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Assenteismo, al provveditorato in sette rischiano il posto

Inchiesta, slitta la sentenza per i dipendenti di via Cocastelli. Un’imputata: uscivo per le consegne, non avevo l’obbligo del cartellino

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 MANTOVA. La mia cliente è innocente: andare fuori per consegnare documenti o corrispondenza fa parte del suo lavoro. Che c’entra nel suo caso la timbratura del cartellino?» Non è finita la battaglia legale scatenata dall’inchiesta giudiziaria sul caso assenteismo in Provveditorato. Lunedì nell’ufficio del giudice si è tenuta l’udienza preliminare in cui si attendeva il processo, nella forma accelerata del rito abbreviato, e quindi le sentenze. Ma un problema tecnico, l’ammissione di due nuovi testimoni chiesti dai difensori, ha fatto slittare tutto al 2 novembre.

In quella data il giudice dovrebbe definire la situazione di ogni singolo dipendente dell’Ufficio scolastico provinciale. Le accuse di truffa alla pubblica amministrazione saranno confermate? E se sì, per tutti gli imputati? Una cosa è certa: l’amministrazione scolastica potrebbe decidere il licenziamento dei dipendenti che sono stati condannati.

Ma quali sono nel dettaglio le accuse mosse ai sette dipendenti degli uffici di via Cocastelli? Nella sostanza tutte uguali. Si tratta di uscite durante l’orario di lavoro per fare la spesa, piccole compere, pagare le bollette o semplicemente fare due passi senza timbrare il cartellino. Quindi in pieno orario di lavoro. Così almeno sembrano documentare i filmati consegnati alla procura dai carabinieri del nucleo radiomobile di via Chiassi che per mesi, tra la fine del 2008 e la fine del 2009, hanno pedinato i dipendenti del Provveditorato sospettati di assenteismo.

Che in via Cocastelli lasciare l’ufficio senza timbrare il cartellino fosse un malcostume diffuso non c’è prova. Le indagini, al contrario, hanno circoscritto l’ambiente dei presunti comportamenti illeciti a sette casi individuali. Una circostanza fortuita che gli impiegati di via Cocastelli uscissero soprattutto il giovedì mattina, durante il mercato settimanale? E ancora, è un caso che quelle mattine alcuni di loro siano stati visti rientrare dopo tre quarti d’ora o più con tanto di borsine della spesa in mano? I filmati dei carabinieri, per settimane appostati in un luogo nascosto con la telecamera puntata, sembrano parlare chiaro. Ma finché tutto il materiale d’inchiesta non sarà vagliato dal giudice, la prudenza è d’obbligo.

Nelle carte in mano al pubblico ministero ci sarebbero casi emblematici. Come la giornata di un impiegato il cui nome risulta nell’elenco degli imputati: arrivo al lavoro alle otto del mattino, uscita alle otto e un quarto, rientro alle otto e quaranta; e poi ancora uscita alle undici e un quarto per tornare alle undici e cinquanta. In tutto un’ora secca di assenza ingiustificata durante l’orario di servizio, senza timbrare il cartellino. «Un modo concordato con la dirigenza per recuperare ore di straordinario non retribuibili» ha tentato di giustificarsi uno degli imputati.

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