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Una città a rischio tumore Qui è più facile ammalarsi

Indagine dell’Istituto superiore di sanità su ventidue siti inquinati in tutta Italia L’incidenza del cancro a Mantova è più alta rispetto alla media del nord

di Igor Cipollina
3 minuti di lettura

MANTOVA. Affinando lo strumento, la fotografia risulta più nitida e i dettagli confermano i timori. Sentieri 1 aveva offerto il metro, la chiave, pescando le evidenze epidemiologiche dalla letteratura scientifica. Sentieri 2 aveva disegnato la mappa, misurando la mortalità in 44 siti d’interesse nazionale (Sin), i petrolchimici e le altre industrie sbocciati con il boom che hanno cambiato il profilo delle città e avvelenato l’ambiente (1.200 morti in più all’anno dal 1995 al 2002). Sentieri 3 ha stretto il fuoco sull’incidenza, i nuovi casi di tumore. La cartolina da Mantova dice che ci si ammala il 5% in più rispetto ai Comuni non Sin del nord Italia, ritoccando così la fotografia di Sentieri 2, l’immagine sfocata che assegnava a Mantova un difetto per tutti i tipi di tumori. Il dato emerge durante il convegno “L’impatto sulla salute dei siti contaminati: il progetto Sentieri” ospitato nel palazzo di vetro del ministero della Salute, Roma, quartiere Eur, un’infilata di edifici squadrati e un traffico di auto che non conosce sosta.

L’acronimo Sentieri sta per “studio epidemiologico nazionale territori e insediamenti esposti a rischio di inquinamento”, quasi uno scioglilingua. Progetto largo e capillare che, avviato dall’Istituto superiore di Sanità, sta gemmando nuove evoluzioni, candidandosi a osservatorio permanente della salute di chi abita all’ombra di camini e ciminiere. Con la benedizione dei ministri Corrado Clini (ambiente) e Renato Balduzzi (salute), che aprono il convegno prima di correre alla Camera per l’approvazione del decreto sull’Ilva di Taranto. A proposito. Assicurano entrambi che le strategie di risanamento ambientale devono essere modulate sullo stato di salute della popolazione e incoraggiano a continuare. Clini ammette che la situazione è complessa e l’attività in corso nei Sin è faticosa, ribadisce la necessità di avere notizie certe sia rispetto ai siti dismessi sia a quelli dove le industrie ancora macinano e sbuffano. «Lo stato di salute delle popolazioni deve essere una chiave di lettura della nostra storia di sviluppo e il driver del risanamento». Alle istituzioni tutte, e a quelle locali in particolare, tocca il compito di conoscere e informare. Balduzzi calca l’accento sul nodo tra disuguaglianze socioeconomiche e maggiore esposizione all’inquinamento, dando al risanamento un colore di equità. E disinnescando il conflitto paradossale tra salute e sviluppo (vedi caso Ilva).

Nel passaggio da Sentieri 2 a Sentieri 3 l’Istituto superiore di Sanità ha preso sotto braccio l’Associazione italiana registri tumori, Airtum, rappresentata da Paolo Ricci (a Roma anche in veste di responsabile dell’Osservatorio epidemiologico dell’Asl di Mantova). È proprio Ricci ad argomentare i vantaggi dell’analisi e a riferire i risultati dello studio. Punto primo, rispetto alla mortalità, è più probabile che al momento della diagnosi la persona abiti nello stesso luogo dell’esposizione all’inquinamento. E si accorcia pure il periodo di latenza, il tempo che passa dall’inizio dell’esposizione al manifestarsi del tumore. La misura del rischio diventa così più attuale. Il confronto viene fatto tra il totale dei Comuni Sin e quello dei Comuni non Sin sia a livello nazionale sia di macro-aree (nord, centro, sud), mentre la mortalità era stata misurata all’interno della stessa regione e al lordo degli altri siti inquinati. Il campione si riduce da 44 a 22 Sin, limitando l’analisi a quelli coperti dal registro tumori. Tirando una riga, a livello nazionale si osserva un incremento del 3% (dal 1996 al 2005). Tradotto in valori assoluti, fanno 2.500 nuovi casi di tumore in 10 anni, 250 all’anno. Il doppio se si considera che i 22 Sin sono comunque rappresentativi anche degli altri.

E Mantova in tutto questo? Ricci non si sottrae alla domanda fuori programma e scandisce una percentuale: 5%. Per capire quanto pesa questo 5% occorre consultare la banca dati dell’Airtum, accessibile online. Dal 2001 al 2005 a Mantova e Virgilio (incluso nel Sin per motivi amministrativi) i casi di tumori sono stati 2.210, 442 all’anno. L’aumento del 5% significa 22 nuovi casi in più ogni anno. Tanti? Pochi? Troppi, anche al netto dell’emotività. Sono ventidue vite rovesciate dalla malattia. Peggio, condannate alla malattia per la sola colpa di vivere a Mantova. E se pure il nesso di causalità non fosse scientificamente robusto, il principio di precauzione imporrebbe comunque di intervenire.

Di quali tumori si parla a livello nazionale? Tra gli organi filtro, soffrono fegato e polmone, mentre tra le neoplasie “suggestive” spiccano i mesoteliomi, i tumori al cervello, alla mammella, i linfomi non Hodgkin. In coda all’intervento, l’analisi di Ricci curva in appello ai due ministri. «L’attuale legge sulla privacy impedisce l’accesso ai dati nominativi dei flussi informativi sanitari e amministrativi su scala nazionale e quindi la possibilità di condurre studi come Sentieri sul rapporto tra ambiente e salute – lamenta Ricci – ma anche studi di tipo clinico sull’efficacia dei percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali, nonché di individuare, verificare e classificare i tumori per alimentare i registri e disporre così del materiale di ricerca». In epoca di spending review e dieta drastica, una liberatoria dal vincolo della privacy «avrebbe costo zero e guadagno mille per tutti». Peccato che sia stata stralciata dalla prima bozza del decretone Balduzzi. Peccato che il ministro sia già andato via e non possa spiegare.

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