Poste, ventisei uffici da tagliare. E la trattativa parte in salita
Senza esito il primo incontro tra sindacati e azienda, tutto rinviato alla settimana prossima Cgil e Cisl: troppe le chiusure, Mantova è penalizzata; almeno si investa sulle sedi maggiori
di Sandro Mortari
MANTOVA.Ventisei uffici postali a rischio chiusura e altri tre che resteranno aperti solo a giorni alterni. Il confronto tra Poste italiane, che intende far calare la sua scure sugli sportelli mantovani in nome di un servizio più efficiente, e i sindacati, pronti ad opporsi per salvarne il più possibile, è partito imartedì a Milano. E le notizie che arrivano non sono incoraggianti. «Ci lasciano pochi spazi di manovra e la trattativa si preannuncia dura» affermano all’unisono Rita Bonizzi di Cgil-slc e Reanna Franzoni di Cisl-poste, presenti al tavolo milanese. «Loro si fanno forti del decreto Gentiloni che prevede un solo ufficio per ogni Comune, ma i tagli che ci hanno prospettato sono troppo pesanti» dicono all’unisono. Secondo Poste italiane, nel Mantovano dovrebbero chiudere 26 uffici su 128 (perlopiù situati nelle frazioni), mentre altri tre dovrebbero restare aperti solo a giorni alterni. La trattativa è stata aggiornata a mercoledì prossimo. «Ci hanno illustrato i criteri in base ai quali hanno scelto gli uffici da tagliare - dicono le sindacaliste - adesso li valuteremo e poi ci esprimeremo». L’unico dato positivo emerso dal primo incontro sono i tempi con cui l’azienda intende procedere alle chiusure: «Ci hanno detto che non partiranno subito». Il calendario potrebbe, dunque, essere un alleato prezioso.
«Il sacrificio dei piccoli uffici - dice Rita Bonizzi della segreteria Cgil-Slc - deve essere finalizzato a rafforzare quelli più grandi, investendo sul personale proveniente dal recapito, che va trasferito agli sportelli, e istituendo doppi turni per soddisfare la clientela negli uffici di Borgochiesanuova e Virgilio». Il piano prevede la chiusura in tutt’Italia di 1.096 uffici, l’8% del totale, mentre a Mantova il taglio ipotizzato è del 20%: troppo secondo i sindacati, che preannunciano barricate. L’obiettivo, infatti, è quello di salvarne il più possibile con l’obiettivo, comunque, di non sacrificarne più di dieci, l’8% appunto. «Se non si riuscisse a preservarli tutti con nuove sportellizzazioni - dice la Bonizzi - i criteri per la chiusura devono essere questi: prima i cinque uffici modulari che dipendono contabilmente da un altro, e cioè Bellaguarda, Canedole, Ospitaletto, Pontemerlano e San Nicolò Po. Poi l’ufficio di Fontanella Grazioli, già da tempo nell’elenco degli uffici da dismettere. Si può cedere, inoltre, su quelli che hanno più di due uffici dipendenti, ma non su quelli che ne hanno uno solo oltre alla sede nel Comune capoluogo». E così, gli altri quattro sarebbero da individuare tra Buzzoletto e Cizzolo (Viadana), tra Sailetto e Tabellano (Suzzara), tra Gabbiana e San Michele (Marcaria) e tra Villa Pasquali e Breda Cisoni (Sabbioneta). «Se Poste italiane vuole razionalizzare - suggerisce l’esponente della Cgil - potrebbe chiudere le doppie filiali di Bergamo e di Brescia». Mantova oggi ha una media di un ufficio ogni 3.242 abitanti, Pavia uno ogni 2.962 e Cremona uno ogni 3.025.
I commenti dei lettori