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Shopping in orario di lavoro, gli impiegati si difendono

Sette dipendenti del Provveditorato a processo per assenteismo e truffa ai danni dello Stato. L’ex dirigente: producevano molto e così compensavano le ore di straordinario non pagate

di Giancarlo Oliani
2 minuti di lettura

Battute finali del processo che vede alla sbarra sette dipendenti del provveditorato agli studi di Mantova, indagati per assenteismo e truffa ai danni dello Stato. Per sei di loro gli avvocati difensori hanno chiesto il rito abbreviato che sarà discusso mercoledì prossimo. L'ultimo invece è pronto ad affrontare il processo. Quali sono nel dettaglio le accuse mosse ai dipendenti degli uffici di via Cocastelli? Si tratta di uscite durante l'orario di lavoro per fare la spesa, pagare le bollette o semplicemente per fare due passi senza timbrare il cartellino. Così almeno sembrano documentare i filmati consegnati alla procura dai carabinieri del nucleo radiomobile di via Chiassi che per mesi, tra la fine del 2008 e la fine del 2009, hanno pedinato i dipendenti del Provveditorato sospettati di assenteismo.

Le indagini hanno circoscritto i presunti comportamenti illeciti a sette casi individuali. Questi i nomi degli imputati: Maurizio Negrini, 64 anni, di San Benedetto Po, Franca Avosani, 29 anni, di Mantova, Anna Maselli, 44 anni di Mantova, Paola Borsari, 49 anni di Borgofranco, Elena Nicolis, 62 anni di Mantova la cui posizione è stata stralciata (non avendo fatto opposizione al decreto penale pagherà un’ammenda di cinquemila euro), Lorella Colombari, 52 anni di Curtatone e infine Rossana Signorini, 57 anni, di San Giorgio.

Nell’aprile del 2010 l'allora provveditore agli studi Gianfranco Ghilardotti aveva spiegato che le uscite dei dipendenti non avevano compromesso il raggiungimento degli obiettivi. Anzi. Risultavano molte ore di straordinario mai pretese né pagate. Per questo, in caso di brevi uscite, non era prassi che venisse timbrato il cartellino.

«Negrini e colleghi - aveva dichiarato il provveditore - hanno permesso all’ufficio scolastico provinciale lo smaltimento del settanta per cento delle pratiche, ottenendo così il secondo miglior risultato fra le province della Lombardia». Secondo Ghilardotti tutte le uscite contestate agli imputati erano ampiamente compensate dalle eccedenze non autorizzate dalle loro ore di straordinario.

Quello di Maurizio Negrini è forse il caso più emblematico. In quattro giorni pare abbia collezionato otto uscite senza alcuna timbratura per complessive due ore e 39 minuti. Cosa dice la difesa? Che la maggior parte delle sue uscite erano per servizio e alcune finalizzate all’acquisto del pranzo, avvenuto cinque volte su otto al supermercato Pellicano. Come riferito da altri testimoni lui e altri dipendenti, a pranzo mangiavano un panino all’interno del Provveditorato e non usufruivano quindi della pausa pranzo di trenta minuti, contrattualmente prevista.

A Rossana Signorini viene invece contestata un’unica uscita di 16 minuti. Per Paola Borsari le uscite illecite sarebbero state due, di 39 e 20 minuti. Sono le posizioni più eclatanti che insieme alle altre verranno definite nel corso dell’udienza preliminare, prevista mercoledì 2 maggio. A quasi tutti gli imputati viene contestato l’abbandono del posto di lavoro, dopo aver timbrato il cartellino, in modo da far figurare la continuità della loro presenza in ufficio. E gli impegni contestati riguardavano, generalmente, acquisti di generi alimentari e di conforto a esclusivo scopo personale.

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