Ingerisce veleno per topi. Tragedia dopo il litigio
Poggio, l’ultima scintilla con il marito per una stampante rotta durante le pulizie. Vana corsa contro il tempo per trovare l’antidoto: la donna è morta dopo 9 ore
di Daniela Marchi
POGGIO RUSCO. Aveva litigato col marito, per una stampante fatta cadere e rotta accidentalmente, durante le pulizie di casa. Una sciocchezza, niente di importante. Invece lei, ragazza indiana di 26 anni, moglie e madre di due bimbi di tre e quattro anni, è scesa in dispensa, ha preso una manciata di veleno per topi (un prodotto che arriva dall’India) e l’ha ingerito. Poi è tornata dal marito per comunicargli cosa aveva appena fatto.
Non sono bastate la rapidità con cui lui ha chiamato i soccorsi e la corsa dell’ambulanza fino a Pieve, non è bastata la solerzia di una staffetta dei carabinieri che in pochi minuti ha fatto arrivare l’antidoto dall’ospedale di Mantova. Per la ragazza - chiamiamola Mary - la vita dopo quell’impulsivo, disperato gesto, è durata nove ore. Il cianuro contenuto nel veleno, in brevissimo tempo ha agito sulle cellule, portando la donna alla morte. Non è servito nemmeno l’antidoto: la dose ingerita infatti era elevata e in pochi istanti è entrata in circolo. I cianuri, derivati dell’acido cianidrico, infatti, agiscono bloccando l’azione dell'emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue, ed hanno effetti molto rapidi: in dosi adeguate (ma ne bastano 2,6 milligrammi per litro di sangue) possono uccidere quasi all’istante.
Mary si è spenta a mezzanotte nel reparto di Rianimazione dell’ospedale di Pieve.
Questo è quello che ci arriva, è quello che i carabinieri di Poggio Rusco, dove la donna viveva con marito, figli e suoceri, sono riusciti scrupolosamente a ricostruire. Nessuno saprà mai, però, dietro quel gesto, quali tormenti, frustrazioni, paure, potesse vivere una giovane donna, moglie e madre.
I carabinieri non hanno dubbi sul fatto che si sia trattato di un suicidio: a dare l’allarme è stato il marito, è già stata compiuta un’ispezione cadaverica, da cui non si rilevano segni di violenza o altro di sospetto. Però di come vivesse quella famiglia non si hanno notizie.
Abitano in centro, lui operaio, lei casalinga e madre, con loro pure i genitori di lui. Famiglia di immigrati, in Italia da anni, trasferiti qualche anno fa da Mirandola a Poggio; integrati ma fino a un certo punto. I militari della stazione locale non sono mai dovuti intervenire per richieste di aiuto o per raccogliere denunce.
Per ora, tutto si chiude con le pratiche che la burocrazia chiede: la scatola di veleno è stata posta sotto sequestro, così pure la cartella clinica della donna; si attende il nulla osta del magistrato per restituire la salma ai famigliari.
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