In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Malati di gioco a 30 anni Viaggio nella ludopatia

Indagine sulle nuove dipendenze. A Mantova un progetto sperimentale per aiutarli a uscire dal tunnel.

1 minuto di lettura

MANTOVA. C’è chi arriva a prostituirsi, chi si vende la catenina di battesimo del figlio al primo «Compro Oro» dietro l’angolo, chi  perde il lavoro, dimentica di essere padre, madre, figlio. Storie di solitudine e disperazione che si celano dietro ogni giocatore d’azzardo compulsivo. Storie raccolte da un anno a questa parte nella nostra provincia dagli operatori del Consorzio Ethica onlus impegnati nel progetto sperimentale promosso dalla Regione Lombardia «Gioco d’azzardo patologico» in collaborazione con l’organizzazione Orthos di Milano.

Il progetto mantovano ha avuto inizio alla fine del mese di agosto del 2012 e oggi sono 25 le situazioni certificate, 40 quelle prese in carico, 15 gli sportelli di ascolto disseminati in tutta la provincia che rispondono al numero verde 800589295. «La ludopatia compulsiva è una piaga sociale in crescita - spiega Maura Gola, responsabile sociale del Consorzio - che va portata in superficie. E i problemi maggiori li abbiamo incontrati proprio nel pregiudizio nella vergogna, nella reticenza ad ammettere di avere un problema».

Predilige le slot, in tasca ha un diploma di terza media, ha tra i 31 e i 40 anni, un lavoro da operaio nella maggioranza dei casi, spesso e volentieri assume sostanze o beve alcolici, non necessariamente sposato: è l’identikit del giocatore mantovano che si può ricavare dalla relazione finale del progetto «Tra i più colpiti sono in generale i ceti medio-bassi, ma l’identikit è estremanete vario perchè non mancano anche i grandi industriali e non mancano anche le persone di 80 anni».

Ma come si aiuta un giocatore compulsivo a uscire dal tunnel in cui il piacere illusorio, l’eccitazione, lo smarrimento della speranza di una vincita arriva ad alterare se non persino annullare il senso della realtà? «Il nostro compito è innanzitutto quello di intercettare il problema - spiega Maura Gola - di convincere la persona a prenderne coscienza, di capire da dove tutto è iniziato perché a monte c’è sempre qualcosa, un lutto, un trauma, una grande solitudine che spinge a rifugiarsi nel gioco. Quindi accompagniamo le persone al Servizio dipendenze dell’Asl dove verrà seguito da personale formato sulle ludopatie con un percorso terapeutico idoneo al suo problema».

E non manca anche la fase «Full immersion»: 21 giorni, a spese proprie, in una struttura toscana dove un’equipe specializzata aiuta i malati a uscire dal tunnel senza farmaci. Tra le terapie: meditazione e tecniche di rilassamento per «ripristinare l’equilibrio» interiore.

I commenti dei lettori