una protesi al ginocchio «nata male» che non le dà pace. «Mi sono infilata le galosce e via. Che diavolo dovevo fare? Siamo 110 famiglie, qui, cerchiamo di darci una mano. Ma i danni li abbiamo avuti tutti e c'è un sacco da fare. Quelli là in fondo hanno avuto allagati solo gli scantinati, noi proprio gli appartamenti».
Perché nel villaggio vicino al Chiese e al Cacciabella, la maggior parte delle case ha cucina e zona giorno a pianterreno, a fianco ai garage, e la zona notte al piano superiore. «La mia cucina era nuova, l'ho comprata l'ultimo anno delle lire, l'avevo pagata 14 milioni. Ma la usavo poco, perché da sola mi basta un vecchio fornelletto. Si è tutta gonfiata, è da buttare».
Una fettina minuscola del danno complessivo, che dalle prime stime supera i 3 milioni di euro spalmati su 250 famiglie. Oltre a villaggio Chiese, case ed attività della Filanda, della zona di Sorbara e della strada Bassa per Casalmoro, che hanno cominciato ad annegare alle sei del pomeriggio, quando il Cacciabella ha sfondato.
«Quando ormai pensavamo di avere vinto - ammette il sindaco Giordano Busi - prima di chiudere il Cacciabella avevamo sei pompe attive e infatti il livello calava. Quando è stato necessario togliere la corrente perché anche le cabine andavano sotto è successo il disastro. Il Chiese ha tracimato e ha riempito tutti i canali». Una spiegazione che fa ribollire di rabbia più dei 20mila euro di danni della sua casa Fernando Lorenzi, che è stato stradino per 15 anni.
«Non dovevano chiudere il Cacciabella, i fossi vanno lasciati liberi, lo sappiamo tutti. L'acqua si sarebbe sparsa nei campi e non sarebbe mai arrivata alle case». «In questi giorni è stato fatto tutto il possibile, e anche di più. Siamo stati assistiti in modo vero - dice Sonia Lorenzi, che corre tra casa garage e giardino vestita come se fosse in mezzo ad una tormenta - le mancanze sono state prima: nel continuo rimpallo di responsabilità tra Comune, Aipo e tutti gli altri. È questo che ci fa male».
A sua mamma Gabriella ha ferito, invece, una frase che in questi giorni sta girando per il paese. «Lunedì qualcuno «che comanda» ad Asola ha detto che la soluzione c'è: vendere casa e andarsene. Non lo farò mai». Senza casa sono rimasti Bruno Zanelli e Giulia Torreggiani, i nonni della famiglia Varone, la più danneggiata di tutta Asola. Finora hanno contato 110mila euro di danni.
«L'acqua è arrivata a più di 60 centimetri - dice Isidoro - nell'appartamento non si è salvato nulla. Abbiamo dovuto allontanarli mentre portavamo in discarica i loro mobili, gli oggetti ricordo di una vita. Non avrebbero retto. Sappiamo di vivere in un posto a rischio e in questi anni abbiamo alzato il muro più volte. E abbiamo sempre pagato di tasca nostra. Ma qualcuno però faccia il suo dovere con gli argini».
La sensazione di sporco ovunque. Anche se da cinque giorni nelle case di villaggio Chiese non si fa che lavare, asciugare e pulire, fino al tramonto. Fino a quando il freddo ti obbliga a chiudere porte e finestre. E resti dentro, prigioniero in mezzo alle pareti spoglie.
«Nel 76 era entrata più acqua, era arrivata fino a ottanta centimetri, ma era più pulita. Questa è sporca - dice Serafina Denti, che a ottanta due anni vive sola nella villetta ad angolo del quartiere, con una protesi al ginocchio «nata male» che non le dà pace. «Mi sono infilata le galosce e via. Che diavolo dovevo fare? Siamo 110 famiglie, qui, cerchiamo di darci una mano. Ma i danni li abbiamo avuti tutti e c'è un sacco da fare. Quelli là in fondo hanno avuto allagati solo gli scantinati, noi proprio gli appartamenti».
Perché nel villaggio vicino al Chiese e al Cacciabella, la maggior parte delle case ha cucina e zona giorno a pianterreno, a fianco ai garage, e la zona notte al piano superiore. «La mia cucina era nuova, l'ho comprata l'ultimo anno delle lire, l'avevo pagata 14 milioni. Ma la usavo poco, perché da sola mi basta un vecchio fornelletto. Si è tutta gonfiata, è da buttare».
Una fettina minuscola del danno complessivo, che dalle prime stime supera i 3 milioni di euro spalmati su 250 famiglie. Oltre a villaggio Chiese, case ed attività della Filanda, della zona di Sorbara e della strada Bassa per Casalmoro, che hanno cominciato ad annegare alle sei del pomeriggio, quando il Cacciabella ha sfondato.
«Quando ormai pensavamo di avere vinto - ammette il sindaco Giordano Busi - prima di chiudere il Cacciabella avevamo sei pompe attive e infatti il livello calava. Quando è stato necessario togliere la corrente perché anche le cabine andavano sotto è successo il disastro. Il Chiese ha tracimato e ha riempito tutti i canali». Una spiegazione che fa ribollire di rabbia più dei 20mila euro di danni della sua casa Fernando Lorenzi, che è stato stradino per 15 anni.
«Non dovevano chiudere il Cacciabella, i fossi vanno lasciati liberi, lo sappiamo tutti. L'acqua si sarebbe sparsa nei campi e non sarebbe mai arrivata alle case». «In questi giorni è stato fatto tutto il possibile, e anche di più. Siamo stati assistiti in modo vero - dice Sonia Lorenzi, che corre tra casa garage e giardino vestita come se fosse in mezzo ad una tormenta - le mancanze sono state prima: nel continuo rimpallo di responsabilità tra Comune, Aipo e tutti gli altri. È questo che ci fa male».
A sua mamma Gabriella ha ferito, invece, una frase che in questi giorni sta girando per il paese. «Lunedì qualcuno «che comanda» ad Asola ha detto che la soluzione c'è: vendere casa e andarsene. Non lo farò mai». Senza casa sono rimasti Bruno Zanelli e Giulia Torreggiani, i nonni della famiglia Varone, la più danneggiata di tutta Asola. Finora hanno contato 110mila euro di danni.
«L'acqua è arrivata a più di 60 centimetri - dice Isidoro - nell'appartamento non si è salvato nulla. Abbiamo dovuto allontanarli mentre portavamo in discarica i loro mobili, gli oggetti ricordo di una vita. Non avrebbero retto. Sappiamo di vivere in un posto a rischio e in questi anni abbiamo alzato il muro più volte. E abbiamo sempre pagato di tasca nostra. Ma qualcuno però faccia il suo dovere con gli argini».
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