Colaninno: "Un'integrazione tra Alitalia Air France e Klm mi appagherebbe"
L'industriale mantovano esclude una vendita della compagnia, ma non un'integrazione con francesi e olandesi Parla del successo della Piaggio e sulla ripresa dice che non arriverà prima del 2015". Poi sferza Mantova: "Una città da anni senza progetti"
Gabriele De Stefani
MANTOVA. Al termine di una lunga mattinata fatta di due assemblee dei soci (della holding Immsi, che chiude con un utile di 9 milioni, e della controllante Omniainvest) e di un consiglio di amministrazione (ancora di Immsi), Roberto Colaninno disegna gli scenari che immagina per il futuro del suo gruppo e dell’economia italiana: «Non credo che avremo la ripresa prima del 2015-2016 – pronostica – dunque abbiamo davanti tre anni nei quali lavorare per farci trovare pronti per quando la domanda tornerà a tirare e nei quali la vera emergenza sarà il sociale. Mantova? Può ispirare obiettivi straordinari, ma le mancano progetti fattibili e concreti».
Il suo gruppo chiude il 2011 con un utile di 9 milioni di euro, in calo di oltre sei punti. Soddisfatto?
«Immsi è nata con una vocazione industriale nel 2003 ed è operativa dal 2004. Abbiamo costruito un gruppo di primissimo livello con oltre 30mila addetti passando attraverso anni molto difficili, nel pieno di una crisi economica che nessuno si aspettava sarebbe durata così a lungo. Non credo si potesse fare di meglio Con il capitale a disposizione non potevamo acquistare aziende leader. Abbiamo rilevato realtà in sofferenza e alcune, come Piaggio, sono pienamente risollevate mentre altre, come Alitalia e Rodriquez, si stanno ancora riorganizzando».
Piaggio vi sta dando soddisfazioni importanti, soprattutto nel sud-est asiatico.
«Piaggio ormai si confronta con i migliori marchi delle due e tre ruote e delle piccole quattro ruote commerciali come Bmw, Honda, Yamaha, Audi-Ducati. Siamo in una fascia appena sotto ma al di sopra di tutte le low-cost orientali e dobbiamo guardare chi ci sta davanti. Abbiamo dato una struttura internazionale a un gruppo che prima aveva solo due stabilimenti scassati in India e a Foshan, in Cina. Vendiamo tecnologia in un mercato esigente come quello indiano, dove se dici che il tuo scooter fa 60 chilometri con un litro e poi il cliente scopre che non è così ti fa causa».
Alcuni mesi fa le abbiamo sentito dire che «Alitalia è una ricchezza pronta per essere restituita al Paese». Significa che si può vendere?
«No e mi spiego. Alitalia è un’infrastruttura della mobilità di primissimo piano al pari o al di sopra delle Fs, in un paese a vocazione turistica e manifatturiera dove bisogna far viaggiare merci e persone. Oggi Alitalia sul piano operativo è allineata ai grandi vettori internazionali, con una flotta pienamente rinnovata senza aver ricevuto aiuti pubblici dopo l’acquisizione. Ora però si apre una fase nuova».
Che cosa significa?
«Consideriamo che cosa accade alle principali compagnie aeree europee: tutte vanno verso integrazioni e rafforzamenti. Alitalia oggi è tra le migliori con Air France, Lufthansa, British e Iberia. Le ultime due hanno già avviato un processo comune e anche per noi sarebbe opportuno farlo. Abbiamo già legami societari e industriali con Air France, dunque sarei molto appagato se, per completare il rilancio di Alitalia, ci fosse un’integrazione con i francesi e con Klm. Avremmo una compagnia forse perfino più forte di Lufthansa, con aeroporti tra Italia, Francia e Olanda. Sarebbe il coronamento degli sforzi fatti in questi tre anni e mezzo».
Un anno fa di questi tempi si parlava ancora di una possibile lieve ripresa. Lei che scenari si aspetta?
«La mia convinzione personale, basata su quello che vedo e sento in giro per il mondo, è che la ripresa arriverà tra il 2015 e il 2016. Dunque bisogna attrezzarsi per arrivare pronti all’appuntamento sul fronte dell’organizzazione delle nostre imprese, delle risorse umane e del know-how tecnologico. Ma mi lasci dire che secondo me la vera priorità per il governo è un’altra».
Cioè?
«Far fronte all’emergenza sociale. Altri tre anni di crisi significano disoccupazione in aumento e ulteriori sofferenze per chi già ora non arriva alla fine del mese. Serve una grande unità politica di tutto il Paese per gestire una situazione di estrema emergenza, alla quale le forze economiche più robuste devono contribuire con maggiore decisione. Come imprenditore sono molto preoccupato. Oggi per guardare avanti serve una dose di ottimismo di gran lunga superiore rispetto al passato».
Lei mette l’emergenza sociale al primo posto dell’agenda del governo. E la crescita? L’impressione è che su questo fronte l’esecutivo fatichi a dare risposte.
«Il governo Monti ha già compiuto un’opera assolutamente necessaria imponendo il rigore dei conti pubblici. Era imprescindibile. Ora dovrà sicuramente lavorare anche alla crescita, ma io resto convinto che per far ripartire la domanda serva soprattutto che l’economia globale si rimetta in moto. L’Italia soffre ma è in un mondo in cui tutti sono in difficoltà, non siamo un’eccezione. E per le imprese è più difficile che in passato perché è aumentata la concorrenza estera».
Non c’è da cambiare qualcosa per recuperare competitività?
«Sicuramente, ma senza un riavvio della domanda non si esce dalla crisi. E questa deve arrivare su scala globale, non può farlo l’Italia da sola».
Anche Mantova vive un lungo inverno. Cosa può fare un imprenditore per aiutarla?
«Mantova può ispirare straordinari obiettivi ma il suo problema è che da troppo tempo non ha progetti concreti e sostenibili sul piano economico e dei tempi di realizzazione. In tempi come quelli attuali è inutile pensare di trasformare la città nel paese delle meraviglie. Ma tocca alla politica dare gli obiettivi, la cornice entro la quale collaborare».
Se gli enti locali non brillano, non si potrebbe capovolgere questa logica e pensare che siano gli imprenditori a portare idee alla politica?
«La leadership per la realizzazione di progetti importanti è un problema molto delicato. L’imprenditore può proporsi ma non è detto che piaccia, anzi. Il mondo dell’impresa deve essere una parte di questa leadership, ma non la sola. A Mantova in passato c’è stata una collaborazione molto proficua che ha fatto nascere, ad esempio, il Centro Te e l’università».
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