Interventi al cuore, al Poma saranno più dolci
E’ arrivato il nuovo primario di cardiochirurgia: «Dimezzerò i tempi operatori con nuove tecniche meno invasive»

di Roberto Bo
Sa benissimo che il reparto che ha ereditato da Zogno ha credenziali importanti grazie ai successi raccolti in dieci anni di attività e che il suo predecessore, che alcune settimane fa ha abbandonato l’ospedale di Mantova sbattendo la porta, aveva lasciato qualche rimpianto. Ma il dottor Manfredo Rambaldini, bresciano, 52 anni, da tre giorni alla guida della cardiochirurgia del Poma, guarda avanti e punta ancora più in alto, consapevole del fatto che a suo modo di vedere il reparto ha ancora buoni margini di crescita.
E’ stata dura prendere in mano un reparto più volte premiato dal ministero della Salute come uno dei migliori d’Italia?
«Guardi, devo dirle che arrivare qui per me è stato un grande onore e di questo devo assolutamente ringraziare il direttore generale che mi ha affidato la guida di questo splendido reparto. Qui tra l’altro ho trovato uno staff di collaboratori validissimo, con i quali sono sicuro faremo cose importanti».
Dove vuole arrivare?
«Margini di crescita ce ne sono ancora. E’ mia intenzione dare un ulteriore impulso al reparto aumentando il numero degli interventi che attualmente sono in media 440 all’anno. L’obiettivo è quello di superare quota 500».
E’ vero che lei è stato tra i primi cardiochirurghi in Europa ad adottare alcune tecniche operatorie innovative che riducono i tempi operatori? Le introdurrà anche al Poma?
«Volevo parlarne tra qualche giorno, ma visto che me lo chiede rispondo di sì. Stiamo parlando dell’applicazione di una protesi, una valvola aortica per l’impianto della quale non c’è bisogno di suture. Questo significa che i tempi chirurgici saranno dimezzati, una condizione importante soprattutto nei casi di arresto cardiaco. Ne ho già parlato con la direzione e mi sembra che il progetto sia stato giudicato interessante. Ma non è tutto. Tra le altre iniziative che ho inserito in agenda c’è anche quella del risveglio dei pazienti operati direttamente al tavolo operatorio e non dopo ore in un letto della terapia intensiva post-operatoria. Infine, punteremo molto anche sul potenziamento della chirurgia mininvasiva, che prevede incisioni meno vistose, utili anche dal punto di vista estetico».
Domanda scomoda, ma gliela devo fare: che cosa ha saputo della vicenda del suo precedessore, che ha lasciato il Poma in disaccordo con il direttore generale Luca Stucchi?
«Guardi, glielo dico apertamente io con Zogno ho lavorato a Brescia per quattro anni. Anzi, Zogno è stato il mio primario. Parliamo di un professionista molto valido, abbiamo avuto la stessa formazione, grazie agli insegnamenti del padre della cardiochirurgia bresciana, il dottor Ottavio Alfieri, e quindi posso garantire che la qualità del lavoro qui a Mantova resterà immutata. Come ho già detto chiedo ai mantovani di avere la massima fiducia in questo reparto, che è un gioiello anche dal punto di vista dell’accoglienza alberghiera, e di lasciare da parte le vecchie polemiche».
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