Otto anni alla pupa del boss. Il console ucraino le fa visita in carcere
La badante da febbraio è in via Poma per i legami con il clan dei Gionta. Il diplomatico vuole vederla
di Giancarlo Oliani
MANTOVA. Svitlana Buker, la donna ucraina ex dipendente della Iscot di Suzzara detenuta in via Poma dal febbraio scorso in seguito alla condanna a otto anni di reclusione per associazione a delinquere, riceverà la visita del console del suo Paese Sergiy Poda. Il diplomatico sarà in via Poma mercoledì accompagnato dall’avvocato Giuseppe Caccetta, del foro di Milano, subentrato nella difesa della donna al collega Cosimo Marruso di Mantova. E proprio il nuovo legale prepara ora l’appello in Cassazione, dopo la conferma della sentenza in appello.
La Buker, 37 anni, era stata arrestata nel febbraio 2012 per associazione a delinquere finalizzata alla produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti. Di professione badante, quando erano scattate le ordinanze di custodia cautelare si trovava all'estero. Al suo ritorno si era presentata spontaneamente ai carabinieri, dichiarandosi estranea ai fatti. Di opinione opposta la procura distrettuale antimafia di Brescia, che l'aveva ritenuta affiliata al clan camorristico dei Gionta, la cosca che ordinò l'assassinio del giornalista Giancarlo Siani. La Finanza di Varese, titolare dell’inchiesta, aveva arrestato tre persone a Suzzara nell'ambito dell'operazione contro uno dei clan più agguerriti della nuova Gomorra di Torre Annunziata. Il primo era Antonio Saurro, 41 anni, operaio alla Iveco. Sbarcato nel Mantovano con la moglie Filomena Marcelluzzo e i due figli si era trasferito a Suzzara. Gravitava intorno all'Iveco anche Francesco Salvatore, 56 anni, ex caporeparto alla Iscot Italia (amante della Buker). Proviene da Torre Annunziata anche Francesco Esposito, 41 anni, già in cella a Cosenza con il 416 bis, il carcere duro per i reati di mafia.
«La Buker con il suo precedente difensore - evidenzia in una nota lo studio Caccetta di Milano - non riuscì a dimostrare la sua estraneità ai fatti o ancor più, il fatto di essere stata strumento inconsapevole nelle mani del clan camorristico per telefonate e fissazione di appuntamenti. La Buker, anche per motivi di palese ingenuità e leggerezza caratteriale - precisa il nuovo difensore - tali da portarla consapevolmente, anche se in presenza di un provvedimento cautelare, a rientrare dall’Ucraina e a presentarsi candidamente ai carabinieri di Pegognaga senza legale pur di chiarire la sua posizione, non ha utilizzato i mezzi necessari a rendere credibile la sua posizione».
«Da dieci anni in Italia - aggiunge l’avvocato Giuseppe Caccetta - ha sempre lavorato onestamente, lontana dal mantenere l’immagine sterotipata della “pupa del boss”, visto che conduceva una vita da operaia, addirittura dividendo l’affitto con il boss che le ha negato qualsiasi sostegno economico per la difesa in tribunale». Il console, che ha funzioni di assistenza e tutela nei confronti dei cittadini ucraini in situazioni di difficoltà, tiene a precisare che la visita rientra nelle discrezionali prerogative di solidarietà e umanità, escludendo quindi qualsiasi formula di ingerenza o interferenza di carattere giurisdizionale con la magistratura italiana.
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