No ai bivacchi, al Tar vince il Comune
I giudici amministrativi hanno respinto il ricorso della cooperativa Mappamondo contro il regolamento di polizia urbana

di Sandro Mortari
Il regolamento di polizia urbana che vieta di bivaccare sul sagrato di S. Andrea, di sedersi sulle soglie dei negozi del centro oppure di esporre drappi e bandiere dalle finestre, è legittimo. E non viola la Costituzione. A dirlo è il Tar nella sentenza con cui ha respinto il ricorso della cooperativa Il Mappamondo.
La società che si occupa di commercio equosolidale si era opposta a quel crogiolo di norme approvato dal consiglio comunale nel novembre 2010 e ne aveva chiesto la cancellazione. I giudici amministrativi sono stati perentori: quel regolamento è stato adottato solo per tutelare la sicurezza, l’incolumità pubblica, il patrimonio pubblico e il decoro urbano, e non ha alcunché di lesivo nei confronti della libertà di espressione, come aveva sostenuto il Mappamondo. Va, quindi, confermato e le spese del giudizio devono essere compensate tra le parti in causa.
Nel suo ricorso il Mappamondo aveva stigmatizzato l’ordine del Comune, impartito in base all’articolo 6 del nuovo regolamento, di ritirare una «bandiera della pace», un drappo per il commercio equo e solidale e uno striscione con il proprio nome. E aveva contestato l’articolo 10 sul divieto di sedersi sui gradini della propria abitazione o dell’esercizio commerciale. Secondo la coop sarebbero state violate la libertà di manifestare il proprio pensiero e di associazione e avrebbe impedito la sua attività.
Per il Tar, invece, «nessuna delle violazioni della libertà denunciate appare ravvisabile». E spiega perché. «Il divieto relativo all’esposizione di bandiere - si legge nella sentenza - non incide sulla libertà dell’espressione del pensiero, ma tende a garantire quel decoro della città che sarebbe compromesso se chiunque potesse esporre qualsivoglia bandiera, stendardo a drappo», senza che ciò possa configurare «una disparità di trattamento rispetto a determinate categorie (esempio partiti)» che necessitano di rendere visibile la loro presenza per «ragioni istituzionali». E neppure può ritenersi violata la libertà delle persone di incontrarsi, «in quanto ciò che è vietato non è riunirsi in luoghi pubblici, ma bivaccarci, coricarsi e ostruire gli accessi agli edifici».
Inoltre, i giudici affermano che l’articolo 6 «non limita il periodo di esposizione di drappi e bandiere che, pertanto, potrebbe essere anche molto lungo», mentre il 10 «elenca comportamenti ormai tradizionalmente vietati».
Soddisfatto l’assessore Rose che ringrazia chi ha lavorato al regolamento, in primis polizia locale e ufficio legale: «Ciò dimostra che il regolamento aveva tutti i crismi di legittimità e di legalità. E che non volevamo essere vessatori o limitare gli spazi di protesta ma solo consentire la convivenza civile». «Quando abbiamo predisposto il regolamento - fa eco il comandante della polizia locale Perantoni - abbiamo posto particolare attenzione al rispetto di tutte le normative vigenti, nonchè ai profili di costituzionalità delle norme. Eravamo, quindi, fiduciosi che il regolamento avrebbe resistito».
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