Odifreddi: la geometria è ovunque, viene prima della letteratura
Intervista allo scrittore, matematico, logico e saggista, ospite a Mantova
Irene Generali
1 minuto di lettura

Piergiorgio Odifreddi - scrittore, matematico, logico e saggista - ha presentato giovedì sera alla libreria Coop Nautilus il suo ultimo libro "C'è spazio per tutti", nel quale spiega la geometria, raccontandone la storia dagli antichi fino ad oggi. Lo abbiamo intervistato.
Come convincerebbe un alunno refrattario allo studio della geometria che si tratta invece di una materia interessante?
«La geometria è ovunque. I pianeti si muovono seguendo percorsi geometrici. E' sufficiente visitare un museo per trovare nei dipinti dei grandi moderni forme geometriche. E le mappe o il navigatore satellitare sono geometria applicata. Non dobbiamo preoccuparci di farci piacere la geometria ma solo essere consapevoli del fatto che ci circonda».
Lei è anche filosofo e politico: tra scienza e letteratura quale non può fare a meno dell'altra? «Per capire il mondo e per cambiarlo si potrebbe fare a meno della letteratura, non della matematica. Nell'antichità c'è stata molta matematica prima ancora dei grandi poemi: la letteratura è una riflessione, quindi è posteriore».
Non le pare che talvolta vi sia una certa ostilità tra scienziati e letterati? Si tratta di incomprensione, presunzione o snobismo? «Da un lato penso a Gadda, ingegnere, ma anche a Quasimodo, geometra, Levi, chimico, a Paolo Giordano che è fisico. Dall'altro, è vero che esistono degli attriti: forse si tratta di invidia degli scienziati, che devono seguire un metodo preciso, nei confronti dei letterati che possono invece spaziare e inventare. Tuttavia, tutti possono inventare qualcosa: è ben più difficile scoprire. Tuttavia, mentre gli scienziati si occupano della cultura umanistica i letterati difficilmente si interessano alla cultura scientifica».
Crede che la ricorrenza delle stesse forme geometriche in culture e religioni diverse possa contribuire a ricostruire la storia e i legami tra cultura orientale e occidentale? «Gli antichi Egizi, gli Indiani e poi i Cinesi e gli Arabi hanno dato la propria interpretazione alle forme utilizzate. In verità, dunque, si ripropone la tendenza a rappresentare e studiare certe forme, ma in maniera sempre diversa».
Qual è la sua soluzione al fatto che l'uomo percepisce solo una minima parte della realtà? «La matematica e la fisica insegnano che la nostra conoscenza è sempre parziale. Siamo talmente piccoli in confronto a ciò che ci circonda che non dobbiamo ritenerci insoddisfatti se non ne afferriamo l'essenza. Citando Einstein, è già un miracolo il fatto di poter conoscere qualcosa dell'universo.
Come convincerebbe un alunno refrattario allo studio della geometria che si tratta invece di una materia interessante?
«La geometria è ovunque. I pianeti si muovono seguendo percorsi geometrici. E' sufficiente visitare un museo per trovare nei dipinti dei grandi moderni forme geometriche. E le mappe o il navigatore satellitare sono geometria applicata. Non dobbiamo preoccuparci di farci piacere la geometria ma solo essere consapevoli del fatto che ci circonda».
Lei è anche filosofo e politico: tra scienza e letteratura quale non può fare a meno dell'altra? «Per capire il mondo e per cambiarlo si potrebbe fare a meno della letteratura, non della matematica. Nell'antichità c'è stata molta matematica prima ancora dei grandi poemi: la letteratura è una riflessione, quindi è posteriore».
Non le pare che talvolta vi sia una certa ostilità tra scienziati e letterati? Si tratta di incomprensione, presunzione o snobismo? «Da un lato penso a Gadda, ingegnere, ma anche a Quasimodo, geometra, Levi, chimico, a Paolo Giordano che è fisico. Dall'altro, è vero che esistono degli attriti: forse si tratta di invidia degli scienziati, che devono seguire un metodo preciso, nei confronti dei letterati che possono invece spaziare e inventare. Tuttavia, tutti possono inventare qualcosa: è ben più difficile scoprire. Tuttavia, mentre gli scienziati si occupano della cultura umanistica i letterati difficilmente si interessano alla cultura scientifica».
Crede che la ricorrenza delle stesse forme geometriche in culture e religioni diverse possa contribuire a ricostruire la storia e i legami tra cultura orientale e occidentale? «Gli antichi Egizi, gli Indiani e poi i Cinesi e gli Arabi hanno dato la propria interpretazione alle forme utilizzate. In verità, dunque, si ripropone la tendenza a rappresentare e studiare certe forme, ma in maniera sempre diversa».
Qual è la sua soluzione al fatto che l'uomo percepisce solo una minima parte della realtà? «La matematica e la fisica insegnano che la nostra conoscenza è sempre parziale. Siamo talmente piccoli in confronto a ciò che ci circonda che non dobbiamo ritenerci insoddisfatti se non ne afferriamo l'essenza. Citando Einstein, è già un miracolo il fatto di poter conoscere qualcosa dell'universo.
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